Il mondo invisibile di Primo Levi

Il mondo invisibile COSTUMI DEGLI «ANIMALCULI» Il mondo invisibile Mio padre, che frequentava da esperto tutti i banchetti di ■via Cimaia dove si vendevano libri usati, mi portò un giorno a casa un volumetto elegantemente rilegato, stampato a Londra nel 1846, il cui titolo, a un tempo modesto e pretenzioso, era Pensieri sugli ANIMALCULI; ossia, uno sguardo ìul MONDO INVISIBILE rivelalo dal Microscopio, di G.A. 'Mantell, esq., LLD., F.R.S. (e cioè Nòbil Uomo, Dottore in 'Legge, Membro della Società "Reale). ÀI titolo seguiva una :dedica altisonante «Al nobilissimo Marchese di Nortbampton» .che si protraeva per dodici ri>ghe, alcune delle quali in ca-ratteri gotici. Avevo quindici anni, e fui immediatamente folgorato: soprattutto dalle illustrazioni, poiché non conoscevo una paiola d'inglese. Ma mi comperai un vocabolario, e.constatai con lieto stupore che, a differenza dal latino, bastava questo aiuto per capire tutto o quasi: ossia, capivo benissimo il testo del signor Mante!!, in cui si descrivevano con,candida precisione gli aspetti ed i costumi degli «animalculi»; capivo assai meno della prolissa prefazione, in cui si citavano Herschel e Shelley, Hobbes e Byront Milton e. Locke, e molti altri spiriti eletti che si erano in qualche modo occupati delle cose invisibili sospese tra la terra e il cielo. ■ Ebbi l'impressione1 che l'autore francese facesse un po' di confusione fra le cose che non si vedono perché sono troppo piccole, e quelle altre che non SÌ vedono perché non ci sono, come gli gnomi, le fate, i fantasmi e le anime dei morti; ma l'argomento era così affascinante, così diverso dall'insegnamento che mi veniva somministrato dal Regio Ginnasio, e così consono alle curiositi che nutrivo in quel tempo, che mi seppellii nel libretto per più settimane, con scapito del mio profitto scolastico, ma imparando en passimi un. po' di inglese. In epigrafe del libro stava un detto elettrizzante, al limi te fra lo scientifico e il visionario: «Nelle foglie di ogni foresta, nei fiori di ogni giardino, nelle acque di ogni ruscello ci sono mondi pullulanti di vita, innumerevoli come le glorie del firmamento». Sarà stato vero? Proprio alla lettera, nelle acque di ogni ruscello? Mi crebbe dentro, improvviso e doloroso come un crampo di stomaco, il bisogno di un microscopio, e lo dissi a mio padre. Mio padre mi guardò con occhio leggermente allarmato. Non che disapprovasse il mio interesse per la storia naturale: era ingegnere, aveva lavorato come progettista in una grossa fabbrica in Ungheria; a quel tempo vendeva e installava motori elettrici, ma in giovi' nezza aveva frequentato i circoli positivisti della Torino di allora: Lombroso, Herlitzka, Angelo Mosso, scienziati scettici ma facilmente illusi, che si ipnotizzavano a vicenda, leg gevano Fontenelle, Flammarion e Annie Besant, e facevano ballare i tavolini. Mio padre nutriva per la scienza un amore tinto di rimpianto, e non gli sarebbe spiaciuto che avessi seguito io la strada che lui aveva dovuto abbandonare per i casi della vita; tuttavia gli sembrava poco naturale che io adolescente desiderassi un microscopio in luogo delle molte cose allegre e concrete che il mondo offre, Penso che si sia rivolto a qual cuno per consiglio: sta di.fatto che dopo qualche mese il microscopio arrivò in casa. Visto con gli occhi del poi quello strumento non valeva molto: dava solo duecento ingrandimenti, era poco luminoso, é presentava aberrazioni cromatiche da far girare la testa, ma mi ci affezionai subito, più che alla bicicletta a cui ero arrivato dopo due anni di petizioni e di cauta diplomazia. Del resto, la bicicletta e i! mi croscopio erano in certa mi su ti complementari: senza bici eletta," e partendo dal centro urbano, come avrei potuto raggiungere i giardini, le foreste e i ruscelli di cui parlava il mio testo? Comunque, prima fitvmve di programmare una sortita, mi dedicai ad ' un inventario microscopico di quanto potevo trovare su di me e intorno a me. 1 capelli che mi strappavo avevano uri aspetto del tutto inaspettato: sembravano tronchi di palma, e guardando bene si distinguevano, sulla loro superficie, quelle minuscole scaglie grazie a cui un capello si sente più liscio quando lo si segue tra le dita dalla radice all'estremiti che-non viceversa: ecco un .prihno perché a cui il microscòpio dava una risposta. La radice del capello era invece piuttosto ripugnante, sembrava un tubero molliccio, e pieno di bitorzoli. a o a e n e La pelle dei polpastrelli era difficile da osservare,' perché era quasi impossibile mantenere il dito fermo rispetto al-, l'obiettivo; ma quando Ci si riusciva per qualche attimo, si vedeva un paesaggio bizzarro, che ricordava le terrazzante delle colline liguri- e i campi arati: grossi solchi rosei tran slucidi, paralleli, ma con im prowise curve e biforcazioni. Una chiromante'' munita di microscopio avrebbe potuto predirti l'avvenire con molti dettagli che non esaminando! il palmo della mano a occhio nudo. Sarebbe stato interessantissimo, anzi, in qualche modo fondamentale, esaminare il sangue e vedere i glòbuli rossi descritti nel libretto, ma 10 non trovai il coraggio di pungermi, e mia sorella (che del resto si mostrava singolarmente insensibile ai miei entusiasmi) rifiutò nettamente sia di pungere me, sia di lasciarsi pungere. Le mosche, poverette, erano una miniera di' osservazioni: le ali, un delicato dedalo di nayàturc r ÌricastóWe^f'n|t| membrana .trasparente, e. mete sccntc; gli occhi, un mosaico purpureo di mirabile regolarità; le zampe, un arsenale di artigli, peli rigidi e cuscinetti gommosi: pantofole, «uótè Vibram e ramponi condensati insieme. Altra miniera erano i fiori, belli o brutti, indifferentemente; dai petali non si ca vava molto (il mio ingrandi mento non era sufficiente a ri velarne la struttura), ma ogni specie depositava sul ' vetrino 11 suo polline, ed ogni polline era- bellissimo e specifico: se ne distinguevano i singoli granelli, architetture delicate ed eleganti, sferette, ovoidi, poliedri, alcuni lisci e lucenti, altri irti di creste o di spine, candidi, bruni o dorati. Altrettanto specifiche erano le forme dei cristalli che si potevano ottenere lasciando1 evaporare sul vetrino le soluzioni dei vari sali: il sale comune, il solfato di rame, il bicromato di potassio, e altri elemosinati dal farmacista; ma qui c'era qualcosa di nuovo, i cristalli si vedevano nascere e crescere «a vista d'occhio», qualcosa final mente si muoveva: il microscopio non era più limitato al l'immobilità dei vegetali e del le mosche morte. Era curioso che i primi oggetti in movi •mento fossero proprio gli og getti meno vivi, i cristalli del mondo inorganico. Forse quest'ultimo termine non era poi così appropriato. Anche nell'acqua dei vasi da fiori c'era movimento questo, anzi, non era solenne e ordinato come il crescere dei cristalli. Era invece turbolento e Vorticoso, da togliere il fiato: un pullulare tanto più frenetico quanto più stantia era l'acqua del vaso. Eccoli, infine, d o l gli' animalculi promessi dal mio testò: li potevo ravvisare sulle U illustrazioni, delicate, minuziose, un po' idealizzate, pazientemente colorate ad acquerellò (me n'ero accorto tocamddne. una con una gocciolina d'acqua). Ce n'era di grossi e di minuti: alcuni attraversavano il campo del microscopio in un baleno, come avessero fretta di arrivare chissà dove, altri gironzolavano-pigri come se pascolassero, altri ancora giravano stupidamente su se stessi: I più graziosi erano le vorticelle,:, minuscoli calici trasparenti che oscillavano come fiori nel vento, legati a un fuscello mediante-un filamento lungo ma così sottile darisultarc appena visibile. Ma bastava urta minima' scossa, sfiorare con l'unghia il fusto del microscopio, -e di scatto il filamento si contraeva a spirale e "apertura del calice si chiudeva. Dopo qualche istante, come se la paura gli fosse passata, l'animaletto riprendeva fiato, il filamento tornava ad allungarsi, e guardando bene si distingueva il piccolo vortice da cui le vorticelle traevano il nome: bruscolini indistinti roteavano intorno al calice, < sembrava che qualcuno vi ri manessc intrappolato. Ogni tanto, come se la sedentarietà fosse venuta a noia, una vorticella levava l'ancora, riti rava il filamento e se ne parti va alla ventura. Era proprio una bestia come noi, che si spostava, reagiva, mossa dalla fame, dalla paura o dalla noia O dall'amore? Il sospetto, soave e conturbante, mi venne 1. giorno in cui per la prima v.olta,.ero andato fino al Sangone in; bicicletta, e avevo portato a casa un campione d'acqua stagnante e di sabbia del torrente, che allora era pu"itó. Qui si vedevano mostri enormi .vèrmi lunghi quasi un millimetro, ' che . si torcevano come torturati; altre bestiole trasparenti, visibili a occhio nudo come puntini scarlatti che sotto il microscopio si rivelavano irte di anteAhe?6<>Aì ciuffi', c ff^tf^htfV&ftS, come pulci naufragate, Ma la scena era invasa dai parameci: affusolati, agili Storti come vecchie ciabatte, saettavano così veloci che per sègtìirli bisognava ridurre l'ingrandimento: navigavano nell'oceano della loro goccia d'acqua ruotando intorno al loro asse, sbattevano contro gì: ostacoli e subito si voltavano tripartivano, come motoscafi mpazziti. Sembravano in caccia di luce e d'aria, solitari ed affaccendati: ma ne vidi due frenare la corsa come se l'uno fosse accorto dell'altro, co èspiceme se si fossero piaciuti; avvi cinarsi; aderire stretti, e proseguire il viaggio insieme con passo più lento. Come se in. questo coniugarsi cieco scambiassero qualcosa, e ne traessero un misterioso infini tesimo piacere. Primo Levi

Luoghi citati: Londra, Ungheria