Amore di confine

Amore di confine STORIE DI GENTE DELL'ALTOPIANO Amore di confine Ora, dopo il traffico estivo dei turisti e quello autunnale dei cercatori di funghi, per la strada della Val d'Assa non passa quasi nessuno: qualche rara automobile scassata con i cacciatori e i curiosi segugi, qualche trattore che va a cariare la legna residua dei lotti cji legname, la guardia forestale, il guardacaccia; o chi, come quell'amico lettore venuto dalle risaie vercellesi, vuole conoscere l'Altipiano nella stagione del silenzio. Solamente l'Osteria del (^bertele, dopo dodici chilometri dall'ultimo centro abitato, ha il camino che fuma; fu 11 che molti anni fa mio nonno mi fece bere il primo caffè. Era una mattina come questa, molto fredda, é con la brina che ogni giorno ingrossa i rami dei larici e degli abeti così da farli apparire come dei fantastici alberi di Natale. Ma allora a restare seduti sul calesse tirato dalla cavalla baia, anche se si era ben coperti di lana casalinga, si sentiva il freddo entrare dalle gambe e dalle braccia. In quel mio primo caffè, fatto nella cuccuma di rame dal vecchio oste Nicola, il nonno fece aggiungere tre gocce di grappa, e fu come una sorsata di calore benefico; tanto che più volte mi venne da ricordarlo in certi momenti della guerra. ** . I pascoli delle malghe sono deserti e ghiacciati, solo sui luoghi della mungitura l'erba è un poco più verde per l'urea e la grassa lasciata sul terreno dalle vacche; ed è lì che nelle ore crepuscolari le lepri ormai tutte bianche escono al pascolo. Ma dal margine delle radure non si vedono volar via verso il fitto del bosco i tordi di passo; e le cesene vanno senza fermarsi. Le senti schioccare sopra gli abeti come a darti un saluto frettoloso: è troppo gelato il terreno, e gli insetti e i lombrichi sono interrati ben più sotto del muschio brinato; così scendono verso la pianura dove troveranno, sì, cibo mena faticoso ma anche qualche fucilata che fermerà il. loro attdfSre.3 tri " - :'Le essere sono rinchiuse e le finestre fermate con paletti per evitare che le bufere invernali abbiano a spalancarle: saranno i campani delle vacche a farle riaprire nel prossimo giugno. Ma per antica usanza, diventata per noi legge, deve restare al viandante la possibilità di entrare per avere rifugio, e lì dentro trovare un angolo con una bracciata di paglia per giaciglio e scorta di legna secca per il fuoco. Nei ricoveri del bestiame, invece, vuoti e per un lato aperti a ogni mu¬ tare atmosferico, sono i topi c le arvicole a trovare rifugio, ma anche a essere cacciati dalle volpi, dagli ermellini, dalle martore che girano nei dintorni. Intanto, sulle rocce che guardano la strada, l'acqua che stilla a goccia a goccia dai calcari e dalle terre brune che reggono il bosco, e che è stata trattenuta per un buon mese, ha formato stalattiti di ghiaccio dai riflessi azzurri; e le gallerie-ricovero scavate dai soldati dal 1915 al 1918 (quelle sul lato Nord della strada sono opera degli italiani, quelle sul lato a Sud degli austro-ungarici), danno, a guardarle, un senso di freddo cupo e umido; e pensi a quegli inverni tanto crudeli e alle artiglierie che battevano la via di comunicazione. S'incontrano anche lapidi che ricordano fatti d'armi e cimiteri; ma pure monumenti e iscrizioni private per memoria di un amico o di un figlio: come quelle che ricordano un capitano torinese di ventitré anni, o un ragazzo praghese, o il nostro Marco, figlio del Bufera che faceva la vedetta protetto dai rami di un gigantesco abete, di cui è rimasto il ceppo. Anche l'Osteria dell'Antico Termine resterà chiusa e fredda per tutti questi mesi invernali, e il sole di dicembre tenta inutilmente di intiepidire le grossa mura. Ma un tempo non era così. Pur isolata e lontana dai centri abitati è, per chi sa leggere nelle cose, un capitolo di storia. In tempi molto lon tani, era una casa di tronchi d'abete e con il tetto di corteccia per dare rifugio a boscaioli e cacciatori, o anche ai pellegrini che scendevano dal Nord per arrivare a Roma; nel XII Secolo, divenne posto di confine tra la Reggenza dei Sette Comuni e il Vescovo Principe di Trento; durante le epidemie di peste era anche posto di guardia medica per non fare entrare ammalati nel territorio dei Domini veneziani; nel 1848, tra le sue mura vide radunati i .partititi per lotta coptro gli Absburgoj^dopo il 1*666, attorno, àfr.ruocp del suo grande focolare, facevano sosta ultima in terra patria tanti nostri emigranti che prendevano i ripidi sentieri dei menadori per poi arrivare nell'Europa centro-orientale a costruire ferrovie e canali d'irrigazione, o a scavare nelle miniere della Prussia. Poi venne fatta la strada, qur"a che percorriamo oggi, e un servizio estivo internazionale di diligenza univa il nostro al primo-paese del Trentino. Solo che quando la carrozza lasciava l'Osteria dell'Antico TnaagCparctcc p e i e a Termine e i eavalli affrontavano la salita che portava al Pasdi Vczzcna, una guardia absburgica si premurava ad abbassare le tendine perché i gitanti non potessero vedere i lavori delle fortificazioni che Conrad- von Hoetsendorff, capo dell'I, e R. Stato Maggiore, aveva ordinato di costruire a ridosso del confine. ** Fu con la Grande Guerra che questa osteria divenne nota a tantissima gente di ogni ceto e rango; ma il ricordo più caro è forse quello legato a un aspirante addetto a un Comando che qui aveva messo la sede nel 1915. Questo giovane siciliano si era innamorato di una nostra bellissima ragazza, e appena il servizio glielo permetteva correva per la valle a incontrarsi con lei. Ma per l'offensiva nemica della primavera del 1916 (mi accorgo che è la prima volta che uso «nemica», e solo in questo caso mi sta bene), assieme a tutto il nostro popolo anche la bella ragazza dovette fuggire. Non seppe più nulla di lui e nel 1917, in un paese del Biellesc dove era profuga, si lasciò morire. L'ufficiale sopravvisse a ' ogni battaglia e quando, finita la guerra, ritornò quassù per cercare il suo amore, seppe invece della sua morte. Osteria all'Antico Termine, luogo di Comandi italiani dove i generali e gli ufficiali di Stato Maggiore disponevano le carte topografiche e studiavano le manovre, e dove il re si fermava a far merenda durante le sue visite al fronte; dal 1916 luogo di Comandi austro-ungarici, dove l'arciduca Eugenio e l'imperatore Carlo facevano sosta e pernottavano con i loro seguiti. Bombardata, ricostruita, ritornò alloggio per boscaioli e cavalli, sosta di pastori e mandriani, e Piero, l'allegro e disponibile oste, a noi ragazzi serviva gazosc e agli adulti vino clinto. Bruciata ancora nel 1944. perché.dava rifugio ai partigiani; abitata ncjsuoi recessi daquei rèairci^éfie ncil'invcffic?* del 1915-M6 lavoravano a sradicare*>céppfiJdài tcrrenp gelàtei e coperto di neve per riscaldare l'inverno dei cittadini e fornire energia alle fornaci per la ricostruzione. Ora, nel silenzio delle mon tagne c dei boschi intorno, tra le sue mura così spesse e tenaci, gli spiriti si sussurrano le storie dei secoli. Pino in pri mavera, quando verranno riaperti i suoi scuri c i ragazzi lasciate le motociclette sulla spianata della diligenza, con i casco sottobraccio entreranno a chiedere una coca e un toast. Mario Risoni Stein

Persone citate: Antico Termine, Assa, Mario Risoni Stein, Vescovo Principe

Luoghi citati: Europa, Prussia, Roma, Trentino, Trento