Noi, mangiatori del frutto perduto

Noi, mangiatori del frutto perduto BUDAPEST: LA CONFERENZA DEL CLUB DI ROMA ANTICIPA UNA SVOLTA ALIMENTARE Noi, mangiatori del frutto perduto Non si può più estendere l'uso delle terre coltivate come immensi granai per metà destinati a nutrire bestiame da macello -1 sei miliardi di abitanti che la Terra avrà nel Duemila dovranno, perciò, mangiare sempre meno carne e rivalutare la frutta, le noci -11 ritorno all'albero DAL NOSTRO INVIATO BUDAPEST — Il consumo di carne era considerato un Indicatore della qualità della vita, perciò del progresso. La .sopravvivenza dell'umanità ci chiede per 11 futuro un modello alimentare diverso, suggerito da un intreccio di ragioni economiche, politiche, ecologiche: più frutta, più noci e: nocciole, meno carne. La proposta non arriva da dietologl desiderosi di lanciare una nuova moda ma da ecologi che hanno studiato 1 rapporti tra la produzione di alimenti e l'ambiente naturale, traendone questa conclusione: nonsi può più estendere l'uso del-, le terre coltivate come immensi granai (il 60 per cento della produzione - agricola mondiale), per meta destinati a nutrire bestiame da macello. La desertificazione e l'erosione del suoli assumerebbero tale gravita da vanificare lo sforzo per nutrire 16 miliardi di abitanti previsti nel Duemila. La salvezza sta nel ritorno alla civiltà dell'albero che produce alimenti e al tempo stesso arricchisce il terreno, lo conserva saldo, depura l'atmosfera. «Grano e granturco sono gli assassini dei continenti; ha detto alla Conferenza del Club di Roma il ricercatore statunitense Edward Passerini, già balzato alla ribalta per la sua previ' slone di un'agricoltura arnerl cana impoverita alla fine del secolo. •L'uomo si era nutrito per millenni di frutti forniti dagli alberi e aveva alimentato gli animali con ghiande e rifiuti agricoli mantenendo gli equilibri della natura. La nostra evoluzione è avvenuta grazie a noci e nocciole, non grazie a animali ingrassati coi cereali», incalza polemicamente Passerini. I rapporti organici tra produzione di cibo, uso delle terre non coperte da foreste, ambiente naturale, sono stati finora trascurati. Sulle leggi della biosfera prevalgono quelle del mercato del grano, della carne e dei latticini, che portano al massimo sfruttamento del suoli arabili. I Paesi più evoluti vantano le rese più alte per ettaro, col contributo della chimica che provvede alla crescita del grano, alla sua protezione dai parassiti, alla distruzione delle erbacce. Fosfati, nitrati, veleni sintetici, sembravano 1 nuovi amici del contadino e le nuove garanzie dell'abbondanza. Dal 1965 al 1980 fertilizzanti, pesticidi e diserbanti chimici hanno contribuito per 11 60 per cento all'aumento della resa per ettaro negli Stati Uniti. Le macchine continuavano a distruggere le foreste (quelle tropicali diminuiscono del 10 per cento l'anno) per offrire nuove vastissime terre arabili. Poi si è cominciato a osservare che dòpo alcuni anni di raccolti miracolosi 1» terra si impoveriva, tanto più nelle regioni totalmente denudate di alberi. In Africa 11 Sahara avanza di tre chilometri l'anno e 100 mila ettari diventano deBerto. Negli Stati Uniti e nell'Unione Sovietica 1 raccolti di cereali sono rovinati per un terzo da parassiti, bruchi,; lepidotteri, funghi, divenuti insensibili al prodotti chimici (oltre 16 mila varietà). 11 fosforo contenuto nel concimi chimici si riversa nel 'fiumi e nel mari con gravlssl-' mi danni alla flora e alla fauna si fissa nel suolo già Impoverito di humus dalla mancanza di foglie e di residui organici. Le grandi distese a grano e granturco si coprono ,dl polvere portata via dal vento e dalle piogge; comincia l'erosione. Per un quintale di cereali se ne vanno via due quintali di terra, nelle grandi fattorie del Nord America dove il 50 per cento delle terre arate abbisogna di un vero e proprio restauro. Nell'Unione Sovietica secondo l'accademico J. M. Gvlshiani, il 20 per cento delle terre arate è colpito da erosione; sono in corso lavori di ripristino su 40 milioni di ettari. Le terre prive di alberi diventano aride perché diffondono nell'atmosfera una polvere Inorganica che provoca fenomeni' fisici e chimici tali da ridurre la quantità di pioggia anche con cielo coperto. Lo avevano già comunicato a Londra, in un seminarlo del «Earth Scan» alla Royal Society, il climatologo americano Reid Bryson e l'ecologo egiziano Mohammed Kassas, che ritrovo quia Budapest. Al contrarlo, sottolineano gli scienziati, le foglie degli alberi diffondono nell'atmosfera una polvere organica, Invisibile, che provoca la formazione di particelle di ghiaccio ad alta quota e facilita le piogge. Le stesse foglie filtrano l'inquinamento atmosferico e producono ossigeno. Quando cadono creano nuovo humus. Le radici rinsaldano il suolo e 11 sottosuolo. Infine gli alberi, oltre a provocare la pioggia, mantengono la giusta dose di umidi tà e diminuiscono 11 bisogno di Irrigazione .artificiale. Il ritorno all'albero è imposto anche dal problema dell'acqua che non sarebbe sufficiente a una agricoltura sviluppata secondo le Vecchie tendenze. Soltanto lo 0,1 per cento dell'acqua del nostro globo (97 per cento oceani, 3 per cento acqua dolce) è disponibile per Irrigazione. Per rendere fertili 1 deserti, che coprono 11 40 per cento della superficie terrestre, occorre acqua in quantità enormi. Esistono le tecnologie per dissalare, riciclare acque usate anziché versarle in mare, utilizzare 1 ghiacci, ma potrebbero aumentare solamente di un quarto la disponibilità attuale. E* allo studio un progetto per trasportare acqua dal ghiacci dell'Alaska a ragion* aride del Messico. Purtroppo 1 mezzi a disposizione sono ridicoli di fronte a quelli impiegati per 1 progetti militari e spaziali. Dicono gli ecologi partecipanti alla conferenza del Club di Roma: 'Nonepossibile nutrire a sufficienza tutti gli abitanti della Terra (oggi 4 miliardi e 600 milioni) se non si cambiano i modelli di con¬ sumo e perciò la domanda di alimenti: Si dovrebbe incidere anzitutto sul costume del popoli più ricchi che vivono di carne e di altri prodotti aventi all'origine la cerealicoltura Non dovremmo convertirci da un giorno all'altro a una dieta a base di nocciole, di farina di carrube, di banane e di altri frutti, di olio d'oliva riservando 1 cereali alla pasta e al pane. Però la «rivoluzione dell'albero» è Improrogabile. Avrà benefici effetti sul clima, sull'ambiente naturale, sulla salute umana questi aggiunti ai benefici derivanti dal diminuito consumo di prodotti agricoli avvelenati dalla chimica Il rettore dell'Università delle Nazioni Unite a Tokyo, Miguel Urrutla, riferisce che la vita media in Giappone è di 74 anni per l'uomo, 79 per la donna e 1 giapponesi mangiano pochissima carne. Oggi la scienza è chiamata a correggere gli errori. Nel laboratori si studiano con più attenzione le piante selvatiche di alto fusto (250 mila specie) resistenti al parassiti senza aluto chimico; 11 primo vaccino delle piante è stato prodotto In Olanda lo scorso anno; si prepara la produzione in proteine dalla cellulosa e perciò dagli alberi, anziché dal petrolio. L'ingegneria genetica promette nuovi alberi capaci di produrre alimenti .senza concimi chimici (l'Unile ver avrebbe scoperto il gene di una pianta ohe dà un composto 1600 volte più nutriente e più dolce dello zucchero). Si : profila una nuova alleanza tra scienza, tecnica, agricoltura e ecologia. Richiederà un salto culturale non da poco. Mario Fasto

Persone citate: Edward Passerini, Mario Fasto, Miguel Urrutla, Mohammed Kassas, Passerini, Reid Bryson