Il «filtro» assurdo

Il «filtro» assurdo I meccanismi che paralizzano il Parlamento Il «filtro» assurdo Il maxi-condono edilizio non poteva avere buona accoglienza; certe sue disposizioni erano francamente inammissibili e avrebbero comunque dovuto essere modificate. Ma il meccanismo con cui è stato «spacciato» alla Camera un pilastro della manovra finanziaria del governo è una piccola antologia di quelle assurdità procedurali che rischiano letteralmente di uccidere anche il nostro Parlamento. Questo meccanismo perverso si compone di due parti: il «filtro» di costituzionalità per i decreti-legge; il voto segreto. Il primo è una invenzione recente,, del 1981. Vi era, al fondo, la convinzione un po' ingenua che il crescente ricorso al decreto-legge (cioè all'immediata entrata in vigore di norme, -condizionate alla successiva approvazione delle Camere entro 60 giórni) fosse una mania ■ antiparlamentare dei governi. Si vedevano certi abusi, ma non si capiva la necessita crescente di decisioni urgenti, imposte dai tempi di una società sempre più compenetrata di Stato, ma anche autonoma nelle sue scelte economiche e nei sudi improvvisi malesseri. Si costruì cosi un drastico rimedio {preventivo: il decretolegge viene atteso olle soglie del Parlamento; non se he di scute il contenuto ma solò la confezióne esterna;. entro 7 giorni dal suo arrivo, la Camera che l'ha «incassato» per prima vota perciò sul quesito: c'era necessità ed urgenza di fare questo decreto? Se la Camera dice di no, il decreto, con quel solo voto, « immediatamente bocciato. Inutile dire che questo rimedio non .ha raggiunto alcun risultato, Pai 1981 ad oggi la sequenza; dei decreti-legge è in aumento (e lo sarà sino a che non si creerà una «corsia'preferenziale» per certi provvedi menti del governo). Tuttavia il meccanismo è rimasto, ih tutta la sua gratuità anticostituzionale. In effetti, né la nostra Costituzione, né alcuna delle Costituzioni moderne prevedono uno sbarramento di questo ti' po per la decretazióne d'urgenza dei governi. Nella Costituzione ci sono solo due ipotesi: la conversione in legge o la non conversione. Non vi è spaziò per una decisione procedurale che, prima di qualsiasi esame di merito in commissione e in assemblea, e prima quindi che il governo possa accogliere o meno anche radicali proposte di modifica, faccia cadere un provvedimento su cui il governo gioca, còme dice l'art 77 della Costituzione, «la sua responsabilità».. La seconda parte di questo ormai famigerato meccanismo procedurale consiste nel metodo di votazione, che deve essere segreto. E' notissimo che siamo soli tra tutti i sistemi parlamentari dell'Occidente a conservare questo residuo di parlamentarismo «in maschera» che ci viene dall'art 65 dello Statuto del 1848. La prima Assemblea libera dell'Italia postfascista, la Consulta, l'aveva infatti eliminato dal suo regolamento. L'Assemblea Costituente e la Costituzione furono certamente sulla stessa linea: fu il giovane Aldo Moro ad impedire, con un suo emendamento, che il testo della Costituzione ripetesse la prescrizione di segretezza del vecchio Statuto. Il regolamento della Camera che la riprese, nel 1949, si poneva dunque sicuramente fuori da una chiara evoluzione costituzionale. Ma tanfi, questo «specifico» italiano trovò e trova difensori che invocano, per difendere il diritto alla riservatezza dei parlamentari, l'enorme e reale fenomeno di distorsione istituzionale costituito dalla partitocrazia. Anche ammettendo però l'i-, potesi che i partiti italiani siano i più tirannici del mondo, si arriverà comunque ad un limite: ed. è ancora un limite della Costituzione. La quale, nella costruzione del governo e del suo programma e del rapporto fiduciario che lo lega al Parlamento, è tutta basata sulla pubblicità del voto. Che senso costituzionale ha consentire poi che si votino a scrutinio segreto i provvedimenti che di quel programma sono semplici pezzi di attuazione? Ecco: quando Giuliano Amato, sottosegretario alla Presidenza del. Consiglio, parla di «meandri del Parlamento» come di ostacolo massimo alla governabilità, allude esattamente a queste cose. Quando Giorgio Napolitano, capogruppo del pei olla Camera, osserva che «Il tarlo è nel governo, non nel voto segreto», dice una cosa' che può essere vera ma che non ha controprova, proprio perché i governi in Italia sono attanagliati da una condizione strutturale di fragilità parla mehtarè che dovrebbe preoccupare, per prima, uria opposi' zione che' si batte per l'alternativa. Nel gran gioco della reciproca legittimazione democratica, solo chi lascia governare la maggioranza, con i comuni mezzi delle democrazie parlamentari, può riscuotere la fidu eia necessaria a divenire esso maggioranza di governa Andrea Mansella

Persone citate: Aldo Moro, Giorgio Napolitano, Giuliano Amato

Luoghi citati: Italia