Con il binocolo dove volano i ciuffolotti di Sabatino Moscati

Con il binocolo dove Volano i ciuffolotti Con il binocolo dove Volano i ciuffolotti Ilettori italiani conoscono J. A. Baker, osservatorepoeta, per il suo | suggestivo diario sul falco pellegrino pubblicato quattro anni fa nella collana dell'Ornitorinco di Rizzoli. Naturalista e ornitologo appassionato, lo scrittore inglese ha trascorso dieci anni della tua vita à studiare gli'ùccelli, ne spia i moviménti con l'ansia jii un innamorato, ne registra scrupolosa'ineritèì'arrtvo» le soste, te cacce, le fughe, i voli spettacolari. Sta per are appostato In vista delle rocce scoscese ove il falco pellegrino nidificale segue col binocolo le èué evoluzioni aeree nel cielo, dall'ottobre all'apnle. Colline1 d'estate, comparso in questi giorni nella stessa collana di libri sulla natura di Rizzoli, è più generico. Segue la formula del diario scritto giornalmenteper registrare le impressioni a caldo, ma questa volta non si riferisce ad una sola specie. Protagonisti ne spno tutti glirtccetli che ravvivano con la loro presenza 'e i ìoro canti'la dolce campagna inglese. In un certo senso questo,librò, uscito in Inghilterra nel 1969, è la continuazione del Palco pellegrino pubblicato in originale due anni prima, nel 1&67, in quanto abbraccia le ■ impressioni dell'autore nel periodo aprile-settembre. Così il ciclo dell'anno è completo. Ciò ctìepiù.colpisce il lettore italiano è l'esuberanza di vita delle campagne e dei boschi inglesi dove volano e nidificano ghiandàie è ciuffolotti, cinciarelle e lui grossi, strillozzi e tortore, picchi e capinere, cannatole ' e succiacapre e tutta una folla di uccelli diurni e notturni. Non sappiamo se oggi, a 14 anni di distanza, le cose siano, cambiate. Ma certo sono molto diverse che da noi, dove nonè'giunta ancora la «Silent spring» (La primavera silenziosa) profetizzata da Rachel Carson, ma fra cacciatori, bracconieri, pesticidi e inquinamento, slamo sulla buona strada per arrivarci. Gli uccelli sono diventati cosi pochi nelle nostre campagne e i boschi si riducono sempre più, bruciati dai piromani o per dolo. Molte specie che una volta nidificavano in Italia hanno cambiato residenza e molle di quelle che transitavano nei nostri cieli durante le grandi migrazioni si sono accorte che rischiavano di brutto con tanti fucili puntati su di loro, sicché hanno preferito mutare rotta. Forse per questo, quel gran frullìo d'ali die anima il libro di Baker ci riempie il cuore di gioia. E poi non ci sono soltanto gli uccelli. Ci sono anche volpi, talpe, api, conigli, pipistrelli, scoiattoli, tutto un mondo di esseri viventi selvatici che si aggira «nel muschioso odore di bosco estivo delle betulle», o «nella calda e resinosa oscurità del bosco di pini» o «dove le colline sfuggivano In creste ondose sfumando dal grigio all'azzurro, lino a perdersi nell'aria nebbiosa». Un elogio particolare merita la traduttrice Andreola Vettori. Ma il fascino di libri come questo nasce in gran parte dalla felice scelta del vocaboli, dal fraseggiare elegante di colui o colei che lo traduce, poeta non meno dell'autore. isabella Lattes Coifmann J. A. Baker: «Colline d'estate», Rizzoli, 198 pagine, L. 18.000. Esso suddivide la ricca materia per aree, non come semplice ripiego espositivo ma per storica individuazione di centri produttivi con caratteristiche proprie: dall'area apula, lucana e siciliana risalendo alla campana e laziale, la sannitica e medio-adriatica, la picena e veneta, la ligure e subalpina. In tutte, al posto dei rapidi cenni nel vecchio libro di Della Seta, il lettore di Moscati trova un'analitica rassegna di ogni più importante reperto, vecchio e nuovo, e una sua collocazione nel contesto storico-artistico, quali la esperienza e dottrina dell'odierno storico suggeriscono, e 11 magnifico corredo illustrativo documenta. Cosi, anche'à un semplice sfogliare del libro, passano sotto 1 nostri occhi, accanto al vecchio materiale a noi familiare fin dalla giovinezza, tutte le più significative scoperte di questo mezzo secolo, venute ad arricchire 11 patrimonio archeologico nazionale: i bronzi di Melfi e il tuffatore di Paestum che profila l'elegantissimo suo arco nell'affresco della tomba campana, le scoperte romane di Sant'Omobono e le laziali di Lavinio e Pales trina (una delle splendide terracotte di Lavlnio, ove passa già 11 soffio dell'arte greca, spicca sulla copertina stessa del libro), 11 guerriero abruzzese di Capestrano col suo enorme sombrero alla messicana; fino ai saggi di quel¬ l'arte rupestre di Valcamonica, affondante le sue origini nella più lontana preistoria italica ed europea, che costituisce una delle più suggestive novità archeologiche di questi ultimi decenni. Sono, tutte queste, voci e' segni aurorali della grande giornata dell'arte antica in Italia Coeva talora ad essi, e poi decisamente su di essi prevalente, si stampa sul nostro suolo l'orma augusta della grecità, coi templi di Agrigento e di Pesto, I decadrammi di Siracusa, la ceràmica apula (adattamento quest'ultima e lhicroclo con l'arte indigena qui illustrata); e poi l'orma dominatrice di Roma, con le mura e gli archi imperiali, 1 ritratti e i rilievi dell'Ara Pacis. Ma dinanzi a tanto fulgore (oggi offuscato e minacciato dalla forsennata, industrializzazione, e cosi mal difeso da una avara e lenta burocrazia), serpano tutta la loro suggestione questi acerbi frutti autoctoni del genio italico, sbocciati 1 più fra l'VIII e il I secolo a.O, nella protostoria della nostra terra. A fare un bilancio, e valutare in una prospettiva storica tali arcaiche reliquie, è venuto ora un orientalista, indagatore delle sorti dell'antico Mediterraneo, al di sopra d,l,ogni nazionale boria di popoli, In una visione globale di civiltà. Francesco Gabrieli Sabatino Moscati: «Gli Italici. L'arte», Jaca Book, 302 pagine, 98.000 lire.

Luoghi citati: Agrigento, Capestrano, Inghilterra, Italia, Melfi, Roma, Sant'omobono, Siracusa