Cattedrale sui binari di Bologna di Renato Barilli

Cattedrale sui binari di Bologna I PROGETTI PER LA NUOVA STAZIONE, TRE ANNI DOPO L'ATTENTATO Cattedrale sui binari di Bologna Sono stati decine i partecipanti al «concorso di idee» per rinnovare il complesso ferroviario - Le soluzioni a confronto alla Galleria d'arte moderna - Perché si è scartato il piano di trasformare il «nodo» in un terminale «di testa», come Roma e Milano - I tentativi di nascondere le rotaie e di far sì che non lacerino più il tessuto cittadino BOLOGNA — / concorri: per le stazioni ferroviarie centrali delle grandi città, italiane hanno sempre cotti' tuito dei capitoli drammatici, seguiti da polemiche e dibattiti. Basti pensare al lungo travaglio die ha accompagnato l'edificazione della Stazione Centrale di Milano: vent'anni buoni, dal concorso pubblico avvenuto nel 1912, con la vittoria del progetto dello Stacchini, all'inauguraeione dell'edificio, ultimato solo nel 1932. E frattanto si era avuto uno spettacolare cambiamento del gusto, per cui il progetto, in linea coi suoi tempi al'momento del conce-, pimento, e cioè redatto fecondo i canoni della Secessione viennese, veniva termina-' to in un'epoca in cui si stava per imboccare la via del razionalismo. La monumentalità che lo Stacchini aveva pensato bene conferirgli, alleandola anche a un pesante e insistito gusto decorativo, veniva così a stonare nell'epoca in cui, anche, nel nostro Paese, stava per' decollare la poetica del vetrocemento, delle pareti lisce e nude, della decorazione intesa come un delitto, secondo il celebre aforisma di Loos. Tanto che l'edificio milanese divenne in breve il prototipo del •cattivo gusto-, e si penso perfino di ricoprirlo, per nasconderne la vergognosa futilità.. Salvo poi a ripensarci, quando, in tempi piti recenti, dal «moderno à tutti i costU, il nostro gusto è declinato verso il postmoderno, decidendo di recuperare qualche carica decorativa. D'altra parte, quando di li a poco il movimento razionalista-funzlonalista, a sua volta, si avventurava allo scoperto, tentando di espugnare una piazza carica di storia e di memorie come Firenze, proponendo per il capoluogo toscano, grazie a-Miclielucci, una stazione centrale appunto tutta liscia e spianala, sobria ed essenziale, le polemiche si riaccesero, l'opinione pubblica arse di furore e si divise. E poi ancora fu la volta di Roma, con la Stazione Termini, ette risulta costituita dal sovrapporsi di due onde diverse, di due stili successivi: gli edifici laterali, redatti secondo un gusto monumentalista, con largo impiego dell'arco romanq^e invéce lajirafld$ pensilina sull'atrio, (Il dinosauro, come viene detr. io famiiiarmente), impresa di rilievo dell'Italia della ricostruzione, che intese ripartire dal razionalismo. Questo piccolo promemoria serve a introdurre un fatto del giorno: si è appena aperta a Bologna, alla Galleria comunale d'arte moderna, un'esposizione di parecchie decine di progetti partecipanti a un ^concorso di Idee»' per una ricostruzione della stazione del capoluogo petroniano, dopo la tragica esplosione che nell'SO fece tante vittime e ne squarciò un fianco, rivelando anclte, a un'opinione pubblica distratta, tutta l'inadeguatezza del vecchio edificio. E allora l'interrogativo è: si rinnoveranno i fasti di una tradizione che vuole appunto che molto inchiostro si versi in queste oc¬ casioni? Riuscirà, l'occasione bolognese, a essere un segno del tempi, a coagulare umori, a rendere tangibili preferenze stilistiche, ad afferrare quasi un volatile Zeltgeist? E se sì, come sono cambiati, questi umori, che cosa significa oggi progettare una stazione ferroviaria? C'è però da osservare subito che la situazione ferroviaria bolognese appare assai diversa da quella delle tre cittàricordate sopra. Nel loro caso, infatti, si era già aderito alla tipica soluzione della ferrovia di penetrazione, con un terminale -di testa»: una soluzione che, nonostante i decenni passati, continua a rivelarsi come la più ragionevole e funzionala. Mentre Bologna Ita sempre SòffeYtÒ' {Bètti"stóts^i' importanza del suo nodo ferroviario, per cui si è ritenuto impensabile dotarla di una stazione di testa, condannandola alla formula del transito longitudinale. I binari, così, hanno costituito come una ferita die ha scisso la città in due, per fortuna passando un po' a margine del centro storico, quasi tangenzialmente; ma abbastanza vicino per slaccare brutalmente da esso tutta la zona a Nord, aperta sulla Valle Padana, col risultato di condannarla cosi al degrado. Il dover rimeditare sul nodo ferroviario poteva essere la grande occasione per sanare questa plaga storica. Occorreva avere il coraggio di escogitare qualche soluzione pia larga, anche se terribilmente onerosa, come quella di allontanare la fascia ferroviaria dal centro, e di portarla a scorrere ih parallelo con la tangenziale autostradale. Meglio ancora, evidentemente, se le due tangenziali fossero state costruite nello stesso tempo. Ma si sa che il nostro Paese ha patito di questa sfasatura tra l'intraprendenza per quanto riguarda le comunicaziont automobilistiche, e invece lo stallo, la neghittosa conservazione dello status quo, in materia ferroviaria. Gli amministratori di Bologna, in sostanza, hanno avuto paura del rimbrotti delle FF.SS., moderando così il tiro del concorso, nonostante che questo si richiamasse alle «idee» e quindi potesse concedersi un pizzico di utopia. D'altronde, le agguerrite équipes concorrenti hanno fatto lealmente il loro mestie- ' re, e infatti, se c'è un tratto comune che balza fuori dai molti progetti, è il tentativo disperato di nascondere i bi- • nari, di ricoprirli, di far sì die essi non lacerino più il tessuto cittadino. Ma risulta altresì la macchinosità di questi disperati tentativi, che in sostanza ricorrono a vastissime «piastre», a piani di copertura pensile, per consentire al traffico di «passar sopra» ai binari, cercando di ignorarli. E risulta pure, anche all'occhio dei non competenti, l'enorme carico di spesa che implicherebbero progetti così complicati, destinati pertanto a restare lettera morta..O c'è da chiedersi se, a questo punto, non fosse perfino economicamente concorrenziale l'ipotesi dell'arretramento dei binari in una zona più lontana. Fra tutti questi progetti di copertura, il più stimolante, ma forse anche il più irrealizzabile, è quello avanzato dall'equipe diretta da Leonardo Benevolo, die suggerisce la costruzione di un enorme giardino pensile, steso come una coltre di verde a saldare, appunto, il centro storico con la periferia. Al di là di questo «cuore del problema», quali le indicazioni stilistiche emergenti dal concorso bolognese? Com'era prevedibile, siamo al conflitto tra chi ancora propone soluzioni razionaliste e chi invece accetta l'ammbnimento del postmoderno a trovare una conciliazione con ivalori storici. A giudicare dai cinque progetti vincitori, la prima soluzione prevale, dato die a questa si ispirano ben quattro di essi (coordinati, rispettivamente, da erotti, Piacentino, Polesello, Zacchiroli), mentre solo il progetto firmato da Marco Porta (ma in un team forte della presenza di architetti bolognesi come Cuppini e Ventura) si propone di richiamarsi esplicitamente a motivi architettonici e perfino paesaggistici della città, Viene infatti ripresentato il motivo della «porta», ingigantita, resa quasi simbolica, mentre perfino gli edifici de¬ tttnati ospitare le varie funzioni sussidiarie sono concepiti secondo un profilo ondulato, che vuole ricordare le colline del primo Appennino. Ma da un esame globale di tutti i concorrenti emerge un buon equilibrio tra moderni e postmoderni, testimoniato anche dal fatto che molti progettisti hanno rispettato l'attuale edificio della stazione, concepito secondo un revivalismo di gusto neorinatcimentale: se si vuole, un piccolo campione di «cattivo gusto»: di quel cattivo gusto che oggi si rovescia spesso e volentieri in buon gusto. Uno tra i dieci progetti segnalati di rincalzo (dopo i cinque vincitori), quello del fiorentino Natalini, fa partire da quel nucleo già di per sestesso «storico», una sfilata di porticati sostenuti da trabeazioni ispirate alla tipologia della Bologna medievale o protorinascimentale. Ma questo potrebbe essere quasi un leit-motiv del concorso: proporre lunghe fiancate, animate da motivi modulari capaci di evitare la noia, la prevedibilità. Infatti, come si sarà già capito, questa è una stazione destinata a rimanere «senza facciata», con profonda differenza rispetto alle stazioni di Milano. Roma, Firenze. I protagonisti sono loro, i binari, scorrenti come un fiume limaccioso; e il compito degli architetti è stato solo quello di gettare passerelle, sulla loro furia, o di tentare di coprirli, o tutt'al più di abbellirne le fiancate. Renato Barilli ' , ' e l Bologna. Un dettaglio del progetto per la nuova ferroviaria proposto da Marco Porta, uno dei cinque vincitori