Inelda farfalla di ferro di Vittorio Zucconi

Imelda farfalla di ferro LA MOGLIE PI' MARCOS TRA FAVOLA E TRAGEDIA Imelda farfalla di ferro La presidentessa delle Filippine, «Miss Manila 1953», è ancora bella - Nata da una famiglia in miseria, è una delle dieci donne più ricche del mondo - Amica di miliardari e capi di Stato, voleva diventare una leggenda - Ora è al centro di malignità e sospetti - «Sente l'odore dei soldi come uno squalo sente il sangue» - Ma forse è l'ostaggio dei suoi cortigiani DAL NOSTRO INVIATO MANILA — Ha irritato Papa Wojtyla e ha intenerito Mao Tse-tung. Ha cantato per Lyndon Johnson e ha ce-,, nato con Gina Lollobriglda. Ha quattro lauree ad honorem, diciassette presidenze di fondazioni e istituti, tre incarichi di governo e dice di se stessa, con un guizzo malizioso degli occhi ancora stupendi: .Sono soltanto e soprattutto una moglie». Sua madre mori tossendo sangue, di polmonite fulminante e di miseria, in un garage di Manila allagato dai monsoni e adesso lei è fra le dieci donne più. ricche del mondo. L'ho vista un giorno di metà ottobre mentre piantava in diretta melanzane e finocchi in un'aiuola del palazzo presidenziale di Manila, per insegnare ai filippini che le verdure sono meglio dei fiori, specialmente quando si ha fame. Le luci della televisione di Stato la avvolgevano come, una madonna asiatica appena un po' troppo vissuta. A 53 anni ancora bella in un Paese di donne bellissime, e di uomini sparuti e un po' febbrili, che ormai appassionatamente la odia e la vuole cacciare. Imelda Remedios Visitacion Romualdez Marcos non è certo «solo la nioglle» del presidente filippino Marcos: è stata una favola. Sperava di diventare una leggenda. Forse sarà una tragedia. «Mi piaci, cara ragazza, le disse Mao Tse-tung, che si poteva permettere questa e ben altre confidenze politiche, perché i giornalisti occidentali scrivono sempre su di te cose pestifere». La battuta è carina ma, come tanti dei pensieri del «Grande Timoniere», è falsa. Non sempre e non tutto il mondo della stampa occidentale ha scritto velenosamente di questa donna straordinaria e oggi divenuto la figura cruciale nel penóso crepuscolo del regime' Marcos. Al ■contrario: per alcwni^'aiìht tnébrìantt; ■dopo l'elezione del mariurvP~\ la presidenza nel '64 e prima della legge marziale die lo tiene illegittimamente al potere dal 1972, l'ex «Miss Manila 1953» fu il cucciolo prediletto del jet set internazionale, soprattutto nuovayorkese, che ne riverberò sulla stampa la silhouette graziosa e apprezzata. Basterebbero i soprannomi di cui è stata gratificata per provare quanto ai sbagliasse il presidente Mao: «La farfalla di ferro», «L'orchidea che non appassisce», la «Rosa di Takloban» (la sua regione), «La cenerentola del Pacifico», «Alice nel paese delle meraviglie». Il presidente Johnson le scrisse per dieci volte, sul menu di una cena ufficiale alla Casa Bianca, «from Lyndon to Imelda wlth a. and a.», con «affetto e ammirazione*, dopo che lei, facendo impallidire gli invitati, si era alzata e aveva improvvisato un canto filippino in onore del presiden te. I Rockefeller la invitavano nella propr,d casa di New York («mio- Dio, confessò Imelda, gli americani quando sono ricchi sono ricchi davvero»/ i banchièri si contendevano l'onore Si aprire crediti a lei e alle Filippine (e oggi sono in centoventi banche internazionali a piangere su 20 miliardi di dollari in prestiti andati a male), i settimanali americani facevano la fila per avere interviste che lei spolverava dt risposte agrodolci, insleme.jgoffe e astute,, sempre appetibili: «Quando si va a trovare un povero, bisogna vestirsi bene, perché ai poveri place vedere un po' di ricchezza». «Dicono che faccio parte del jet set e non capisco lo scandalo: dovrei forse andare a New York remando?». «Non bisogna mai indossare diamanti a New York, perché c'è sempre una donna che ne avrà, addosso uno più grande. Meglio le perle*. Che spontaneità, che freschezza, che divertimento, per un mondo di miliardari, capi di Stato, ambasciatori, giornalisti, soffocati nel tedio delle conversazioni stereotipate e delle interviste di maniera. E basta confrontare questa luna di miele internazionale con quanto ne scrive e ne pensa ora il mondo dei media e del business per aviere la mistura, della caduto, dal- cielo: «La nuova Isabellta Peron»: «Un'altra Chiang Chlng». «Caterina di Russia e Ivan il Terribile messi insieme», come disse il senatore Benigno Aquino dall'America, prima di essere ammazzato al ritorno. Banchieri sono caduti in disgrazia per aver continuato a concedere crediti. «Imelda è il più grande minatore del mondo», vi dicono i venditori ambulanti della città, perché in inglese «miniera» e «mio» si dicono allo stesso modo, «mine», e ovunque la signora vada, nelle Filippine, può dire questo è «mine», mio, mio, mio. E' dentro ad almeno 900 società, bisbigliano a Manila. «Insomma che volete fare, c'è chi è furbo e chi non lo è», disse a un giornalista di Newsweek, con un battito delle sue ciglia lunghissime. «Sorry, no tiengo pelos en la lingua» confessò in spagnolo, che è ancora la lingua dei potenti. «Sente l'odore dei soldi come uno squalo sente 11 sangue di una cernia ferita, a chilometri di distanza», sibilano al palazzo della curia, dove si annida, nel segno di santa madre chiesa, il grumo più forte di odio per Imelda Marcos. «Quando Giovanni Paolo II venne nelle Filippine, mi racconta un intellettuale cattolico che è anche il più ascoltato consigliere laico del cardinal Sin, la first lady cercò di sponsorizzare 11 viaggio, di agganciare a se Stessa la figura del Pontefice. Volava col proprio aereo personale e un guardaroba di 200 bauli,, atterrava in anticipo e si faceva trovare, dai Pontefice al piedi della scaletta, sempre con un abito diverso, sotto le luci della tv. A un certo punto il Papa si spazienti e ostentatamente, deliberatamente, voltò le spalle a Imelda e girò dall'altra parte dell'aereo per evitarla». Non tutto quel che si racconta di lei può essere vero. Ma ne basterebbe una parte per alimentare una leggenda. Nel 78, dopo una serie di viaggi all'estero con due aerei a disposizione «Per i bagagli e gli amici», la Phllippines Airlines presentò al palazzo presidenziale un conto di 3 milioni e mezzo di dollari, allora circa 3 miliardi di lire. Annota il Wall Street Journal: «Sarà una coincidenza, ma poco dopo il governo decise di nazionalizzare la compagnia e il debito di viaggio spari inghiottito nei nuovi bilanci*. «Vendicativa, io? Sono troppo sensibile e vulnerabile di carattere per vendicarmi», ribatté Imelda a Dick Chesnoff di Newsweek. Eppure a Manila tutti sanno che se un certo signore non diverrà mai governatore della Banca Centrale, è perché nel 1956 strapazzò unimpiegata di banca che pretendeva di tenersi il resto dei soldi per le sigarette, e quell'impiegata si chiamava Imelda Romualdez. Lei stessa ammette che gli uomini d'affari che non contribuiscono alle sue iniziative ricevono la visita della finanza, e piangono. Con il marito, il presidente sessantaseienne, ormai allo stremo delle forze fisiche (si parla di una dialisi renale al giorno, e dosi massicce di steroidi), la «prima signora» è ormai la padrona, e forse l'ostaggio, della masnada di sicofanti, cortigiani, generali, che occupano «Palazzo Malacanang». Tutti sono convinti, e nessuno ha prove, che sia stata lei, non il marito, a puntare il dito sul senatore Aquino e deciderne la fine il 21 agosto, con l'appoggio del capo di Stato maggiore, il generale d'aviazione Fabian Ver. Una simbiosi esercito signora .puntata al dopo Marcos. Ripeto, nessuno ha prove. Ripeto: tutti ci credono e come sempre in politica, questo conta. «Come possono dimenticare tutto quello che ho fatto per le Filippine?», ripete ossessivamente agli amici. Uri gigantesco centro culturale, quale non esiste forse in nessuna nazione europea, un ospedale di cardiologia da far invidia a Houston, per il quale fece venire a Manila, come consulente, Christian Barnord. Quattordici alberghi modernissimi e di gran lusso costruiti in due anni. Un programma di pulizia della città che dà lavoro a decine di migliaia di disoccupati Opere di regime, ribattono gli oppositori, brioches di cemento armato gettate da questa «Maria Antoinette» tropicale a un popolo che vive a milioni in baracche. Il centro culturale e il nuovo «Palazzo dei Congressi» costano . decine di milioni di dollari, mentre i maestri di scuola guadagnano, quando va bene, 50,60 mila lire al mese. La clinica cardiologica ha soltanto cento letti, sia pure attrezzatissimi, e negli ospedali dì provincia mancano le macchinette per l'elettrocardiografia. Gli alberghi sono vuoti, e operano in rosso, offrendo sconti dei 40 per cento ai clienti. ..,;.,„.., Distribuisce forni ai poveri, ma quanti ne distribuisce agli amici e a se stessa? Come ministro delle Risorse umane e presidente della Commissione che governa «metroManila», Imelda smazza ogni anno un budget da mezzo miliardo di dollari, attraverso i barangay, la rete dei «responsabili di quartiere» che lei ha creato. «Ricchezza? Ma quale ricchezza: non saprei che farmene. Al massimo si può indossare un abito e un paio di scarpe per volta, no?», risponde la signora, che possiede un guardaroba di quattro stanze, e una collezione ineguagliata di «terno», la tunica di seta, con le spalle altissime, come ali di farfalla. Giura di non avere ambizioni di successione, di volersi ritirare a far «la moglie e la madre», per i suol tre figli grandi, e «la serva» per il suo popolo «cosi bruno, cosi dolce, cosi affettuoso» e naturalmen te nessuno le crede. Ha avuto la forza di uscire dal vecchio garage allagato e conquistare il palazzo, ma le manca il coraggio di uscirne per tempo, prima che il popolo «dolce e bruno» delle settemila Isole Filippine prenda la via della Bastiglia. Oggi di fronte a lei c'è un avversario implacabile, una piccola signora in nero, dimessa e miope: la vedova di Ninoy Aquino. Davanti alla tomba del marito, gli occhiali spessi sul naso, Cory Aquino legge ogni giorno il suo messaggio per la «Rosa di Takloban»; vattene. Povera Imelda: ha passato la vita a dominare e affascinare gli uomini. E la sua nemesi è una donna. Vittorio Zucconi Manila. La «first lady» Imelda Marcos saluta l'attore Klaus Kinski durante l'ultimo Festival del cinema filippino (Tclcfoto Ap) ii d h li