Barra: «Non ce l'ho coi camorristi io collaboro solo con la giustizia» di Giuseppe Zaccaria

Barra: «Non ce l'ho coi camorristi io collaboro solo con la giustizia» Il pentito al processo di Campobasso per l'omicidio di un cutoliano Barra: «Non ce l'ho coi camorristi io collaboro solo con la giustizia» «Loro fanno il loro lavoro, io il mio» - Racconta quello che sa sull'assassinio di Franco Diana: «A me dicevano tutto perché ero un luogotenente del capo» - Vive da braccato, «ogni mattina può succedermi qualcosa» DAL NOSTRO INVIATO CAMPOBASSO — «Non ce l'ho coi camorristi: loro fanno il loro lavoro, io collaboro con la Oiustieia. Lo so, ognimattina mi sveglio pensando che potrebbe capitarmi qualcosa, soche avevo giurato di dividere tutto con gli altri "uomini d'onore". Ma guai è questo onore, quello di chi adesso ammazza anche i bambini?». Voce profonda, roca, spalle al pubblico, 11 microfono che rende ancora più pesante l'accento napoletano: silenzio signori, parla Pasquale Barra. «'O animale, l'uomo che ha giù mandato In carcere più di mille aderenti alla «Nuova camorra organizzata*, è arrivato da poco, circondato dai carabinieri che lo avevano prelevato due ore prima da una località del Casertano. Appena apparso nella piccola aula d'assise, l'hanno infilato in una gabbia protetta da vetri antiproiettile. Adesso, seduto dinanzi al presidente Del Mese, ha tre militari che gli coprono le spalle. E' vestito di marrone, porta la cravatta. Barba e capelli nerissimi, gli danno una somiglianza un po' paradossale: è quasi identico a Domenico Sica, uno dei giudici che hanno sconfitto 11 terrorismo. L',animalt>.,. si sente braccato: vive da quasi un anno nelle caserme dell'Arma, continua a incontrare giudici, a raccontare tutto quello che sa. E con questo processo, ini' zia anche la fase delle apparizioni in pubblico, delle conferme da fornire di fronte a tut ti. A Campobasso, si discute dell'assassinio di Franco Dia na, «cutoliano,. in odore di tradimento, fatto fuori in car cere con quaranta coltellate, il pomeriggio del 1° settembre di due anni fa. Imputati: Raf faele Cutolo, mandante; Ciro Nocerino, portaordini; Mi chele Mangiapia, Raffaele Velotti e Salvatore Imperatrl ce, killers. •" Quest'ultimp, adesso, dice • -di essersi! a sua voit'a, .penti¬ to; promette rivelazioni anche sul caso Cirillo, ogni tanto da di matto urlando che lo vogliono ammazzare. «Un mese e messo fa—racconta, imperturbabile. Barra—l'ho incontrato in una... beh, nel posto in cui adesso mi trovo. Mi ha detto che anche lui vuol parlare, mi ha chiesto di aiutarlo per questo processo di Campobasso», E Invece no: se per tutti i camorristi adesso è un .infame», per i f ans di Tortora solo uno spregevole calunniatore, per tutte le persone che può mettere ancora nel guai un personaggio, da distruggere, «'O animale» sembra aver ritrovato in questa sua condizione una specie di orgoglio. Quello del traditore che rivendica una dignità professionale. «Preside', quello che so dico, quello che non dico non so...», puntualizza. E quello che dice, anche se in napoletano stretto, anche se infarcito di frasi come .Da Foggia sono stato partito e ho arrivato a Napoli...», o .Diana aveva stato ammassato in cella...», pro> cessualmente ha il valore di prova. E di prova spesso schiacciante. Fu Nocerino, il portaordini — racconta — a dirgli nel carcere di Cuneo, da una finestra all'altra, che a Campobasso Diana era stato ucciso. A prenderlo a coltellate, aveva raccontato, erano stati Imperatrice, Mangiapia e Velotti. Poi Imperatrice era sceso per un colloquio, e gli altri due avevano trasportato il corpo fino al locale dei telefoni, ab¬ bandonandolo. I difensori, un po' pateticamente, cercano di contrattaccare: ma come faceva Barra a sentire le confidenze del camorrista da una finestra all'altra? E poi, perché queste cose gliele avrebbero dovute raccontare? Altro soprassalto di orgoglio: .Perché io ero il "santista" ed anche lo "sgarrista", e lui sentiva il dovere d'informarmi». .Santista», cioè luogotenente del Capo Raffaele Cutolo, e primo degli «sgarristi», cioè del fidati esecutori di ogni condanna a morte. A lui. Pasquale Barra, queste attenzioni erano dovute. Gli chiedono come avrebbe fatto Nocerino a far giungere a Imperatrice l'ordine di esecuzione. .Per lettera Una lettera che riuscì a superare i controlli del carcere di Campobasso? «A Poggioreale, lo sanno tutti, entrano anche i mitri Dice proprio cosi, .mitri»: ma la sensazione precisa è che, volendo, sarebbe in grado d'indicare come e grazie a chi i mitragliatori erano giunti nelle celle. Dell'organizzazione lui, braccio destro di «don Raffaele», sapeva tutto. Tutto, tranne forse i motivi di certe decisioni che venivano dal capo, e che solo 11 .verbo, poteva conoscere. Da camorrista, «'0 animate» parla ancora: quando racconta delle esecuzioni, dice «17 fattore»: cosi, in gergo, veniva definito ogni ordine di eliminazione. Quando cita 1 .cumparteUi» lo fa con nome e soprannome. Delle «batterie», le articolazioni locali dell'organizzazione, sa tutto. Quando l'udienza termina. Pasquale Barra scompare nuovamente nel nulla, circondato da uomini in divisa nera: stavolta, per ricondurlo al rifugio senza dare nell'occhio, lo caricano su un pulmino con targa civile. Torna in caserma, a coltivare l'hobby che si è creato in questi mesi: l'allevamento dei canarini. Domattina, si sveglierà forse con l'identica sensazione di precarietà: oltre che per quello che sa, è diventato un pericolo anche per quel che rappresenta. I .pentiti» della camorra si moltiplicano: ieri i carabinieri hanno fatto sapere ai giudici che un altro cutoliano, Mario Incarnato, vuol essere sentito per raccontare tutto. Solo pochi mesi fa, gl'imputati di Campobasso l'avevano citato come teste a difesa. Giuseppe Zaccaria

Luoghi citati: Campobasso, Cuneo, Foggia, Napoli