La malattia che uccide i camosci è già arrivata nella Val di Lanzo di Gianni Bisio

La malattia che uccide i camosci è già arrivata nella Val di Lanzo Grave preoccupazione per restendersi delle zone colpite dal contagio La malattia che uccide i camosci è già arrivata nella Val di Lanzo L'assessorato provinciale alla Caccia sta studiando come contrastare la cheratocongiuntivite Due animali sono stati trovati morti al rifugio Daviso • C'è timore per un'oasi di protezione La cheratocongiuntivite, la terribile malattia che accieca lentamente gli animali selvatici (soprattutto camosci e stambecchi) portandoli alla morte, torna a colpire. Dopo i casi registrati nel Parco nazionale della Vaholse, in Francia, del Gran Paradiso, nelle montagne jugoslave e nella zona del Rosa (tutti episodi svoltisi tra 11 '78 e l'82) questarvolta è la Val di Lanzo ad essere interessata al morbo. Nella zona intorno a Forno Alpi Graie, presso 11 rifugio Daviso, a ridosso dei confini piemontesi del Parco del Gran Paradiso, alla fine di settembre sono stati rinvenuti due camosci morti affetti da cheratocongiuntivite. Non lontano, ma più a valle, è stato trovato anche un capriolo affetto dalla medesima malattia, mentre un pastore ha raccontato ai guardacaccia di aver visto, mentre si trovava ancora agli alpeggi, una femmina di camoscio con il piccolo quasi cieca: ha potuto avvicinare e toccare i due animali che poi si sono dileguati nel bosco con passo incerto. Gli episodi, per molti versi preoccupanti, sono stati resi noti recentemente dall'assessore provinciale alla Caccia, Fenoglio, che con alcuni collaboratori sta studiando il problema, investendo anche la Regione. La zona interessata alla malattia (e qui sta il : noti vo illajpreoccupazlon è a poca distanza da un'oasi di protezione, dove vivono circa 150 camosci' e 20 stambecchi, portati da poco dal vicino parco. Sarebbe quindi molto grave se il morbo attaccasse questa comunità, dove si sta anche tentando, con discreto successo, l'introduzione del capriolo (20-30 capi) e del muflone (25-27 esemplari).. 'Andrebbe, ancora peggio — afferma Fenoglio — se il contagio arrivasse in Val Susai dove il parco naturale del 'Gran Bosco', sovraffollato di cervi, cinghiali, caprioli e camosci, rappresenterebbe un ottimo terreno di diffusione per la cheratocongiuntivite». Gli esperti dell'assessorato alla Caccia sono molto prudenti nel suggerire rimedi, sia per la obiettiva difficolta della materia, sia per non scontrarsi, come altre volte, con i-protezionisti ad oltranza: «La malattia si contiene solò con la selezione», affermano, citando le conclusioni di un recente convegno organizzato dalla Provincia di Vercelli sul problemi della caccia nella «Zona Alpi». In altre parole: bisogna ricorrere agli abbattimenti selettivi. Gli esperti spiegano che in italiane zone la densità degli 'animali sul territorio è salita oltre il limite ottimale, sia perché non ci Bono più 1 nemici naturali (lince, aquila), sia perché le restrittive disposi izìoni sulla caccia finiscono per limitare anche questa selezione, oggi oparanaturale». •Succede — spiegano — quel che accade anche nette nostre I grandi comunità (caserme, scuole) quando c'è un sovraffollamento: insorgono malattie che altrimenti non nascerebbero». . Sulle misure da prendere, in ogni caso, c'è ancora molta incertezza, anche perché (e qui sta l'assurdo) la cheratocongiuntivite, secondo la legge, non è una malattia infettiva. ;E la Provincia è vincolata a concordare ogni intervento (dai «bocconi» medicati agli .abbattimenti selettivi) con l'assessorato alla Sanità della Regione. Non sarebbe meglio saltare 1 tempi burocratici e chiedere al Parco del Gran Paradiso come ha operato per debellare il morbo? E, subito dopo, adeguarsi, senza ulteriori indagini. Gianni Bisio

Persone citate: Daviso, Fenoglio, Forno Alpi Graie

Luoghi citati: Bono, Francia, Lanzo, Vercelli