Morto Raymond Aron filosofo del possibile di Raymond Aron

Morto Raymond Aron filosofo del possibile Un grande maestro del pensiero europeo Morto Raymond Aron filosofo del possibile pAveva 78 anni - Stroncato da infarto a Parigi mentre usciva dal Palazzo di Giustizia - Aveva testimoniato a favore dell'economista De Jouvenel PARIGI — Raymond Aron, 78 anni, filosofo, sociologo, moralista, è morto ieri pomeriggio d'infarto. SI è sentito male mentre usciva dal Palazzo di Giustizia di Parigi, dove aveva testimoniato in un processo per diffamazione intentato dall'economista Bertrand de Jouvenel allo storico Zeev 8ternhell, autore del libro «Né destra né sinistra, l'ideologia fascista in Francia». Nel volume si afferma che de Jouvenel, nel 1924, aveva dato «un'impronta nazista e un ideale fascista» alla rivista «La lotta dei giovani», e lo si rimprovera di aver intervistato Hitler, nel '35, con «simpatia e compiacenza». Aron, ieri, aveva testimoniato in favore di Bertrand de Jouvenel. Un ultimo atto di dignità razionale. «Non si possono qualificare di fascismo tutti 1 giovani che, in quegli anni, sognarono di riconciliare nazionalismo e socialismo; erano disperati per la debolezza della democrazia e sentivano la guerra avvicinarsi. Sternhell, nella sua opera, non ha saputo calarsi nello spirito dell'epoca. Ha commesso un errore. Ha proceduto per insinuazioni: la peggiore delle diffamazioni». | E ' con un saluto, da lui stesso definito «laico», che Raymond Aron chiude le sue memorie, appena pubblicate ed 'esposte in questi giorni nelle vetrine dei librai parigini, colme un testamento puntuale. Scrive: «Con o senza Dio, nessuno sa, alla fine della vita, se si è salvato o perduto». Anche facendo un bilancio della proipria esistenza, davanti alla morte che l'aveva sfiorato di recente per un'embolia e che aspettava «senza paura e senza tremore», Aron ha espresso uno di quei giudizi sfumati, venati dal dubbio, senza ombra di messianismo, ai quali si è attenuto con non facile disciplina intellettuale nel valutare i grandi avvenimenti e le ideologie della sua e della nostra epoca. Non a caso si è definito «spettatore», sia pure impegnato, durante una lunga intervista televisiva, che quasi ottantenne lo aveva rivelato al grande pubblico, dopo decenni dominati da Jean-Paul Sartre: il suo «piccolo compagno» Sartre, come diceva ancora Aron affettuosamente ricordando l'appassionata amicizia giovanile, dopo, mezzo secolo di polemiche ideologiche, talvolta aspre, spietate. Una spietatezza che era stata soprattutto di Sartre, e che Aron comprendeva e-scusava, pur soffrendone, perché diceva che il filosofo dell'esistenzialismo era un moralista, e quindi era inevitabile che condannasse moralmente tutti coloro che assumevano atteggiamenti diversi dal suoi. Ed era proprio questo che allontanava Raymond Aron dagli intellettuali di sinistra e dalla sinistra, con la quale aveva spesso più affinità che con la destra. Lui distingueva in modo netto politica e morale. Per lui tutti i sistemi sociali sono imperfetti, e la politica non è la lotta tra il bene e il male, ma la scelta tra «le préférable et le détestable». Questo non significa escludere ogni morale dalla politica, ma evitare che la politica intesa come morale conduca a una visione del mondo manichea, qui il bianco là il nero, a un'indignazione virtuosa, al radicalismo, al fanatismo. Il francese Aron è stato un intellettuale più anglosassone che francese. Nel suo Paese ha appartenuto a una corrente liberale minoritaria. Oltre Manica e oltre oceano è stato più apprezzato. Per le giovani generazioni è apparso a lungo come un personaggio •retrogrado», troppo moderato, soprattutto negli anni del dopoguerra dominati dal marxismo e poi dalla rivolta e dalla dissacrazione del '88. Per Aron la democrazia implica due cose: una società e una nazione. In tempi in cui la priBernardo Valli' (Continua spagina 2 in prima colonna) Raymond Aron

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