La Gravina, una «gatta» che graffia
La Gravina, una «gatta» che graffia All'Alfieri la «prima» della commedia di Tennessee WiHiquis, con le regìa di Sbragia La Gravina, una «gatta» che graffia Ma l'opera, a 28 anni dal debutto a New York con Kazan, pare invecchiata e il suo tema meglio svolto da «Dallas» o «Dynasty» - Buona prova del regista e degli interpreti TORINO — Non dirò — voglio confessarlo subito con franchezza — d'aver compreso i motivi «veri» della ripresa a ventott'annl dall'esordio (New York, Morosco Theatre, 23 marzo 1955, regia Ella Kazan, nomi che hanno il profumo di un'epoca ormai tramontata) della Gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams, vista l'altra sera all'Alfieri, regia di Giancarlo Sbragia, protagonista Carla Gravina. Al di là di quel titolo, che potrebbe alludere a chissà quali tormentoni erotici, c'è forse (ma nella memoria del soli adulti) 11 ricordo del film' di Richard Brook, ch'e del '68, con una Taylor ancora in carne e un Newman in gran forma. Per il resto, per tutto 11 resto, la commedia (tre atti, due ore e trenta di spettacolo) mi è parsa di una inattualità disarmante. Siamo ormai insensibili al profondo Sud, alle piantagioni di ventiduemila ettari sul delta del Mississippi, alle mogli mal coperte, al subconscio omosessuale dei mariti, al cancro che ti ghermisce nel pieno del tuoi sessantaclnque, alle susseguenti contese patrimoniali: per la semplice ragione che questi ed altri temi che un drammaturgo allora quarantenne distillava con indubbio mestiere e con un tocco di dolorante autobiografismo (anche lui del Sud, anche lui omosessua- le) sono diventati trito midcult, logora sottocultura: e a dirla tutta, vengono conditi e rlcondltl settimanalmente sul piccolo schermo da quegli eccellenti (a modo loro) mestieranti che sono gli sceneggiatori di Dinasti/ e di Dallas. Dirò Invece, dopo questa confessione di patente incomprensione, della regia di Sbragia, che ha opportunamente deciso di non storicizzare 11 drammone, di non obbligarci a sentirci nel pressi di Memphis: e a parte un domestico di colore, e una facciata di tenuta palladiana là sullo sfondo, ha piuttosto puntato sull'idea agonistica che informa il copione: l'idea di scontro, di contesa (e, nella conte¬ sa, di continua confessione, di messa a nudo di sé), che lo scenografo Vittorio Rossi ha esemplato in quella rotonda circolare appena rialzata e periodicamente rotante ch'è la camera da letto di Maggie e Brlck: con uno specchio a vista del pubblico, in cui 1 personaggi a turno si riflettono e si scoprono, metaforicamente, allo spettatore. E dirò, soprattutto, della bella resa degli interpreti: che, dopo un iniziale smarrì mento, nutrito da qualche pensiero non proprio reve rente per l'Impresario Lucio Ardenzi, mi sono concentrato sul lavoro degli attori, come se quello che ascoltavo non fosse, per l'appunto, 11 fluviale Tennessee di recente scomparso: e da questo stranlamento ho tratto sensazioni confortanti, La Gravina, in particolare, mi è parsa assai persuasiva. Sulla sensibilità e sulla dedizione dell'attrice non avevo dubbi: ma qui sembra aver messo certa inquietudine (che cova, probabilmente, sotto la sua scontrosa timidezza) al servizio delle frustrazioni di Maggie, sembra parlarci di una sua qualche sopita rabbia attraverso le rabbie di lei: e lungo tutto il primo atto, in cui signoreggia tra letto e proscenio, è splendida per un'aggressività che di continuo si stempera nella malinconia e nello sgomento. . - . Molto notevole 6 anche la prestazione di Roberto Alpi, al suo esordio in un ruolo da coprotagonlsta, dopo prove minori col compianto De Lullo; sobrio, nel gesto, contenuto nella voce elegante, fa un Brlck chiuso a riccio nella sua disperazione. E Mario Carotenuto cosi perentorio, cosi secco e brusco, eppur tenero sotto ruvida scorza, strappa applausi a scena aperta nel ruolo del patriarca malato. A posto gli altri, con una nota di simpatia per la matura professionalità di Gianna Plaz. Applausi affettuosi e in-' slstlti a teatro gremito. Guido Davico Bonino ypgg pRb li li ll'di Roberto Alpi e Carla Gravina in Una scena de «La gatta sul tetto che scotta»: assai persuasiva lei, notevole lui all'esordio
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