San Francesco di Massimo Mila

San Francesco San Francesco (Segue dalla l'pagina) portun'a, di quali cantori si tratti, si allarga in maniera dispersiva, senza conseguire quella saldezza di forma, elle possedevano le pagine puramente strumen tali. Nelle due scene dell'ultimo atto, le stigmate e la morte di San Francesco (ovviamente esemplata, figurativamente, sull'affresco di Giotto), la vicenda si solleva verso la sua nobile conclusione, richiamando in scena, oltre a tutti i frati, anche l'angelo e il lebbroso che, a dire il vero, sembrano venuti li per una doverosa visita di condoglianza, ma si sente bene che Franceso, su questa terra è dei suoi frati, e di nessun altro. La musica, di cui è impossibile rendersi e render conto ad ■ una prima audizione, è quella che da Messiaen ci si poteva attendere. Mentre non è facile per l'ascoltatore percepire quella ricchezza di modi ritmici che è dotta prerogativa dell'autore, l'altro elemento di cui egli giustamente si vanta, il colore, salta agli occhi, o più esattamente alle orecchie e sostiene su di sé il peso, non indifferente, della lunga composizione. I centoventi strumenti dell'orchestra sono ripartiti in tre gruppi: gli archi 7iella fossa, i fiati sulla scena, in due ranghi laterali, le Onde Martenot, con ancora alcuni ottoni, in due palchi di proscenio e una terza in orchestra. Il coro, di cento esecutori (Messiaen ne avrebbe i>olutì centocinquanta) fermo su due ripide scalinate, ora velate ora allo scoperto, sulla scena, che ne risulta così sensibilmente rimpicciolita, a inisura di teatrino popolare, opiù esattamente, di presepe. Per tornare ancora un momento alla musica: è fatta per lo più di brevissime interiezioni, ripetute per centinaia di volte, e antifonicamente disposte: ora un settore di strumenti interpone risposte brevissime alla voce, ora gli archi conversano per brevi battute con gli ottoni (l'angelo si presenta spesso con poderose espettorazioni wagnericnc dì bassi-tuba), e i legni — sette flauti, ìion so quanti clarinetti e oboi e fagotti — distendono il loro liquido chiacchierio, onnipresente come una rete protettiva. Pochi gli episodi dove il discorso si prolunghi al di là dello stadio di interiezioni: le apparizioni dell'angelo e specialmente la danza del lebbroso guarito, su ritmo sincopato. Momenti altissimi di emozione, che si sollevano sopra la media discorsiva dell'insieme: il bacio al lebbroso e, ovviamente, la morte del santo. Esecuzione bellissima, che si direbbe rodata da moltissime prove. Il direttore Sciji Ozawa mi ha, forse per la prima volta, pienamente persuaso e ritiro umilmente i dubbi che talvolta avevo concepito a suo riguardo. Il coro, che impersona sempre la voce di Dio, non i singoli frati, è perfetto e fa onore al suo maestro Jean Laforgc. Il baritono José Van Dani, che siamo soliti pensare in allegre vesti settecentesche, è un nobile, commovente San Francesco: vocalmente ineccepibile. CU ìiuoce solo uri poco l'alta figura, più da imponente padre guardiano che da umile poverello d'Assisi. Christiane Eda-Pìcrre è una bella voce limpida di soprano quasi leggero, ma dotata di vibrazione lirica. Il tenore Kenneth Riegei fa il matto e il disperato come si deve nella parte del lebbroso, tra i frati spiccano Philippe Duminy (Leone) e Georges Gauthicr (Massco). Gli altri, tutti bene, ci scuseranno con francescana modestia, se non riusciamo a nominarli tutti. La regìa di Sandro Seoul e le scene di Giuseppe Crisolini Malatesta hanno risolto con bravura gli innumerevoli problemi tecnici proposti dall'invasione dell'orchestra in scena ed hanno immerso l'azione, racchiusa in piccole scatole, quasi celle conventuali, entro una giusta atmosfera di paesaggio umbro, die è impregnata di poesia, senza •farecartellone turistico. Forse hanno un poco ridimensionato le smodate esigenze sceniche del candido compositore (il cambiamento istantaneo degli stracci del lebbroso in uno splendido abito di porpora, che invece gli viene portato a mano dall'angelo come se fosse un cameriere: povero Messiaen, non aveva poi tutti l torti, non si poteva proprio accontentarlo?). Ma hanno sempre stabilito il giusto clima spirituale in una cornice che più armoniosa non si saprebbe immaginare. L'opera ha avuto un bel successo (qualche raro buuu alla fine del second'atto) con teatro esaurito e lunghe chiamate a tutti gli esecutori ed interpreti. Massimo Mila

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