I profumi e gli odori che fanno la nostra storia di Giampaolo Dossena

Settimanale di attualità culturale letteratura scienza arte spettacolo Settimanale di attualità culturale letteratura scienza arte spettacolo Il passato ricostruito con l'olfatto: un saggio francese e le nuove ricerche I profumi e gli odori h f pche fanno la nostra storia UNA domanda che ci tocca sul vivo: a che punto slamo, coi cinque sensi? sono ancora cinque? V . La vista e più importante che mal, basta pensare all'..obbligo delle lenti» stampigliato sulla patente. L'udito non sembra sia altrettanto indispensabile: se uno è sordastro, può anche girare senza ampliphon, pecca solo di scortesia costringendo gli altri a gridare. Il gusto e il tatto sono caduti molto In basso, in preda a gastronomi enologi e sessuologo L'odorato poi sta malissimo. Se la vista è obbligatoria, l'odorato non 6 nemmeno facoltativo, è addirittura irrilevante. C'è gente che sposa ragazze splendide, senza occhiali e senza ampllphon per non dir del resto, ma se lasciano carbonizzare l'arrosto sarà solo perché son distratte? Non sarà anche perché dieci minuti prima non hanno sentito l'odore di bruciato? e venti minuti prima una sfumatura'di bruciaticcio? Hanno cinque sensi o quattro? Un recente libro francese, che Mondadori pubblicherà a novembre col titolo «Storia sodale degli odori», risponde seriamente a queste nostre domande che possono esser sembrate poco serie. Tanto seriamente che l'autore, Alain Corbin, ha voluto per ora limitare il campo delle sue ricerche agli anni dal 1750 circa al 1911. Spiegando il perché di queste date il riassunto del libro è presto fatto. Verso il 1750 gli scienziati e l'opinione pubblica francese ed europea cominciano a pensare che i cattivi odori siano collegati a fattori antigienici e infettivi. Cosi si comincia a cercare di fare in modo che le città e le case diventino ' meno' fetenti affinché siano meno pericolóse. Chi tra 1 nostri lettori ha fatto buoni studi penserà subito alla «Salubrità dell'aria», ode letta dall'abate Parlili all'Accademia dei Trasformati nel 1759. Il riferimento è giusto, gli anni sono proprio quelli e non si tratta di una poesia italiana campata per aria: con quel 132 versi il Farini si inseriva a.tempo in una storia di idee e di ricerche scientifiche ben precise. Non sempre questo lo dicono le antologie scolastiche, ma era spiegato bene in un libro bellissimo di Gianfranco Grechi, «Le scorie della città», pubblicato a Milano da - un editore inconsueto: l'Azienda, municipale della nettezza urbana. ; Poeti, scienziati e amministratori qualcosa riescono a ottenere, nel Settecento e nei primi dell'Ottocento, per recuperare una certa salubrità dell'aria. E su questa strada 1 nuovi ceti borghesi ripuliti e deodorati finiscono per spostare la mira, dai cattivi odori come pericolo igienico ai cattivi odori come pericolo politico. Sono 1 poveri che puzzano, è il proletariato il vero nemico della salubrità dell'aria. Detta cosi può sembrare una battuta, ma Alain Corbin ha il merito di spiegare bene; documentatamente, come certi conflitti sociali abbiano radici viscerali e nascoste. Ancora una volta qualcosa si fa, nell'Ottocento e nel primi del Novecento, per mettere il proletariato in riga, ma arriva lì 1911. Siamo alla vigilia di quella Guerra Mondiale (guerra, «igiene» del mondo!) che farà tanta bella pulizia fra 1 proletari. Nel 1911 a Parigi per la prima volta ci si accorge che 1 cattivi odori vengono dalle fabbriche chimiche della periferia: Cosi si apre un nuovo capitolo, che Alain Corbin non affronta, ma che, secondo lui, porterà al «sogno ecologico». Qui 11 discorso si farebbe complesso, perché certe fasce ecologiche tengono a considerare l'igiene un pregiudizio borghese, onde, de facto, per esempio ricompaiono i pidocchi nelle scuole elementari. Per buttarla in libri, avete letto «Sullo sporco» di Enzehsberger? Ma se di questo non ha voluto parlare Alain Corbin ci guarderemo bene dal parlarne noi. Noi abbiamo abbastanza da pensare leggendo 11 suo libro pur cosi limitato al 1750-1911. E' un libro pieno di aneddoti e di storie mai sentite. Sia detto fra parentesi, a tratti è un libro per stomaci (orti. Il libro racconta quasi esclusivamente storie francesi, e uno del possibili 'modi per leggerlo è di lasciarsi sollecitare a qualche ricordo di cose nostre, che ivi non compaiono. Quando per esempio Alain Corbin cita certi rimedi contro il colera, è bello lasciarsi guidare dal lento affiorare di un vago ricordo, alzarsi, andare a prendere 1 Promessi sposi, e leggere quasi l'esatta traduzione di quanto scrive un francese anonimo: in tempo di peste a Milano molti tenevano In mano «patte di metallo o di legno traforate, con dentro spugne inzuppate d'aceti medicati; e le andavano ogni tanto4 mettendo al naso; oca le tenevano di continuo». Ma non dobbiamo lasciarci trascinare a parlare solo di odori cattivi, che effettivamente nel libro di Alain Corbin prevalgono. Possiamo giocare a ricordare pagine particolarmente olfattive e prof urnate degli scrittori che cono¬ sciamo. Possiamo ricordare quel racconto di Primo Levi che si intitola «I mnemagoghi» o quello di Piero Chiara che si intitola «Ti sento. Giuditta». Però la. poesia degli odori tutto sommato è scarsa; e ne sarà contento, nell'alto dei cieli, Emanuele Kant,' che escludeva l'olfatto dal campo dell'estetica.. In fondo, forse, l'unico grande libro olfattivo della nostra letteratura sono le «Lettere odoróse» del Magalotti. Però, anche fuori dalla letteratura, quanti odori buorrTc^erahó tffì& vòfia?? prima di Kant, che adesso non ci sono più ! Forse tanta gente fra noi è senza naso, ridotta a quattro sensi invece di cinque, proprio perché negli ultimi due secoli si è voluto deodorare il mondo, nel male e nel bene. Pensate alla parola che ci sembra tanto ovvia, innocua, anzi benefica: «deodorante». Deodorare vuol dire eliminare l'odore, sottrarre elementi di vita e di esercizio all'odorato. Noi accettiamo un mondo deodorato. La lotta senza quartiere contro gli odori è stata una manifestazione di «intolleranza» nel senso più. pieno della parola; come spiega Alain Corbin. E' stata una lotta che ha distrutto, col miasmo, anche la giunchiglia («Le mlasme et la jonquille» è il titolo originale del suo libro). Una volta i miasmi si combattevano senza intolleranza. Si combattevano con un minimo di pulizia, e cercando e usando gli odori buoni. Ma com'erano, questi odori buoni d'un tempo?, DI che profumava il mondo antico? A quest'altra domanda ha risposto e sta tuttora lavorando per rispondere 11 professor Giuseppe Donato (vedi riquadro). E' un'esperienza privilegiata, quella che abbiamo avuto noi, di seguire da tempo i lavori del professor Donato e di poter metter il naso, letteralmente, nelle sue ampolle. A noi il professor Donato, per farci capir meglio la peculiarità del profumo di Rodi, ne ha anche versato qualche goccia in un bicchiere di vino bianco secco (e lo beveva anche lui). Che profumo era, che profumo è, il profumo di Rodi? Qui la parola viene meno. Oli eschimesi hanno 17 diversi aggettivi per indicare altrettante sfumature di bianco. Noi abbiamo pochissime parole per indicare gli odori. Linneo li voleva ridurre a sette, come le note musicali. Studi recenti condotti all'Università di Yale dal professor William Cain (ne ha dato notizia «Tuttoscienze» l'8 giugno scorso) hanno dimostrato che la percezione umana degli odori è «poco collegata con il linguaggio*. Dunque forse al di la della «storia sociale degli odori» c'è una mancata storia letteraria e «linguistica» degli odori. i Parole, parole, parole! quanti delitti si compiono in vostro nome) Forse 11 nostro olfatto si va estinguendo perché siamo paralizzati dalla impossibilità di farlo parlare. Giampaolo Dossena

Luoghi citati: Milano, Parigi, Rodi