Moschin burbero come vuol Goldoni

Moschin burbero come vuol Goldoni Moschin burbero come vuol Goldoni . - I ■ - ■ - . ' -■ Nella parte che fu cavallo di battaglia di tutti i primattori veneziani - Bellissima prova di Maddalena Crippa TORINO — Questo Teodfr ro, vecchio mercante venusiano che campeggia al centro del Todero brontolon ('dall'altra sera al Carignano, regìa di Antonio Calenda, protagonista aostane Moschin), è figura della piena maturità di Goldoni, in cui il corhmediograffrconglunge e declina due personaggi a lungo trattati: l'avaro e il rustego, chiuso a riccio il primo nell'ottusa e ostinata difesa dei bessl, del propri soldi (mentre, all'esterno, l commerci della Serenissima declinano, i cambisti falliscono, le navi marciscono alla fonda); superbo e ostinato il. secondo in un autoritarismo ormai desueto sul figlio adulto clic ancora bamboleggia, contro la nuora che freme di giusto sdegno, i vicini che assistono, stupefatti, agli inconsulti furori di vecchio fastidioso. , Fu, in passato, questo Todero il cavallo di battaglia di tutti i primattori veneziani, i Benini, gli Zago, l Baseggio, i Cavalieri: ognuno lo interpretò a proprio talentò, ma contribuì anche ad incrostare il protagonista di trovate ad effetto, di tic, dì passaggi obbligati che finirono per aduggiarne la figura. Ed anche la commedia perse, per strada, di respiro, fini in una commediola di ripicche tra suocero e nuora, mentre è un vasto spaccato sul non resistibile tramonto della borghesia lagunare. La regia di Calenda ne suggerisce la giusta prospettiva storica, in quella casa -ideata da Nicola Rubertelli a finestre a spioncino, il damasco consunto alle pareti, le alte credenze a forziere, in cui senti, palpabile, il disagio di una classe sociale (solo i costumi della Danon sembrano rivendicare un qualche agio di vita): e la rilegge come una gran renga, un seguito di arringhe, di scontri e perprazionia due, a tre, a quattro voci, dispo- nendo gli interpreti lungo le assi orizzontali e verticali tdi quel grande, cupo rettangolo. Recitano questi interpreti il testo goldoniano con un rispetto scrupolóso alla sua lettera: e già questo è un pregio della messinscena, perché siamo nell'ultima grande stagione di Goldoni, la scrittura si è fatta traslucida, la parola è ogni volta la cosa, e luna e l'altra si fanno azione, disegnano spazi, scandiscono ritmi, delinéanò stati d'animo. Mentre al teatro San Samuele il Gozzi del Re Cervo'resteurat>a le maschere della Commedia dell'Arte che l'avversario aveva rimosso, il Goldoni del San Luca (gennaio 1762) era nel pieno-dei suo realismo critico. ' Questa. fedeltà al dettato goldoniano, che esige tutti attori.di àrea veneta, in pieno possesso della r loro linguadialetto, non'è" senza qualche scompènso nella distribuzione del ruoli, in una compagine che ne esige una decina, e tutti hanno da essere •dicarattere-. Ne risente qua e là l'azione che talvolta si slega e perde di coloritura. Ma per il resto lo spettacolo c'è, sostenuto e vitale. £ c'è da ammirare un inedito Todero di Gastone Moschin, burbero come il copione esige, ma piuttosto malcerto in tanto oltranzismo, piuttosto vile nei suoi calcolucci ad usura: e, soprattutto, abbarbicato alla sua spem longam, d'essere in pratica immortale, dal momento che pia vagheggia i servigi del figli della propria nipote: un nonagenario-bambino, insomma, d'una fragilità che mette, nostro malgrado, tenerezza. E subito, al suo fianco, va sottolineata a tutte lettere la bellissima prova di Maddalena Crippa, che è la sua avversaria, la nuora Marcolino, tutta tempestosa vitalità, tutta lampi di femminile orgoglio ferito, davvero una donna del tempi nuovi, consapevole del proprio merito, madre protettiva delle pròprie raisse, di 'quelle radici che sono i figli. Alla prima applausi vigorosie cordiali. Guido Davico Bonino Maddalena Crippa e Gastone Moschin in una scena del Todero, uno spettacolo fedelissimo al dettato goldoniano ma sostenuto e vitale

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