Come ci si veste per andare all'opera
Come ci si veste per andare all'opera Come ci si veste per andare all'opera ra?». La risposta più corroborante venne da una scrittrice: «Sempre—rispose — e soprattutto a teatro, all'Opera. Fin dall'antichità c'è un abito per il rito». E ora il rito riemerge, vestirsi da sera, magari in corsa con il tempo, non genera rimorsi sociali, la moda è di moda per tutti, in clima di attenzione all'effimero. Ma mentre i teatri si aprono alle sfilate di moda e là moda ritorna ad abbellire 11 teatro, è raro che una serata, anche importante, si presenti completamente in abito da sera. Che oggi non è di necessità in lungo, affusolato a sirena, secondo l'ultimo revival, o con drappeggi da vamp 83, ma può nascere dall'accordo di un pullover in seta e palllettes su gonna di velluto, da uno smocking al femminile, 1 lustrini sul risvolti della giacca, da un pigiama palazzo in georgette. A New York vestirsi da sera a teatro è regola imprescindibile e generale. In- j certa sul fatto che lo sia av che a Parigi, la direzione dell'Opera, è passata al ripari, con la consueta chla-. rezza francese. Se sul biglietto acquistato per lo spettacolo c'è scritto: Abito da sera, i signori sono avvertiti. Va bene il modello di Dior come del Printemps. non è la classe che conta ma l'osservanza: in nome d'una serata musicale senza sbavature, nemmeno visive. GRANDI manovre della moda, dal creatore di fama all'ultima sartina del suo atelier, coincisero un tempo con i giorni immediatamente precedenti la serata inaugurale d'una stagione Urica. L'abito bello era altrettanto necessario del biglietto per accedere al teatro dall'entrata principale. Vestiti come sempre, andavano soltanto gli spettatori del loggione, esigenti e liberi di far cadere un melodramma o di decretarne il .trionfo. I tempi fulgenti di Maria Callas, fra gli Anni Cinquanta e quelli del «boom», consegnarono la sera di ' Sant'Ambrogio, all'ammirazione disciplinata d'una piccola folla, accorsa nel gelo dicembrino, a guardare l'apertura della stagione alla Scala come uno spettacolo in piazza. Poi la contestazione spense luccicare di sete e di gioielli: fu l'epoca, per le milanesi, dei mantelli in lo-1 I den nero, chiusi su abiti uir visibili e bijoux fantasia.^ Una brusca svolta, che fu; molto sentita a Milano, me-' no In Germania, per l'eie-, ganza da teatro, ieri come oggi, più formale che legata alla moda, o a New York, dove non cattura gli sguardi una signora già in abito' lungo alle sei di sera per il! concerto, la cena privata o il teatro. DI recente un settimanale di moda, in una breve inchiesta campione, chiedeva: .-E' gradito l'abito da se¬ DI notevole interesse un Fidelio (14 dicembre) diretto da Klaus Tennstedt. direttore di grandissimo talento da poco salito a fama Internazionale, e un Rinaldo di Haendel (19 gennaio) per la presenza di interpreti come Marilyn Home e Edda Moser. Lucia Sollazzo telli Come ci si veste per andare all'opera Come ci si veste per andare all'opera ra?». La risposta più corroborante venne da una scrittrice: «Sempre—rispose — e soprattutto a teatro, all'Opera. Fin dall'antichità c'è un abito per il rito». E ora il rito riemerge, vestirsi da sera, magari in corsa con il tempo, non genera rimorsi sociali, la moda è di moda per tutti, in clima di attenzione all'effimero. Ma mentre i teatri si aprono alle sfilate di moda e là moda ritorna ad abbellire 11 teatro, è raro che una serata, anche importante, si presenti completamente in abito da sera. Che oggi non è di necessità in lungo, affusolato a sirena, secondo l'ultimo revival, o con drappeggi da vamp 83, ma può nascere dall'accordo di un pullover in seta e palllettes su gonna di velluto, da uno smocking al femminile, 1 lustrini sul risvolti della giacca, da un pigiama palazzo in georgette. A New York vestirsi da sera a teatro è regola imprescindibile e generale. In- j certa sul fatto che lo sia av che a Parigi, la direzione dell'Opera, è passata al ripari, con la consueta chla-. rezza francese. Se sul biglietto acquistato per lo spettacolo c'è scritto: Abito da sera, i signori sono avvertiti. Va bene il modello di Dior come del Printemps. non è la classe che conta ma l'osservanza: in nome d'una serata musicale senza sbavature, nemmeno visive. GRANDI manovre della moda, dal creatore di fama all'ultima sartina del suo atelier, coincisero un tempo con i giorni immediatamente precedenti la serata inaugurale d'una stagione Urica. L'abito bello era altrettanto necessario del biglietto per accedere al teatro dall'entrata principale. Vestiti come sempre, andavano soltanto gli spettatori del loggione, esigenti e liberi di far cadere un melodramma o di decretarne il .trionfo. I tempi fulgenti di Maria Callas, fra gli Anni Cinquanta e quelli del «boom», consegnarono la sera di ' Sant'Ambrogio, all'ammirazione disciplinata d'una piccola folla, accorsa nel gelo dicembrino, a guardare l'apertura della stagione alla Scala come uno spettacolo in piazza. Poi la contestazione spense luccicare di sete e di gioielli: fu l'epoca, per le milanesi, dei mantelli in lo-1 I den nero, chiusi su abiti uir visibili e bijoux fantasia.^ Una brusca svolta, che fu; molto sentita a Milano, me-' no In Germania, per l'eie-, ganza da teatro, ieri come oggi, più formale che legata alla moda, o a New York, dove non cattura gli sguardi una signora già in abito' lungo alle sei di sera per il! concerto, la cena privata o il teatro. DI recente un settimanale di moda, in una breve inchiesta campione, chiedeva: .-E' gradito l'abito da se¬ DI notevole interesse un Fidelio (14 dicembre) diretto da Klaus Tennstedt. direttore di grandissimo talento da poco salito a fama Internazionale, e un Rinaldo di Haendel (19 gennaio) per la presenza di interpreti come Marilyn Home e Edda Moser. Lucia Sollazzo telli
Persone citate: Edda Moser, Haendel, Klaus Tennstedt, Lucia Sollazzo, Maria Callas
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