Nennì il moderato

Nennì il moderato L'ULTIMO VOLUME DEI «DIARI» Nennì il moderato «La verità è che la nostra classe politica è in ritardo sulla crescita della società. E' questo il terreno su cui tutto pud volgere al peggio». Con queste parole, lapidarie e profetiche come è nello stile dell'uomo — uno dei veri e grandi giornalisti di questo secolo —, Pietro Nenni commenta il conflitto fra studenti e polizia all'Università di Roma, il 1" marzo 1968. Esplode la contestazione. Nenni è stato «contestatore» come pochi, nella sua giovinezza remota. Ha partecipato alle sommosse di piazza contro la partenza delle truppe per la Libia nel 1911; ha partecipato alla «Settimana rossa», del 1914, momento del massimo coup de tbéàtre della cosiddetta rivoluzione italiana. Ha unito il «sovversivismo» repubblicano a quello social sta. E' figlio della Romagna giacobina e mangiapreti, dove sono diffìcili a segnare i confini fra anarchismo c movimento operaio, dove c'è una vena implacata di ribellione all'ordine costituito, sempre identificato con l'ordine papalino. .** «Uno scontro di generazioni con errori, estremismi, ribellioni, che mi ricordano i miei vent'anni...». Sono parole di Nenni, quasi a commento di quegli incidenti. Ma nel '68 Nenni non è lontano dal traguardo degli ottant'anni. Ha visto tutto, e il contrario di tutto. Ha consumato, intera, la parabola di Andrea Costa: dallo spirito rivoluzionario alla difesa del Parlamento. E' vicepresidente di un governo, guidato da un uomo, Moro, che ha Un senso rigoroso della gerarchia e della tradizione accademica (quello sfidato dagli studenti in lotta). Sente i brividi di un nuovo «diciahnovismo» (la parola è sua); aborre dalla violenza e soprattutto dalla Violenza fine a se stessa, quasi una moda o un amusement di benestanti. Un titolo del Corriere, diret-fd^tlóraf'tfa' chi scrive queste tljHìc.'Itt' colpisce profonda- li» •' ;;>:< -f, «ini-..: , I .niente: «un titolo, sono parole! ili Nenni, che meglio non po-ì irebbe riassumere lo spirito del-' l'epoca presente». «Già tutti in vacanza i 23 anarchici di via, Lanzone»: è il 31 luglio; l'imi-1 zione della polizia in un circo-1 lo neoanarchico milanese ha appurato che i 23 membri, «tutti più o meno figli di papà», hanno lasciato gli esplosivi per raggiungere località marine. «Ai miei tempi, voglio dire di tempi della mia gioventù, gli anarchici erano morti di fame. Adesso sono dei "signorini" in posizione ideologica di contestazione nei confronti della società. •A Parigi erigono barricate, a Milano giocano con le bombe. E comunque un segno dei tempi». E ricordava, l'antico rivoluzionario per ideali, il giudizio che MvclepgdDtlcvQd I ! ì ' , 1 1 e i a E E e sugli anarchici gli confidava Malatcsta, che ben li conosceva: «Un terzo idealisti, un terzo confidenti della polizia, un terzo ladri». Il Nenni rivoluzionario non esiste più. Lo dimostrano, se pure ce ne fosse stato bisogno, le pagine del terzo tomo dei diari l conti con la storia. Diari 1967-1971, uscito per i tipi di SugarCo a cura di Giuliana Nenni e Domenico Zucaro, preceduto da una incisiva prefazione di Leo Valiani. Quasi settecento pagine complessive, un'autentica miniera di riflessioni, di confidenze, di retroscena della vita politica interna e internazionale nel periodo cruciale del tramonto del centro-sinistra. // moderato Nenni è un altro titolo, non mio ma dell'amico Carlo Casalegno, che su queste colonne nel febbraio del '71 definiva con parole di straordinaria efficacia — che colpivano l'interessato — la natura del moderatismo di Nenni, il senso stesso della sua battaglia politica. «Nenni difende dò che è cambiato, ciò che è stato conquistato, ciò che è in movimento. Non pensa che questa Repubblica sia da sconvolgere e distruggere ma da difendere e da migliorare». Febbraio 1971. La vicenda di Nenni si ricompone secondo una cadenza antica. Ha ricevuto da Satagat il laticlavio, è senatore a vita; sfiorerà, di 11 a pochi mesi, l'elezione a presidente della Repubblica nella tormentata vicenda che porterà al Quirinale Giovanni Leone. Ma per molti aspetti è già un superstite, superstite di se stesso. Il grande sogno, l'obiettivo autentico della sua politica del dopoguerra, quel lo di creare un fortissimo partito socialista unitario «che poteva fare del fisi non soltanto l'alleato della democrazia cristiana, cito dal diario, o del partito comunista, ma il loro vittorioso antagonista», si è infranto il 4 luglio 1969 con la scissione-fra-i due partiti socialisti, che colpisce al eu'tìfc'la'le- stra e dissolve "l'auspicato «primato» del psi. >* Uscire di scena, con digni tà, al momento giusto sembra quasi, per Nenni, una preoccupazione dominante. Guarda con una punta di invidia alla scomparsa di De Gaulle, d cui non aveva condiviso la politica post-1958 (si pensi alla questione dell'inserimento della Gran Bretagna nella Cec) ma che amava ricordare come «l'uomo del 18 giugno 1940», colui che aveva da Londra sdegnosamente respinto la parola «resa» pronunciata da Pétain. E De Gaulle aveva confidato a Pompidou, un giorno, a proposito di Nenni: «Je prefere un gaulliste du juin 1940 à un gaulliste d'aujourd' hui». E' il Nenni sulla via del tramonto, il Nenni amareggiato che riscatta gli antichi errori o le disarmate ingenuità. E' il Nenni che sente le minacce crescenti per la Repubblica: minacce che dopo il '69 investono le basi stesse delle istituzioni («Impedire un altro '22»: è il titolo di un'intervista che mi darà il 25 novembre 69). **' E' il Nenni che protesta contro l'eccidio dell'agente Annarumma non meno che contro la strage di Piazza Fon-; tana. E' il Nenni che non dissocia le guardie rosse da quelle nere. E' il Ncrtni che si oppone alla degenerazione degli scandali, delle camorre, dei centri di potere, una specie di ragnatela che comincia ad avvolgere la vita della Repubblica. E' il Nenni che sente, fin dalle elezioni regionali del giugno '70, il brontolio delle schede bianche, l'ombra lunga del partito del rifiuto. L'attenzione \.. le crisi mondiali si accentua. Una volta è il Vietnam; una volta la Cecoslovacchia; una volta la Cambogia. Nenni non è più l'uomo del patto di unità col pei; detesta chi gli ricorda il premio Stalin. Sa misurare le minacce alla pace e all'equilibrio mondiali con imparzialità, pari alla penetrazione. Torna, per brevi mesi, ministro degli Esteri: il posto che aveva tanto amato, anche per quel fondo patriottico, con vene risorgimentali, inseparabile dall'uomo, non consumato in diplomazia, ma fedele alla chiarezza e alla franchezza. Wilson gli dirà una volta, in un incontro a Londra: «Con lei la politica estera non è diplomazia, ma boxe». Il vecchio socialista non è quasi più classista. Si dissolvono i fantasmi dell'età favolosa. Non parla più di proletariato, parla di gente che lavora. C'è una nota ..patetica, nei,.,suo; taccuini, relativa al messaggio die avrebbe rivolto al Paese se eletto presidente della'Repubblica: «Sarebbe stato un appello al coraggio, il coraggio anonimo di tutti i giorni e di tutti i cittadini nei confronti di una demo-., crazia di burocrati e di tecnocrati e della partitocrazia oligarchica corrotta fino al midollo fra denaro e potere». Ha ragione Leo Valiani, che appartiene a una generazione più giovane ma che ha vissuto quel mondo, quando scrive nelle pagine introduttive che «il socialismo di Nenni è andato oltre la democrazia mazziniana, ma egli è rimasto fedele all'imperativo morale di cui Mazzini era stato apostolo». Fra Marx Mazzini, la scelta finale coincideva con l'inizio di una lunga battaglia. Giovanni Spadolini