Il sindaco e la città di Ezio Mauro
Il sindaco e la città Il sindaco e la città In quel 1975 che sembrava' l'anno della svolta, alle sei di sera dopo una raffica di risultati elettorali a sorpresa la Volkswagen bianca di Diego Novelli si mise in marcia dalla sede del pei verso il municipio. Ugo Spagnoli aveva la cravatta slacciata, risultato di un pomeriggio passato tra abbracci e riunioni per festeggiare il voto che portava il pei al governo di Torino. Novelli no: nello specchietto controllò che la cravatta fosse a posto, avvitala in uno di quei nodi giganteschi che fa ormai solo lui e poi parti al volante per un viaggio che aveva fatto centinaia di volte nei quindici anni da consigliere comunale. Via Chiesa della Salute, via Cigna, poi Porta Palazzo e quindi il municipio. Solo che questa volta arrivava da sindaco in pectore. Spagnoli, che per tutto il viaggio aveva fatto e rifatto il conto delle maggioranze e delle alleanze, quando la macchina frenò nel cortile, chiese: «E se quelli là rubano?». ('Parleremo chiaro subito — rispose Novelli scendendo —. Poi, se qualcuno ci prova, gli tagliamo la mano». Sulle scale e poi nei saloni, quel giorno di confusione tra i marmi e le strette di mano, gii stucchi e le congratulazioni, anche i vigili, mentre facevano il saluto, si chiedevano che sindaco sarebbe stato questo Novelli Diego di Borgo San Paolo, classe 1931, secco miope comunista e giornalista, placido o nervoso secondo i giorni. Poche notti dopo, prelevato d'urgenza da un'autoradio alla Birreria Mazzini, lo avrebbero visto piantarsi in mezzo all'atrio del municipio, fischiando con due dita in bocca come aveva imparato da ragazzo, in Borgo San Paolo, per convincere al silenzio un gruppo di sfrattati che era arrivato fin 11 con i Tigli e i materassi. Un misto di torinesità e di autorità: Novelli non lo sapeva ancora, ma un'impronta dei suoi anni da sindaco era già 11, in quel fischio dentro il palazzo del Comune. Non erano solo i vigili, allora, a studiarlo con attenzione. Dopo ventiquattro anni di amministrazioni democristiane, a Torino arrivava in Comune la «giunta rossa». Nessuno se lo aspettava, nemmeno lui, e ci sono le prove: aveva appena firmato un contratto per scrivere due libri, una storia del movimento cattolico popolare in Piemonte il primo, una biografia politica di Carlo Donat-Cattin il secondo. Rinunciò a malincuore. Il sindaco, a dire la verità, era un grande sogno, com'è naturale per chi passa quindici anni sui banchi dell'opposizione. Ma proprio la vecchia cultura d'opposizione gli ricordava che la «macchina» comunale era un'azienda complessa ed enorme, nei cui ingranaggi interni il pei contava poco o niente; gli alti burocrati del municipio erano lontani e onnipotenti (uno addirittura nella mitologia del pei era chiamato «Richelieu»); la città, poi, in quegli anni, diventava difficile da decifrare e da interpretare, per una sinistra da sempre portatrice — qui più che altrove — di una cultura «antagonista» e che adesso si Ezio Mauro (Continua a pagina 2 In sesta colonna) • A PAGINA 2 Archiviate patrimoniale e tassa sui Bot Zanoné: «Perché dico sì al condono»
Persone citate: Carlo Donat-cattin, Diego Novelli, Mazzini, Novelli, Novelli Diego, Salute, Ugo Spagnoli
Luoghi citati: Borgo San Paolo, Piemonte, Torino
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