L'offensiva dei «giganti» dell'acciaio già partita da Bonn e dal Lussemburgo

L'offensiva dei «giganti» dell'acciaio già partita da Bonn e dal Lussemburgo SIDERURGIA ■ VIAGGIO NElll REGIONI EUROPEE DOVE E' CALATA LA «SCURE» di Charlerol, dove la crisi belga vive il dramma più grave. Ogni notizia di chiusura o di difficoltà sul mercato, qui a i mei | fa Lussemburgo è vissuta come una pugnalata, perché gli intrecci Bono molteplici, i legami stretti, le conseguenze avvertibili in prima persona. L'Arbed ha interessi diretti, inoltre, con le acciaierie della Sldmar, che sorge nella Fiandra belga, proprietà al 20 per cento del governo di Bruxelles, ma al 60 per cento della stessa Arbed. E' proprietaria poi al cento per cento della Arbed Saarstahal, in Oermania, che qualche tempo fa ancora era sull'orlo del fallimento vero e proprio. Nella Saar il governo tedesco è intervenuto per salvare le 18 mila persone che lavoravano nella siderurgia del Land, con aiuti consistenti, ma le cose continuano a non andar bene: gli investimenti fatti nel passato si sono rivelati sbagliati; le acciaierie elettriche e 1 nuovi laminatoi sono schiacciati dalla concorrenza del bresciani, e grane lnternazlonall'sl profilano all'orizzonte. Un deputato tedesco ha chiesto al governo se è logico che Bonn continui a pagare per far sopravvivere nel proprio territorio un'azienda che è proprietà totale di un paese straniero. Altri grattacapi in vista, dunque per l'Arbed. Ma i lussemburghesi sono gente coriacea: nella sede centrale dell'Arbed, In avenue de la Liberté, sembrano aver fatto proprio il motto che è di tutto il Granducato: «Noi vogliamo restare ciò che siamo». Non sono disposti, insomma, a rinunciare ad essere una grande potenza industriale nella siderurgia europea. DI fronte a una siderurgia tedesca che si sta organizzali do come si conviene a un primo della classe, progettando fusioni (l'unione dei colossi TJhyssen e Krupp sembra ormai'cosa fatta; potrebbe anzi essere annunciata-i giorni); dì-fronte al continui litigi fra 1 due giganti francesi Uslnor e Sacllor die di fatto stanno e t tepido fu ori causa la sii rftnoeee^ijhssi elicsi hanno un' piano ambi zloso. Sperano di riuscire a stringere un accordo di collaborazione con i belgi di Cocke.rill-Sambre e con gli olandesi di.Hoogovens. Integrali do tutti gli Impianti, e tenendo conto aia degli impianti Arbed nella,Saar, che della presenza lussemburghese nelle Fiandre, ecco disegnato un nuovo colosso della side rurgia, capace di reggere alla concorrenza tedesca, e so Bn prattutto di dare fastidi seri Non sarà certamente la siderurgia inglese a rappresentare un ostacolo all'espansione lussemburghese: la Gran Bretagna è il paese che ha dovuto tagliare più rudemente nell'occupazione siderurgica. (116 mila posti di lavoro in meno negli ultimi sei anni), ma con molti impianti ancora vetusti e una superproduzione In confronto al mercato nazionale e mondiale, i britannici sono ancora nell'occhio del ciclone; dovranno ancora tagliare e investire per,poter sperare di diventare competitivi. Non c'è neppure molto da temere da parte italiana, osservano a Lussemburgo: la siderurgia della nostra penisola — a parte la fetta di acciai prodotta dal bresciani, estremamente competitiva — è guardata con un certo distacco: Roma ha tardato troppo a rendersi conto della crisi e a prendere provvedimenti; sono stati fatti investimenti sbagliati (Bagnoli è un esemplo). In Italia, inoltre — per ragioni più politiche che commerciali, più sociali che logiche — si esita ancora a decidere che cosa fare, «e ogni giorno perduto è denaro die se ne va, e possibilità di recupero che vengono gettale», asserì sce un esperto dell'Arbed. E' qui a Lussemburgo ed a Bonn, insomma, che sta nascendo seppur con dolore e facendo numerose vittime — la strategia che potrebbe essere vincente domani nel ridisegnato mondo della siderurgia: grandi imprese a livello nazionale (In Germania), o a livello multinazionale (Lussemburgo. Belgio e Olanda), che potranno sperare di produrre a prezzi competitivi, senza aiuti e senza perdite. 'Perché è bene che tutti sappianò con chiarezza, alla Cee di Bruxelles e nelle altre capitali europee», sostengono proprio a Lussemburgo e a Bonn, 'Che. quando scadrà questa le periodo di lia*costretti a chiudere impianti, a licenziare decine di migliaia di persone, a cambiare stabilimenti e metodi, a investire e a innovare, non potremo più accettare che gli stati o la comunità diano aiuti alla siderurgia: varrà la legge di mercato, e null'altro». La fine del periodo degli aluti è fissata al 31 dicembre 1985, tra ventisei mesi appena: intenda chi può. Sandro Doglio (2. continua) L'offensiva dei «giganti» dell'acciaio già partita da Bonn e dal Lussemburgo In Germania l'unione dei colossi Thyssen e Knipp sembra ormai cosa fatta - L'Arbeg lussemburghese stringe alleanze internazionali DAL NOSTRO INVIATO LUSSEMBURGO — Si racconta — ed è vero — che prima di redigere il bilancio dello stato, il governo lussemburghese studi attentamente quello dell'Arbed, e vi si adatti. L'Arbed. colosso siderurgico di questo minuscolo paese, è la più grande azienda dello stato, è 11 massimo contribuente diretto e indiretto delle finanze granducali, è il punto di riferimento indispensabile per ogni discorso relativo al Lussemburgo. La siderurgia è l'attività principale di questo paese: ogni abitante produce teoricamente dieci tonnellate di acciaio grezzo l'anno (la media europea è di 460 chili? Quella dell'Italia 430 chili per abitante). Il 98 per cento della produzione lussemburghese viene ovviamente esportato. Qui la crisi della siderurgia significa crisi dell'intero paese. Oggi !■«■' Lussemburgo 12 mila pert. : lavorano ancora negli altiforni, nei laminatoi, nelle fabbriche che sfornano prevalentemente prodotti ■lunghi»: erano 20 mila nel Nuova Italsider 6,4 dl cut Taranto 5,7 Sollac 5,2 Hoogovens 4,9 Uslnor 4,8 Solmer 4,2 Thyssen 3,9 Fonte: stime Nuova Italsider 1977, e 16 mila all'inizio degli anni Ottanta. Il taglio è stato terribile: ottomila posti di lavoro in meno di sei anni, su una popolazione globale di 360 mila persone. E il domani è ancora molto difficile: secondo i piani della Cee, il Lussemburgo, cioè l'Arbed, dovrà ancora ridurre le proprie capacità di altre 500 mila tonnellate di acciaio, cioè quasi di quanto è già stato fatto. La gente se ne è andata con gli incentivi, i premi, le pensioni che l'azienda ha offerto con l'aiuto economico della Comunità Europea, o accettando di cambiare lavoro. Qualche centinaia di persone sono state infatti sistemate ampliando gli organici dei servizi- pubblici lussemburghesi. Ciò non toglie che la crisi della siderurgia abbia fatto sentire il suo fiato pesante su tutta l'economia lussemburghese, che sta conoscendo 1 suoi anni più difficili. Da Lussemburgo, il bacino francese in crisi di Metz e Longwy dista poco più di venti chilometri; a qualche decina di chilometri a est comin- eia la Sarre, con gli altiforni e le acciaierie tedesche; poco più a'nord, c'è la grande fascia siderurgica e carbonifera

Persone citate: Krupp, Land, Metz, Sandro Doglio, Thyssen