Longarone 1983 un paese smarrito di Giuliano Marchesini
Longaroiie 1983 un paese smarrito Crisi d'identità a 20 anni dalla tragedia Longaroiie 1983 un paese smarrito DAL NOSTRO INVIATO I LONGARONE — La piana di Longarone mette i brividi. Poi s'infila il paese, che ha una vita rifatta. La sera del 9 ottobre di vent'anni fa, Longarone fu spazzata: il pezzo di Monte Toc che piombò nel bacino del Vajont, l'onda gigantesca che scavalcò la diga e s'avventò sulle case, cancellandole, l'immensa distesa di fango. Duemila morti, che il Presidente della Repubblica commemora oggi qui. Vicino al municipio, c'è ancora qualche vecchia casa scampata al disastro. Il resto è. l'agglomerato della ricostruzione, qualcosa che pare lontano dall'anima di questo paese. A vent'anni dalla catastrofe, Longarone non ha finito di soffrire: le resta un senso di smarrimento, anche se i suol edifici sono razionali, sopra questa pianura che incute un senso di desolazione. Dopo la tragedia, la gente, di Longarone, di Erto e Casso è passata attraverso altri patimenti. L'attesa dell'accertamento delle responsabilità, 11 lungo corso della giustizia finito con due condanne. Conclusioni che non davano sollievo a nessuno. E quegli avvertimenti, sul pericolo costituito dal Monte Toc che mi- nacciava 11 bacino del Vajont, erano rimasti inascoltati. Per la popolazione di Erto anche 11 peso di quello scandalo dei passaggi di proprietà di licenze commerciali e per pubblici esercizi, basato sulle sovvenzioni dello Stato per 1 centri disastrati: licenze vendute per poche centinaia di migliala di lire da sinistrati che non s'intendevano di pratiche burocratiche a chi era piombato sul disastro del Vajont per speculare, cosicché con l'utilizzo del fondo nazionale si sostituirono negozietti, bancarelle e osterie con supermercati e discoteche. Adesso, dicono, Erto pare un -fantasma». Ci sono rimasti i vecchi, in maggioranza contadini. C'è 11 Comune nuovo, che si chiama «Vajont», dove si sono raccolt' i superstiti del paese. Ma la comunità ertana «s'è perduta». Anche qui, in prevalenza anziani: i giovani se ne sono andati a cercare lavoro nelle industrie di Maniago, di Pordenone. Il centro, si ripete, -non esiste più». E Longarone, anche se l'hanno rimessa in piedi, non è tanto diversa. Dice il sindaco, Ilario Venturoli, comunista: «/ finanziamenti li vediamo, sono serviti a ricostruire questo paese-. Ma il paese ha un volto che si direbbe quasi l'espressione di un'angoscia. Che Longarone sia stata ricostruita in modo difforme da quello che era il programma osserva il sindaco — è incontestabile. Non si sono seguiti certi criteri: ad esempio, i servizi sociali, culturali, scolastici, sportivi dovevano avere una collocazione precisa, invece il piano è stato stravolto». — Chi vive, ora, a Longarone? -Insieme con i superstiti, gente che s'è inserita con diverse attività commerciali, artigianali». Un paese martoriato che aspetta ancora il suo «decollo». Vent'anni non sono bastati, a Longarone, per venir fuori dalla desolazione. -Ridarle un ruolo preciso — dice . il sindaco — è ancora un problema, perché la situazione socio-economica è pesante. ' — Quale futuro, per questa -Longarone sulle cui spalle rimane'il pesò del disastro, per un paese che oggi commemora duemila morti, che ancora non riesce a ritrovare la sua identità? «Lo lianno chiamato — risponde Ilario , Venturoli — paese artificiale. Per togliergli questa specie di etichetta occorre creare posti di lavoro, perché i giovani possano restare, trovare qui la loro ragione di vita». Longarone attende a braccia spalancate il Presidente. Durante la cerimonia per questa «Giornata della solidarietà», anche La Stampa riceverà dal Comune di Longarone un «attestato di riconoscenza» per la colletta di Specchio dei tempi a favore dei paesi distrutti: in poche settimane vennero raccolti oltre 300 milioni (in lire di 20 anni fa). Giuliano Marchesini
Persone citate: Ilario Venturoli, Venturoli
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