Come salvare l'olio d'oliva

Come salvare l'olio d'oliva DOPO I TAGLI CEE, GRAVE CRISI PER UNO PEI PRODOTTI PIÙ' TIPICI DELL'AGRICOLTURA MEDITERRANEA Come salvare l'olio d'oliva La sospensione dell'aiuto comunitario al consumo farà probabilmente aumentare il prodotto al dettaglio di 400-500 lire il litro (il miglior extra vergine toscano toccherà forse le 7500 lire) - Preoccupazioni per l'ingresso nella Cee della Spagna, secondo produttore mondiale dopo l'Italia - Indispensabile puntare sulla qualità Si tratta di salvare o lasciar morire una coltura millenaria, tipica dell'area mediterranea, di cui il nostro Paese guida la classifica produttiva, e che non può essere sostituita da nessun'altra: quale pianta all'infuori dell'olivo può essere coltivata su aspre colline, difficili terrazzamenti, aridi pendii? Eppure la Comunità europea hi', dato un forte scossone ai 300 milioni di piante d'ulivo che vivono nei Paesi europei, riducendo l'aiuto che concedeva per facilitare lo smercio di un prodotto che è molto difficile produrre. E' stato conservato l'altro aiuto, quello per gli agricoltori. Ma perché questo prodotto ha bisogno di tanti sostegni? 11 mercato dell'olio d'oliva, sin dall'immediato dopoguerra, è stato condizionato da due necessità, in una certa misura contrastanti. La prima: garantire agli agricoltori un prezzo remunerativo. Si tratta d'una esigenza che ha anche un riscontro sociale, poiché in molti casi l'olio d'oliva è l'unica fonte di reddito dei produttori e per dì più senza valide alternative economiche. Ma d'altra parte — ed ecco la seconda necessità — i prezzi al consumo dovevano essere mantenuti competitivi con quelli degli altri olii e delle materie grasse (soprattutto la margarina), offerti a prezzi più bassi. La Cee, con il regolamento istitutivo dell'Organizzazione comune dei mercati degli olii d'oliva (risale al 1966), decise di contemperare queste due esigenze attraverso il pagamento di una integrazione di prezzo ai produttori, che consentisse di vendere sul mercato comunitario l'olio d'oliva a un costo inferiore a quello percepito dai produttori stessi. Dal 1978 questa normativa 6 stata parzialmente modificata, poiché ritenuta troppo onerosa per le casse comunitarie e non molto efficace. Ora ogni anno la Ccc fissa un prezzo indicativo alla produzione, tendenzialmente crescente da una campagna all'altra, in considerazione dell'aumento dei costi di produzione. Si tratta di una quotazione ottimale, ritenuta auspicabile per i produttori di olio d'oliva, in quanto sufficientemente remunerativa e atta quindi a sostenere i livelli produttivi della Comunità. Viene poi fissato un prezzo rappresentativo di mercato, a un livello inferiore rispetto a quello alla produzione e tale da consentire una normale commercializzazione dell'olio, tenendo conto dei prezzi dei prodotti che ad esso fanno concorrenza. In genere il prezzo dell'olio d'oliva 6 stabilito almeno il doppio rispetto a quello degli olii di semi (il rapporto tra i due é mantenuto tra 2 a 1 e 2,5 a 1). La differenza tra i due prezzi —quello percepito dal produttore (più alto) e quello pagato dal consumatore (più basso) — viene coperta dalla Cee attraverso due forme di aiuto: uno alla produzione, corrisposto agli agricoltori, e uno al consumo, concesso alle imprese confezionatrici dell'olio d'oliva, che dovrebbe consentire a queste ultime di contenere i prezzi sul mercato al consumo (é proprio questo aiuto che ora la Cee ha fortemente ridimensionato). Il fatto che gli olivicoltori siano aiutati con denaro pubblico é giustificato dal particolare tipo di coltura. Le aziende olivicole sono molto frazionate, di piccole dimensioni, e collocate in collina o montagna, il che ostacola l'aumento della produttività e quindi la diminuzione dei costi di produzione. ., Recenti,..,studi dimostrano che 'Tfiitfoduziònc delle macchine sarebbe oggi possibile soltanto nel 45 per cento delle aziende olivicole; per un altro 25 per cento sarebbe necessaria una preventiva sistemazione dei terreni; il rimanente 30 per cento è del tutto irrecuperabile. Quindi le spese di raccolta delle olive resteranno molto elevate (circa il 60 per cento del costo globale, e si andrà verso il 70). Questa situazione ostacola una più moderna organizzazione del settore, che vede impegnate un milione 200 mila aziende in Italia e circa 500 mila in Grecia (con l'adesione della Spagna la Cee avrà oltre milioni 200 mila imprese olcicole e l'olivicoltura supererà la zootecnia come numero complessivo di addetti). Quali soluzioni per un setto¬ re cosi complesso e travagliato? Dando per acquisito l'ingresso della Spagna nella Cee, non è il caso di ipotizzare incrementi produttivi. Gli interventi, quindi, dovranno tendere alla riqualificazione e alla progressiva specializzazione dcll'olivcto, al suo rinnovamento, allo sviluppo della meccanizzazione dove ciò è possibile, alla riduzione dei costi unitari di produzione, a un miglioramento della qualità dell'olio. Soluzioni non facili, specie per la nostra arretrata olivicoltura meridionale, che tuttavia in regioni come la Puglia e la Calabria concorre da un 20 a un 30 per cento alla formazione della produzione lorda vendibile agricola. Livio Durato

Persone citate: Grave

Luoghi citati: Calabria, Grecia, Italia, Puglia, Spagna