I pifferi di Andropov

I pifferi di Andropov I pifferi di Andropov fezionando quel sistema burocratico» che soffoca il Paese. Apprendiamo che sotto Brezhncv la corruzione dilagava. Fino a un anno fa, naturalmente, perché da allora è arrivato al potere un uomo che subito, cito, acquisisce «un credito di fiducia», provoca «cambiamenti in meglio», prende «importanti derisioni», dimostra «la sicurezza e la padronanza di si che mancarono invece a Brezhnev». Sul fatto che mentre imperava la cancrena brezhneviana Andropov occupasse l'umile carica di presidente della polizia politica, il «Kgb», e sedesse nello stesso ufficio politico da cui Brezhnev sgovernava, bisogna sorvolare. Sulle ragioni che portano sistematicamente al vertice della «nuova Gerusalemme» sovietica dirigenti folli, incapaci o corrotti, anche uno storico quale Medvedeev deve tacere. Ma non ce l'ho con Roy, perché alla fine dei conti, lui vive a Mosca e noi, grazie a Dio, non più, e sulla sua testa pende sempre la spada di una condanna al carcere e al confino: lui stesso riconosce che la repressione è continuata anche dopo la morte di Brezhnev e quésto «toglie lustro»' alle celebrazioni andropoviane. No, non è giusto prendersela con i Medvedeev, ma piuttosto con quanti, per fortuna sempre meno, accreditano per ragioni di comodo l'immagine di un Andropov «illuminato», sorta di «Maria Teresa» sovietica, tutta disarmo e riforme. Cosi perpetuando la più grave delle menzogne storiche, quella che vede, molto poco marxianamente, nei difetti dei leader! e non nel sistema politico che li produce, la causa di quello che il mio amico Roy chiama «il quadro infelice» della società sovietica. VITTORIO ZUCCONI Lo ricordo nel . suo appartamentino moscovita soffocato dai libri, gli occhi azzurri-polvere, la figura allampanata e un' po' curva dentro i jeans e i maglioni che gli manda il fratello Zhores, scappato a Londra. Fisicamente, Roy Medvedeev mi rammentava il Tati di Mon onde, politicamente si definiva un «comunista dissidente», un po' ortodosso e un po' critico, costretto alle umiliazioni, ai ricatti, e al coraggio degli intellettuali che vogliono vivere e pensare in un regime totalitario.' Ho letto con una stretta al cuore un suo penoso panegirico sul «Primo anno di Andropov», pubblicato in Italia una settimana fa. Anche lui, adesso, deve «suonare il piffero per Andropov», come avrebbe detto Vittorini. Negli ultimi, estenuanti mesi dell'agonia di Brezhncv, circolava a Mosca una 'barzelletta, che oggi appare piuttosto una. profezia abbagliante: raccontava di un ispettore 'del «Kgb» in visita presso una scuola. Com'era Stalin, chiede a un bambino? «Un disastro», risponde il piccolo. Bene. E Kruscev? «Un pazzo». Benissi'-' mo. E com'è Brezhnev? «Un vecchio rimbambito e corrotto». Furioso, l'uomo del «Kgb» domanda spiegazioni alla maestra. «E' colpa mia, confessa l'insegnante, ma sono bambini così intelligenti, e lx> pensalo di portarmi avanti col programma di storia». Lungimirante maestra. Scopriamo adesso, nelle parole di Roy Medvedeev, che sotto Brezhnev l'Urss era un disastro, morale, economico, politico. Impariamo che persino Kruscev, fino a ieri il «modello» cui Medvedeev mi confessava di guardare, aveva fatto la sua parte di guai, «per¬

Luoghi citati: Gerusalemme, Italia, Londra, Mosca, Urss