Dubbie nostalgie

Dubbie nostalgie QUELU ITALIA DALLE «STRADE BIANCHE» Dubbie nostalgie Mi rendo perfettamente conto (e non è cosa di oggi) di una grave menomazione di cui soffre la mia capacità di leggere e di capire buona patte della letteratura italiana contemporanea. Comincio a pensate che si tratti di un vero e proprio caso di paresi semantica-, l'ultimo esempio di tale menomazione mi è stato offerto dalla lettura del Ricordo della Basca di Antonio Delfini, primo volume delle Opere dello scrittóre di Modena (ed. Einaudi). A me il «delicato-poeta» (come lo definisce Cesare Garboli nel risvolto editoriale) non pare affatto «un preludio di cromatismo appena wagneriano < sulfureo a un romanzo totalizzante e mai scritto», ma solo un caso di asfissiante provinciali smo, un esempio cioè tra tanti di quella cultura dello Strapaese che si credeva fosse defunta nel 1945, ma che inve ce sta risorgendo, viva é vege ta, e anche sotto le insegne e con il colore di una sedicente quanto dissuasiva apertura sinistra. Ma, ripeto, io sono cieco e sordo alle sottigliezze della odierna letteratura nostrana; se mi occupo del volume del Delfini, è perché il risvolto editoriale, scritto dal Garboli, contiene talune affermazioni degne di nota. Commentando' le (è superfluo precisarlo) non intendo minimamente giudi car male un critico letterario cosi acuto e sfumato. Dice il Gatboli che «Delfini scrisse questi racconti fra il 1933 e il '39tle li rivisitò, indignato di sé e di tutto, nel '56; così due tempi s'incrociano in questo libro, e due Italie. Una, che comincia a farsi moderna, industriale, e scoppiare di automobili; l'altra, che Delfini ha intravisto, da bambino; prima del fascismo, che il fascismo non riuscì ad uccidere; l'Italia dèlie strade di'campagna bianche e silenziose (come ancora oggi in Francia), quando il nostro Paese non era stato ancora venduto e ceduto a centrali dtvJrjffui intemazionali, rlkuiò' o sconosciuti o ai servizi segreti db Stùànansnieri, per detiarà: (prefitto), dà', una strategia di sviluppo dissennata e da un neocapitalismo miope, corrotto, assassino, ignorante, e produttore infaticabile dì criminalità». Lo stesso Gatboli aggiunge che «può sembrare strano che un risvolto editoriale figuri con questa clausola»; più che strana, la clausola è molto indicativa per una certa posizione mentale sui fatti italiani degli ultim ottantanni, posizione molto meno infrequente di quel che si possa credere. Cominciamo con «l'Italia delle strade di campagna bianche e silenziose»; essa appariva .tale, e come tale anche bella e'piacevole, a coloro che la potevano percorrere loto grado (ad esempio un'Isotta-Fraschini), non cer¬ torccsocmgrlsclbtsnaqssf ò' b o e o a o to a chi era obbligato a passare la vita lavorando sulle strade i campagna bianche e silenziose. Fra costoro-(legati ah bianco, accentuato dal polverone che erano anche costretti a respirate) c'era un personaggio,' oggi vivaddio sparito, lo «spaccapietre», questo. «omino» che molto spesso finiva i suoi; giorni affetto da silicosi. Che a riscontro di tragedie simili (e lunghe tragedie) l'Italia potesse apparire bella, pittoresca a chi, per nascita, si trovava dalla parte favorita, è un-'fatto ben preciso: come sempre, tutto dipende dal punto di vista. ; Ma passiamo al passo più notevole del Garboli, dove si afferma che «Il Delfìni scrisse questi racconti... quando il nostro Paese non era.slato ancora venduto e ceduto a centrali di traffici internazionali illeciti o sconosciuti o ai servizi segreti di Stati stranieri, per denaro (profitto)», ecc. ecc. Lo stesso Garboli dice che il Delfini scrisse questi racconti tra il '33 e il '39; ora, ci si dimentica del Patto di Londra, combinato nel 1914-1915 (quasi due decenni dunque prima dell'avvio di questi racconti), quando il Paese fu trascinato nella prima guerra mondiale, contro il Parlamento, contro la volontà delle maggioranze, contro gli impegni presi, cóntro la vita democratica della Nazione. ** E' interessante rilevare che, ancora oggi (1983), si serbi un ermetico silenzio sui moventi di tale episodio, che costò all'Italia più di 600 mila morti, più di un milione e mezzo di mutilati, innumerevoli dolori e disastri, e dal quale prese l'avvio una crisi che, tutto sommato, non si è ancora risolta. Ogni volta che ci si accosta a questo funesto capitolo (che, e superfluo insistervi, fu la prima causa del Fascismo), si levano fitte le fumate dei «Supremi Interessi della Pa/r^fe^s* da cui'sono na scosti o travisati i protagonisti 'dc^a'^fo^anWe'ri^al'chc portò! alle radiose giornate di maggio. Uno dei principali respon sabili, che si agitò freneticamente sulle pagine del Popolo d'Italia al.fine di trascinare il Paese nell'orrenda carneficina, viene oggi condannato . non già per questo suo ruolo (che scatenò le disgrazie italiane si no all'odierna situazione) ma per quel che fece in seguito Benito Mussolini viene oggi giudicato soltanto quale Duce del Fascismo, e non quale arrabbiato interventista, secondo cioè una scelta di giudizio che suona addirittura ridicola, E' delirante, a dir poco, la posizione di coloro che, dopo aver trascinato l'Italia ncll'im mane I strage, pretendevano poi che nulla cambiasse, e che tAalcrcmàg■ ò! o , e o a o o e tutto tornasse cóme prima. Alcuni di costoro (che dopo aver violato nei modi più delittuosi i principi della democrazia e della vita parlamentare, scoprirono i valori democratici e del voto nel Parlamento) sono stati riscattati àì\\'antifascismo, divenuto oggi, a sessantanni dalla Marcia su Roma, un comodo toccasana, buono a tutti gli usi.' ■' Valga l'esempio di Lùigj Albcrtini, il cui gelido cinismo nello spingere l'Italia in guerra è stato riconfermato dalle lettere da lui scritte D'Annunzio (e pubblicate anni fa da Pietro Chiara); anche lui subì un ritorno ai principi democratici quando Mussolini fo aveva emarginato, quel Mussolini che era salito al potere proprio in grazia dello spaventóso disastro. Quello delI'Albertini fu poi un antifascismo tutto speciale, che si potrebbe definire dorato (con la possibilità di accumu lare miliardi): un tipo cioè ben diverso da quello di chi moriva in prigione (vedi An tonió Gramsci) o veniva ab battuto a revolverate (ved fratelli Rosselli). Ma su tale argomento è indispensabile attendere che si conoscano i retroscena dell'intervento italiano, specie per ciò che riguarda il ruolo dei servizi segreti francese e inglese, e l'eventuale passaggio di fondi convertitori. Prima- delle cortine patriottarde o dell'antifascismo inteso quale professione purificatrice, l'Italia dalle strade di campagna bianche silenziose aveva scoperto altri detersivi per la propria coscienza: riti religiosi, battesi mi di strade, e, soprattutto, monumenti ai caduti. Ci sarà mai lo storico del l'arte che indaghi a dovere il simbolismo, lo stile e la varie tà di questi espiatori coagul plastico-celebrativi: che volume ne verrebbe fuori! Soprattutto se ogni monumento venisse accompagnato dalla cronaca precisa idjj)a, svia-. inaMglli.' razione! ariti* it ''GHftfeie^f'grStlfiWiVCTa^P;' sta delle vedove é degli orfanelli! Che tranquillità dava la prospettiva di trovare, tra di essi, un'abbondante scelta di personale di servizio a buon mercato. Senza sindacati, senza contributi per l'assistenza medica o per le pensioni, senza cassa integrazione, ì'«lla/ia dalle strade di campagna bianche e silenziose» era davvero un paradiso di bellezza per gl happy few; sono fiero che la mia famiglia non abbia mai fatto parte di costoro, e perciò preferisco l'Italia dalle strade asfaltate, quella che scoppia di auto, con tutti i suoi difetti (che non sono pochi), ma con la possibilità di denunciarli criticarli e raddrizzarli. Federico Zeri Spuspdaps