Proibire il peccato di Sergio Quinzio

Proibire il peccato MENTRE SI CHIUDE IL SINODO Proibire il peccato Si avviano alla conclusione i lavori del Sinodo dei vescovi su riconciliazione e penitenza. In discussione è anzitutto la confessione: dietro la facciata post-tridentina che con il suo chiaro disegno giuridico traccia precise linee divisorie tra peccato originale e attuale, mortale e veniale, tra accusa e assoluzione, il palazzo è crollato. In tutte le chiese del mondo ci si confessa sempre meno, e quasi mai dei «peccati sessuali» che fino a ieri -erano il cavallo di battaglia dei-moralisti. Questa situazione è piuttosto l'effetto che la causa delle incertezze e del disorientamento che travagliano teologi e pastori. Al Sinodo il vescovo ausiliare di New York, Austin Vaugnan, ha detto che"! «la gente si sente dire da un'autorità ecclesiastica che bisogna fare una cosà, e da un'altra che • non è necessario; si sente dire da una parte che è proibito fare una cosa, e da un'altra parte che invece è possibile». *★ Vescovi del Terzo Mondo auspicano l'estendersi delle assoluzioni generali, senza con fessione auricolare. Altri vogliono, al contrario, un maggior rigore nella disciplina penitenziale, con il ritorno alle penitenze pubbliche. C'è una spaccatura tra i Padri sinodal: che, ligi alla tradizione, insistono sul peccato personale e quelli che mettono in primo piano, anziché le' norme ecclesiastiche, gli* aspetti sociali, e anzitutto l'insufficienza della Chiesa di fronte alle strutture ingiuste, causa a loro volta di peccato, che dominano il .nondo. Il Sinodo è consultivo, e il Papa ha già deciso. Sicché la spaccatura, al termine dell'in; contro dei vescovi, prcvedibil mente non si vedrà più', ma resterà sotto l'intonaco fresco. La crisi della penitenza è vecchia quasi quanto la fede 0Jfcrrstiana. Oggi accade seihpirj cernente' che i suoi ' millenari nodi, sotto il. premere diligenze contrastanti, vengano al pettine. Tutto quello che nelsacramento della confessione appare come dottrina immutabilmente certa — l'obbligo di confessare a un sacerdote i peccati mortali per poter accedere alla comunione, la possibilità di ottenere sempre nuove assoluzioni — era sconosciuto alla Chiesa antica e ancora non ben stabilito in quella medievale. Dietro il mutare delle forme storiche si vede chiara- mente l'incertezza della dottrina. Alle origini, i battezzati cclrltsrEcricd i che commettevano colpe gravi come l'apostasia, l'omicidio, l'adulterio suscitarono un vero scandalo teologico. Se Paolo dice che nel credente, morto con Cristo, vive Cristo risorto, come dunque può ancora peccare? Nella Lettera agli Ebrei si legge qualcosa di ancora più decisivo: «Se'vohntariamenle pecchiamo dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non c'è pia sacrificio espiatorio, ma una terribile attesa del giudizio e tardare'del fuoco che deve divorare i nemici» (10, 26-27). La croce cancella ogni colpa, ma è l'estrema possibilità, oltre la quale non c'è che l'assoluta condanna. Le aporie della disciplina penitenziale cominciano non appena, delusa l'attèsa del prossimo ritorno di Cristo,- ci si trovò costretti a fare i conti con il protrarsi della storia del mondo e con il perdurare della condizione dell'uomo che, sebbene redento, non si mostra più capace di bene di quanto lo fosse prima della redenzione. ■■ I secoli presentano tentativi di soluzione diversi, avanzanti verso la dissoluzione del senso |dcl peccato, che il credente non può non considerate in qualche modo vinto, pur facendo continuamente l'esperienza del contrario. L'antichissimo libro di Erma annuncia un perdono unico, eccezionale, accordato ancora all'umanità del suo tempo, che non si sarebbe mai più ripetuto. Si giunge poi ad ammettere, non senza contrasti, la reintegrazione nella comu nità cristiana dei rei di gravi colpe, dopo un periodo di penitenza pubblica, con cilicio, digiuni e astensione da ogni attività sessuale (quest'ultima anche dopo la solenne riconci liazionc ad opera del vescovo). La penitenza poteva avvenire una sola volta in vita, è unica come è unico il battesimo. Lo affermano Giustino, Ambrogio A&ostinq., 1 fedeli sia per :il ■ timore*" 'd'incòfttré' in' nuove e iioH'più'' perdonabili colpe, sia pei sot trarsi a sacrifici troppo lunghi e aspri, tendevano a spostare la penitenza verso la fine della vita, e molti peccatori pubblicamente riconosciuti tali restavano così nella Chiesa senza poter partecipare all'eucaristia. La situazione divenne tale da obbligare a concessioni Dai monasteri irlandési partì nel sesto secolo un movimento che, in analogia con il diritto barbarico, stabiliva una corrispondenza tra peccati, da confessare privatamente, e re¬ lainsNTleCinucvcptdncdaadmpg *" '' lative penitenze, rinnovabili indefinitamente. La nuova prassi non s'instaurò senza gravi difficoltà. Nel 589 il terzo concilio di Toledo la definì una «esecrabile presunzione»; il concilio di Chalon-sur-Saóne, tra il 644 e il 656, la giudicò «una medicina dell'anima utile a tutti gli uomini». Dopo altri concili che ordinarono il ritorno alla vecchia pratica canonica,'fu il concilio latcranense IV a imporre la nuova come obbligatoria almeno una volta aianno. lira aperta la via ad altri addolcimenti. Le penitenze vennero commutate in preghiere, che poi poterono essere dette da altri per il penitente, anche a pagamento. E per sfuggire agli abusi conseguenti s'introdussero le indulgenze, che come insegna la storia daranno poi luogo ad abusi anche peggiori. Si giunse cosi alla confessione auricolare come noi la conosciamo, in cui la penitenza assume carattere simbolico. Ix tappe successive si profilano già al nostro orizzonte. Se si guarda con attenzione l'evoluzione, o involuzione, della penitenza, si scoprono, altre incongruenze e contraddizioni. La formula penitenziale che per i cristiani d'Oriente, e per quelli. d'Occidente fino al dodicesimo secolo, era deprecatoria, consisteva cioè, in un'invocazione del perdono, è divenuta assolutoria: «Ugo te absolvo a paccalis tuis». Per questo gli ortodossi possono anche oggi confessarsi a monaci laici. C'è poi da considerare che nell'antica prassi pubblica la riconciliazione era concepita come il frutto della penitenza riparatrice; mentre nella prassi successiva la penitenza non è elemento costitutivo, non è dovuta per l'assoluzione della colpa ma, in connessione con la concezione del purgatorio, còhié^i^lr'teilteofw-actessorià'/'Dòve'si' può andare, ehinfti.^|»|f|f(lnP,^^ali modifiche non potranno rendere coerente do che coerente non è stato mai. Ripercorrere la via a ritroso appare impossibile, si potrà al massimo rallentare, con qualche brusca frenata, il cammino in avanti. Andare avanti significa procedere verso la completa cancellazione di ogni senso di peccato o di colpa. E proprio quando la cancellazione ci ha già resi privi di parole di fronte ai crescenti orrori che ogni giorno le cronache planetarie ci esibiscono. Sergio Quinzio

Persone citate: Ambrogio A&ostinq, Austin Vaugnan, Chalon

Luoghi citati: New York, Toledo