E' morto « El campesino» della Repubblica

E' morto « El campesino» della Repubblica La drammatica avventura politico-militare del generale spagnolo nemico di Franco e di Stalin E' morto « El campesino» della Repubblica MADRID — Valentin Gonzales, 'El campesino», è morto giovedì sera a Madrid in seguito a una lunga malattia. Aveva 74 anni. Ex anarchico, ex comunista, ex comandante del prestigioso Quinto Reggimento dell'Armata Repubblicana (con lui c'erano Vittorio Vtdalt e Enrico Castro Delgado), «El campesino» fu una delle figure leggendarie della guerra civile spagnola. Il suo nome anagrafico era Valentin Gonsales, via il nome con il quale lo conosceva e lo ricordava il mondo è quello di «El campesino», U contadino. Nato a Malcocinado nel 1909, da ragazzo era stato minatore. Entrato a far parte del partito comunista, si mise in luce per il suo coraggio in varie battaglie e a 28 anni era già generale della Repubblica. Sopravvissuto alla guerra civile, a undici condanne a morte, alla Siberia dove l'aveva relegato Stalin, all'indigenza, alla dissacrazione televisiva (anni fa lo facevano comparire in uno show come una macchietta), è finltoscomodo e dimenticato personaggio.- La sua odissea all'estero cominciò nell'aprile 1939, pochi giorni dopo la caduta di Madrid. Riparò in Unione Sovietica dove venne ammesso all'Accademia dell'esercito, vi rimase sino al 1941, quando fu espulso con l'accusa di trotzkista. Ormai in disgrazia. l'ex generale venne condannato al lavori forzati per la costruzione della metropolitana dt Mosca; successivamente fu deportato nell'Uzbekistan, donde fugglln Iran. Catturato da agenti sovietici a Teheran e riportato in Urss, scontò tre anni di lavóri forzati e regime duro in Siberia. Fuggi ancora nel '48 in Iran e poi Ir. Francia e in altri Paesi; finalmente, nel 18, tre anni dopo la morte del Caudillo, tornò In terra dt Spagna, dove rimase sino alla morte (El campesino soffriva di cancro alla mandìbola). ' La sua vita e stata un libro aperto, tutti sapevano tutto di lui. In esilio pensava sempre alla Spagna, ci pensava ogni notte. 1 ricordi per lui, erano come una malattia: la malattia di pensare alla rivoluzione, alla patria, ai morti. Sotto la dittatura franchista tornò in Spagna ventuno volte, clandestinamente. Aveva amici, guerriglieri e parenti con i quali si teneva In contatterper lettera o per telefono. Alcuni si ricordavano di lui, altri un po' meno. Ma dt «El campesino» e di quello che aveva fatto si ricordava lui stesso: gli incontri con Manuel Asafla e Negrln e, soprattutto, le grandi bevute con Hemingway. «un bevitore — dlceua — in grado di bau ere anche me». Il ricordo che «El campesino» aveva di Franco si fissava sul bar di Calle Sevtlla, a Madrid, nel '35. quando l'ex minatore comunista minacciò ti futuro Caudillo di aprirgli la pancia con un coltello «e lui non accettò la sfida, perché era stato sempre un vigliacco». Di Stalin ricordava un feroce aforisma: quando lo vide per la prima volta a Mosca, Il dittatore disse dt lui: «Mi sembra un bravo ragazzo». «Che porco — commentò El campesino —. Io ho rivoltato un Paese. E sputai per terra». Alla fine, accettò in silenzio la monarchia costituzionale di Juan Carlos. Diceva: «Penso che la Spagna debba avere oggi tutte le libertà costituzionali. E che oggi 11 popolo ha una sola via d'uscita: una Repubblica con Uberi sindacati e partiti indipendenti», f, t.

Persone citate: Enrico Castro Delgado, Hemingway, Juan Carlos, Manuel Asafla, Stalin, Valentin Gonzales