La paura delle vittime scatena le stragi degli animali predatori

La paura delle vittime scatena le stragi degli animali predatori La paura delle vittime scatena le stragi degli animali predatori formati modellandosi a vicenda, non esistono situazioni in cui le prede non' possono sparpagliarsi all'arrivo di un predatore. Si può pensare che il predatore dopo il primo assalto non possa passare all'atto successivo previsto dalla normale sequenza dei comportamenti alimentari, cioè all'Ingestione del cibo o al trasporlo della preda in un luogo sicuro, perché è ancora sottoposto agli intensissimi stimoli all'aggressione costiluili dagli animali in preda al panico, se non addirittura al rischio di essere a sua volta aggredito, e che quindi «debba» continuare ad uccidere. Qualsiasi atto di aggressione predatoria (ma forse anche di aggressione in generalo) che comporti una dose anche minima di rischio è sempre innescato da un preciso segnale della vittima, che consiste essenzialmente in un movimento di luga o in un atteggiamento che lo lasci prevedere. Anche il predatore più agguerrito posto di fronte alla vittima più indifesa, come può essere un lupo di fronte a un coniglio, mostra mano in America) è quella di saper orientarsi a meraviglia nel buio, scansando gli ostacoli. Se si ascolla con attenzione il baccano che rimbomba nelle grolle abitate dai genitori, ci si accorge che, frammiste ai suoni più acuti, ci sono anche strane note metalliche simili a ticchettii, una sorla di «click». Non si tratta di ultrasuoni come quelli dei pipistrelli, perché sono •chiaramente udibili dal nostro orecchio (hanno una frequenza di. circa 7300 hertz) ma assolvono la slessa funzione. La' loro eco rende edotti gli uccelli della presenza di ostacoli e li mette in grado di evitarli con brusche virate. La percezione --dell'eco1 'uv- • viene coli' l'Udito £ìnràtU,"se si otturano le orecchie degli uccelli, il sistema «sonar» cessa immediatamente di funzionare e si vede ti guaciaro sbattere alla cieca contro le pareti della grotta o le stalattiti che pendono dalla volta. I ricercatori Masakazu Klnishi e Eric I. Knudscn dell'Istituto di Tecnologia di Pasadena, in California, hanno dimostrato sperimentalmente che il sistema di ccolocalizzazione del guaciaro non è l'affinato come quello del pipistrello. Mentre il piccolo mammifero volante col suo sofisticato sonar riesce a scoprire la presenza di un filo sottilissimo che abbia un millimetro di spessore, l'uccello delle tenebre è in grado di evilare soltanto ostacoli di dimensioni mollo maggiori. Isabella L. Coif mann ni di uomini di attendere questo segnale, e tutte le strategie di attacco conosciute consistono principalmente in azioni dirette a porre la preda In condizioni di inferiorità e quindi di paura e di fuga. E" noto che 11 ghepardo ha sviluppato le sue straordinarie capacità di corsa proprio per raggiungere le prede di cui ha appositamente provocato la fuga. Pare che anche 11 balzo apparentemente proditorio del puma sia preceduto da un segnale che allarma e terrorizza la vittima, o addirittura che consista esso stesso in una provocazione cui solo in un secondo tempo (eccezionalmente ravvicinato) fa seguito l'artigliala mortale. Una volta scatenato, l'attcgglamenlo di paura o di fuga funge da «stimolo chiave» che libera (questa è una interpretazione) o che determina quasi inevitabilmente (e questa è un'altra) II comportamento aggressivo del predatore. Questo spiega perché di fronte a qualsiasi animale, anche non predatore (quindi potrebbe trattarsi di un meccanismo che regola qualsiasi rapporto di vicinanza) Allarme per il fos corre pericolo soprattutto chi mostra paura, mentre in teoria non ne corre chi si mostra sicuro o, meglio ancora, inerte. E' noto che in condizioni di estremo pericolo molti animali si immoblllzzano o addirittura cadono in uno stalo di morie apparente, mentre si può facilmente sperimentare che anche 1 cani più miti possono essere indotti a ringhiare e a mordere da una persona che mimi adeguatamente un atteggiamento di paura: certe volte basta guardarli negli occhi e ritrarre leggermente il capo o contrarre i lineamenti del viso. E' soprattutto a proposito di questi meccanismi scatenanti e dell'energia comportamentale coinvolta nell'azione aggressiva che le stragi lasciano perplessi gli scienziati. L'etologia classica rifiuta di considerare le azioni istintive dei semplici «riflessi» che vengono innescati da stimoli-chiave esterni e che attingono internamente ad un serbatoio di energia comportamentale generica. L'etologia classica suggerisce invece che ogni istinto si valga di un'«energia specifica di osforo contenuto ne azione» che si accumula spontaneamente e autonomamente nell'organismo, e si scarica Indipendentemente dalle altre quando trova lo stimolo esterno adatto; per innescare la scarica (cioè l'azione istintiva) occorrerà uno stimolo forle se l'energia disponibile è scarsa, per esempio se è siala spesa da poco, mentre basterà uno stimolo debole se l'energia è «in pressione». In caso di mancanza prolungata di stimoli l'energia deborderà nelle cosiddette «azioni a vuoto» (è proprio l'esistenza di queste azioni che ha indotto i primi studiosi a formulare la teoria). E' evidente quindi che si tratta di un'energia discreta, in ogni caso molto più limitata dell'energia totale di cui dispone l'organismo. I casi di strage però sembrano contraddire quest'ipotesi: qui l'«energia specifica di azione» non si esaurisce come dovrebbe con le prime uccisioni, anzi, nel caso del cane che si addormenta spossato, è evidente che seguita a scaricarsi fino al completo esaurimento delle «energie totali» dell'organi- smo. Pier V. Molinmio i detersivi La paura delle vittime scatena le stragi degli animali predatori La paura delle vittime scatena le stragi degli animali predatori formati modellandosi a vicenda, non esistono situazioni in cui le prede non' possono sparpagliarsi all'arrivo di un predatore. Si può pensare che il predatore dopo il primo assalto non possa passare all'atto successivo previsto dalla normale sequenza dei comportamenti alimentari, cioè all'Ingestione del cibo o al trasporlo della preda in un luogo sicuro, perché è ancora sottoposto agli intensissimi stimoli all'aggressione costiluili dagli animali in preda al panico, se non addirittura al rischio di essere a sua volta aggredito, e che quindi «debba» continuare ad uccidere. Qualsiasi atto di aggressione predatoria (ma forse anche di aggressione in generalo) che comporti una dose anche minima di rischio è sempre innescato da un preciso segnale della vittima, che consiste essenzialmente in un movimento di luga o in un atteggiamento che lo lasci prevedere. Anche il predatore più agguerrito posto di fronte alla vittima più indifesa, come può essere un lupo di fronte a un coniglio, mostra mano in America) è quella di saper orientarsi a meraviglia nel buio, scansando gli ostacoli. Se si ascolla con attenzione il baccano che rimbomba nelle grolle abitate dai genitori, ci si accorge che, frammiste ai suoni più acuti, ci sono anche strane note metalliche simili a ticchettii, una sorla di «click». Non si tratta di ultrasuoni come quelli dei pipistrelli, perché sono •chiaramente udibili dal nostro orecchio (hanno una frequenza di. circa 7300 hertz) ma assolvono la slessa funzione. La' loro eco rende edotti gli uccelli della presenza di ostacoli e li mette in grado di evitarli con brusche virate. La percezione --dell'eco1 'uv- • viene coli' l'Udito £ìnràtU,"se si otturano le orecchie degli uccelli, il sistema «sonar» cessa immediatamente di funzionare e si vede ti guaciaro sbattere alla cieca contro le pareti della grotta o le stalattiti che pendono dalla volta. I ricercatori Masakazu Klnishi e Eric I. Knudscn dell'Istituto di Tecnologia di Pasadena, in California, hanno dimostrato sperimentalmente che il sistema di ccolocalizzazione del guaciaro non è l'affinato come quello del pipistrello. Mentre il piccolo mammifero volante col suo sofisticato sonar riesce a scoprire la presenza di un filo sottilissimo che abbia un millimetro di spessore, l'uccello delle tenebre è in grado di evilare soltanto ostacoli di dimensioni mollo maggiori. Isabella L. Coif mann ni di uomini di attendere questo segnale, e tutte le strategie di attacco conosciute consistono principalmente in azioni dirette a porre la preda In condizioni di inferiorità e quindi di paura e di fuga. E" noto che 11 ghepardo ha sviluppato le sue straordinarie capacità di corsa proprio per raggiungere le prede di cui ha appositamente provocato la fuga. Pare che anche 11 balzo apparentemente proditorio del puma sia preceduto da un segnale che allarma e terrorizza la vittima, o addirittura che consista esso stesso in una provocazione cui solo in un secondo tempo (eccezionalmente ravvicinato) fa seguito l'artigliala mortale. Una volta scatenato, l'attcgglamenlo di paura o di fuga funge da «stimolo chiave» che libera (questa è una interpretazione) o che determina quasi inevitabilmente (e questa è un'altra) II comportamento aggressivo del predatore. Questo spiega perché di fronte a qualsiasi animale, anche non predatore (quindi potrebbe trattarsi di un meccanismo che regola qualsiasi rapporto di vicinanza) Allarme per il fos corre pericolo soprattutto chi mostra paura, mentre in teoria non ne corre chi si mostra sicuro o, meglio ancora, inerte. E' noto che in condizioni di estremo pericolo molti animali si immoblllzzano o addirittura cadono in uno stalo di morie apparente, mentre si può facilmente sperimentare che anche 1 cani più miti possono essere indotti a ringhiare e a mordere da una persona che mimi adeguatamente un atteggiamento di paura: certe volte basta guardarli negli occhi e ritrarre leggermente il capo o contrarre i lineamenti del viso. E' soprattutto a proposito di questi meccanismi scatenanti e dell'energia comportamentale coinvolta nell'azione aggressiva che le stragi lasciano perplessi gli scienziati. L'etologia classica rifiuta di considerare le azioni istintive dei semplici «riflessi» che vengono innescati da stimoli-chiave esterni e che attingono internamente ad un serbatoio di energia comportamentale generica. L'etologia classica suggerisce invece che ogni istinto si valga di un'«energia specifica di osforo contenuto ne azione» che si accumula spontaneamente e autonomamente nell'organismo, e si scarica Indipendentemente dalle altre quando trova lo stimolo esterno adatto; per innescare la scarica (cioè l'azione istintiva) occorrerà uno stimolo forle se l'energia disponibile è scarsa, per esempio se è siala spesa da poco, mentre basterà uno stimolo debole se l'energia è «in pressione». In caso di mancanza prolungata di stimoli l'energia deborderà nelle cosiddette «azioni a vuoto» (è proprio l'esistenza di queste azioni che ha indotto i primi studiosi a formulare la teoria). E' evidente quindi che si tratta di un'energia discreta, in ogni caso molto più limitata dell'energia totale di cui dispone l'organismo. I casi di strage però sembrano contraddire quest'ipotesi: qui l'«energia specifica di azione» non si esaurisce come dovrebbe con le prime uccisioni, anzi, nel caso del cane che si addormenta spossato, è evidente che seguita a scaricarsi fino al completo esaurimento delle «energie totali» dell'organi- smo. Pier V. Molinmio i detersivi

Luoghi citati: America, California, Pasadena