Detroit risorge dalle ceneri neil'83 profitti da capogiro

Detroit risorge dalle ceneri neil'83 profitti da capogiro L'auto Usa esce dalla crisi più grave della sua storia Detroit risorge dalle ceneri neil'83 profitti da capogiro dal nostro corrispondente i ' ... dal nostro corrispondente NEW YORK — Come l'A raba fenice. Detroit è risorta dalle ceneri: superata la crisi più grave della sua storia, si prepara a consegnare all'industria automobilistica americana un profitto record, da 6 miliardi a 6 miliardi e mezzo di dollari per r 83, tredici volte tanto quello dell'82,1 miliardo o 1 miliardo e mezzo di dollari in più del primato precedente, stabilito nel 77. L'impresa è da capogiro: solo un biennio fa, la terza grande tra le sue aziende, la Crysler, si trovava sull'orlo della bancarotta, e 11 disavanzo globale del settore era di oltre 3 miliardi di dollari. U miracolo di Detroit è tanto piti stupefacente in quanto è avvenuto,senza che l'industria automobilistica americana riuscisse a produrre a ritmo pieno (quest'anno non arriverà ai 9 milioni e mezzo 10 milioni di vetture, contro gli 11 milioni e mezzo del '78) e senza che riassorbisse i suoi 160 mila o più disoccupati. Tre fattori hanno contribuito a questa ripresa straordinaria. SII tremendo sforzo di riconversione compiuto tra l'inizio e la fine della crisi, grosso modo l'ultimo quinquennio: Detroit ha investito 51 miliardi di dollari nella razionalizzazione del lavoro, circa il doppio di quanto dedicato dagU Stati Uniti negli Anni Sessanta al programma Apollo per la conquista della Luna. La limitazione volontaria. — si fa per dire delle esportazioni di auto giapponesi sul mercato ame< ricano dall'81 compreso in poi: essa ha ridotto la percentuale nipponica delle vendite in Usa dal 27 per cento al 21 per cento del totale. HL'eccedenza del petrolio e il crollo dei suoi prezzi internazionali, che qui ha fatto calare la benzina, tassata solo marginalmente dallo Stato, a differenza di quanto avviene in Italia: il cittadino medio ne ha approfittato per '^stltulre-l' modelli,.vecchi, alutato anche dalla ripresa j?¥donomlèàT generale promossa dallarèaganomics. Paradossalmente*, da qualche settimana l'industria au tomobillstica americana non è addirittura in condizione di soddisfare tutta la domanda. Caldwell, il presidente della Ford, l'altra azienda che nel corso della crisi è stata sul punto di' crollare, attribuisce il fenomeno all'andamento irregolare del mercato. Parliti con una fortissima richiesta di piccole e medie cilindrate, gli acquirenti si sono spostati verso le vetture di lusso e più costose. Non abbiamo potuto programmare presto e bene ha dichiaralo Caldwell. Gli aumenti dei prezzi di listino, che inizialmente erano sembrati una delle cause principali della crisi, non hanno avuto ripercussioni negative. modelli più popolari della General Motors, il colosso del settore, vanno dai 7000 ai 9000 dollari, ossia dagli 11 milioni al 14 milioni di lire. E'assurdo lamentarsi conclude Caldwell mo la verità è clic attraversiamo una fase di transizione, con un mercato molto volubile, e non possiamo prevedere con esattezza die cosa accadrà a medio c lungo termine. A scadenza breve, le prospettive sono brillami, grazie anche al rinnovo per un anno, dal marzo '84 al marzo '85, delle restrizioni volontarie del Giappone all'export negli Stati Uniti. Tokyo, che quér, sfanno ha limitato le sue vendite americane a 1 milione 680.. mila ...niftcchitjg,),- ì'tiiiiift, venturo le limiterà a 1 milione 850 mila1. Avrebbe 11-potenziale di venderne 2 milioni 200 mila: la differenza a suo svantaggio si tradurrà in un introito supplementare di al¬ meno 300 milioni di dollari per |p f.r«> orrnnrli rtl TìiMmlt. DI meno 300 milioni di dollari per le tre grandi di Detroit. Di fatto, la percentuale giapponese del mercato Usa si abbasserà al 18 per cento, la più modesta dal '78. Il negoziatore per i commerci internazionali Brock non esclude che l'accordo venga rinnovato per 11 marzo "85-marzc '86: Tokyo sa che l'alternativa sarebbe l'adoaione del protezionismo da parte nostra ha osservato. Il futuro appare confortante altresì atta luce del rilancio dell'economia: tra qualche mese, la sup/1 patema dovrebbe frodarsi in i.ìc::ìj '>nom. La congiuntura favorevole non soddisfa tuttavia ne il management, nè 1 sindacati. Come accennato da Caldwell, il primo teme che essa sia provvisoria: lo spaventa un dato fondamentale, e cioè che i costi di produzione giapponese siano inferiori del 40 per cento a quelli americani. Saremmo stati molto più. contenti se fossero rimaste in vigore le limitazioni di prima ha sottolineato Caldwell. Avremmo potuto prepararci meglio a rispondere alla sfida di Tokyo. I sindacati hanno paura che non passi al congresso la loro proposta di legge, che impone che il 70 per cento circa di ogni macchina venduta negli Stati Uniti sia fabbricato localmente. Tra due o tre anni lisciveremo di cadere di nuovo vittime dell'invasione giapponese ha protestato il segretario generale Owen Bleber. Non avremo il tempo di recuperare i posti di lavoro perduti se il nostro disegno verrà bocciato. Biebcr ha ammoni lo che 11 management non può sperare di accrescere la produttività imponendo altri sacrifici salariali Rigido assertore del libero mercato, e contrario quindi sia alla programmazione sia all'Intervento dello Stalo nell'Industria privata, il governo Reagan non intende andare oltre al negoziati di Brock con Tokyo. Soddisfatto'del risultati ottenni i, e delle previsioni fino ali '85, esso u oppone anzi al progetto legge sindacale inv^nójBieber gli fu,,Dr£sente che se -^giapponesi dovessero lnv/estlne»' negli StaMoJtWt aprendovi 1 propril stabili menti, i 160 mila disoccupati reperirebbero subito un impiego Ennio Cai etto

Persone citate: Caldwell, Owen Bleber