Norman l'eccentrico scoprì il mondo nei biglietti da visita di Claudio Gorlier

Norman l'eccentrico scoprì il mondo nei biglietti da visita Norman l'eccentrico scoprì il mondo nei biglietti da visita UN aneddoto tutto da verificare ma perfettamente credibile vuole che Norman Douglas si sia rivolto nel 1946 all'ambasciata italiana a Londra per ottenere un visto e che al funzionarlo disposto a concederglielo a breve termine 'tfpér''un viaggio,-non per" andarci a vivere'») 'abbia serenamente risposto: .Non voglio andarci a vivere, voglio andarci a morire». Del resto, Emilio Ce echi, scrivendo nel '52. anno della morte di Douglas a Capri, una breve rievocazione, rammentava di avergli sentito dire, «con una sorta di allegra impudenza: "Oh Cecchi, in Inghilterra lo non ci torno piti davvero" ». Nato nel 1888, figlio di uno scozzese e di un'austriaca, con studi ginnasiali in Germania e un'esistenza intessuta di vagabondaggi per il mondo, Douglas in Italia era vissuto a lungo, e Capri era rimasto il suo punto di riferimento ad onta delle trasformazioni talora sgradevoli, fornendo l'ambiente ideale per il suo libro più significativo, South Wind (Vento del Sud), pubblicato nel '17 e incredibilmente mai tradotto in italiano. Douglas rientra certo nella galleria dei grandi isolati della cultura inglese contemporanea, del disincantati che ricorrono a un'Ironia appassionata e aristocratica e proponendosi d'intaccare le categorie solidamente accreditate della tradizione professano insieme un'avversione sprezzante nei confronti delle ideologie, delle edificazioni concettuali totalizzanti. Huxley e Waugh. tanto per fare due nomi chiave, seguirono con intenzioni e risultati diversi una strada aperta chiaramente da lui e se Douglas detestò, ricambiato, D.H. Lawrence, fu vicino al gruppo di Bloocisbury, alla Woolf, a Strachey, a Keynes. Looking Back. An Autobiographical Excursion, apparso nel 1933 e presentato ora nella brillante .versione italiana di J. Rodolfo Wilcock (Biglietti da visita. Un viaggio autobiografico, ed. Adelphi. pagine 468, tire 25 mila) riflette con singolare animazione gli umori di Douglas. Il viaggio del sottotitolo comporta, come fu sempre per lo scrittore, una dimensione geografica e Insieme della mente: l'«escursione, o la «gita» dell'originale svuotano con caratteristica deliberazione la retorica del «grand tour» trovando un ingegnoso corrispettivo nella formula del libro: una raccolta di biglietti da visita letti alla rinfusa, con nomi che non rispettano né una gerarchia né un disegno preordinato (da Oorldj' a Lawrence a Krupp all'avvocato Sbordone o al professor dottor von Scliroen, non meglio identificato) evocan¬ do esperienze intense, ricordi sbiaditi o completi vuoti di memoria. Douglas, soleva precisare agli amici che spesso i nomi erano inventati, o addirittura che il libro era frutto della fantasia, ma «orche questo faceva parte del gioco, serio e fatuo, dolo- ., roso e beffardo, che è tipico1 dello scrittore. " Questo libro, a suo modo unico eppure raccordo prezioso di un momento culturale se si vuole perdente di fronte agli imponenti palinsesti del periodo ma a lungo termine altrettanto — e magari sotterraneamente o sgradevolmente — decisivo, rivela l'educazione scientifica del Douglas studioso di biologia e di botanica, il suo . gusto classificatorio, che sfiora, in testi per altri versi Intensamente provocatori come Old Calabria (Vecchia Calabria) la pedanteria minlmalistica. Il dato fattuale, l'effimero del rettangolo di carta con poche annotazioni spesso quotidiane e banali, innesca un sottile interscambio di vissuto e di Immaginario, di Intelligenza e di ostentato, tranquillo cinismo, di estetismo irrobustito da un rapporto concreto con la realtà. Veramente Douglas si presenta nel ruolo cosciente di erede estremo della tradizione rinascimentale dell'«inglese italianato, diavolo Incarnato». L'Italia, come prima la Russia dove era stato segretario di ambasciata, funziona da reagente, da pietra di paragone: se Douglas lascia l'Inghilterra non si lascia mai penetrare fino in fondo dai fermenti mediterranei, a costo di abbandoni occasionali al pittoresco e al mito del giardino. Il viaggio consente la scoperta di un'area privilegiata dove è praticabile la trasgressione, e Douglas si colloca tra i grandi profeti délr«lrregolare». S'intende che la trasgressione non viene goduta di per sé, ma in quanto strumento privilegiato dell'esperienza tenacemente egotisti^. A Pietroburgo, Douglas pretende di essersi fatto una giovane amante mercenaria per meglio impadronirsi delle pieghe idiomatiche della lingua russa; a Napoli, la giovanissima compagna, che si chiama Anna come la fanciulla di Pietroburgo; gli consente un rapporto diretto con l'incontaminata sordidezza di un nuovo territorio da scoprire, e da frequentare, riservandogli quasi per mediazione il fascino della sorpresa inaspettata, quando il geloso fratellino si innamora di lui Douglas passa come una salamandra attraverso la storia. Usando come arma una sorta di beffarda sconsacrazione. Il nazismo è frutto del messàggio autoritario del Vecchio Testamento; il non meno aborrito bol¬ scevismo della predicazione egualitaria di Cristo. Chi professa ideologie o cerca palingenesi non può che essere (Lawrence) uno scrittore mediocre e la creatività del linguaggio, 11 suo controllato ma anche capriccioso spessore, sono la misura suprema, qulntessenzlata del dialogo: ia vita e conversazione. Accanto, la noncuranza o l'avversione per il danaro, la produzione, che stanno alla radice della disillusione di Douglas e del suo scetticismo ostile ai turgidi codici vittoriani fino alla scelta del distacco, lo inducono a legittimare, a somiglianza del MRS.SNOW Rougemont del Diario di un intellettuale disoccupato, il patronato degli amici ricchi e munifici, giacché gli sembra gioioso tanto 11 dare quanto 11 ricevere. Si cercheranno invano i nomi di Joyce, di Yeats, mentre tramite la voce di un,, ; iwftfVP '.YW 4-egistratai..te,w diffidenza per «l'Indiscriminato fluire di materia», 11 «cicalare» di Proust, rappresentante della «scuola della diarrea». L'isolato Douglas tiene in effetti per mano tutta una serie di animosi confratelli, in un sorprendente labirinto di passi perduti e ritrovati. Claudio Gorlier