Paesaggi d'America in Vaticano

Paesaggi d'America in Vaticano PER LA PRIMA VOLTA UNA COLLEZIONE PRIVATA NEI MUSEI PONTIFICI ». Paesaggi d'America in Vaticano La storia della pittura nordamericana dalle origini ai nostri giorni attraverso le opere prestate da Tyssen-Borpemisza ROMA — Mentre 1 mosco-' viti stanno ammirando celebri dipinti antichi della Collezione Thy ssen-Bornemisza di Lugano, 1 romani (con meno fortuna) possono vedere, fino al 15 novembre, la sezione •maestri americani» della stessa raccolta. L'esposizione al Museo Pusktn di Mosca s'inquadra in uno scambio che ha già fatto approdare In Svizzera 1 capolavori — da Mone t a Picasso—conservati nei musei sovietici, La mostra al Braccio di Carlo Magno, appendice del Musei Vaticani, è una iniziativa dell'Associazione «Prleds of America in Rellglon», presieduta dall'Arcivescovo di New York. In tré anni è la seconda volta che dipinti americani vengono esposti in Vaticano. La prima,' fu una rassegna di opere del XIX e XX secolo, da collezioni, pubbliche e private degli Stati Uniti, intitolata «Uno specchio della Creazione», sempre a, cura della «Frieda of America in Rellglon». In questa occasione, invece, si tratta di una raccolta privata — è la prima volta, nella storia del Musei Vaticani — che vuol essere, pur con vistosi «buchi», una storia della pittura del Nord-America, dalle origini al nostri tempi. Contrariamente alle aspettative — la collezione è sparsa in varie sedi, difficilmente visitabili e lo stesso proprietario, all'inaugurazione, ha con f essato che la vedeva, riunita, per la prima volta — le lacune, maggiori non riguardano la parte antica; die, anzi, inizia con un paio di tele, dipinte intorno al 1770 da Copley, considerato il «padri;» della pittura americana. Bensì l'ultimo periodo, soprattutto quello dopo 111 1945 che, come si sa, fu per gli Stati Uniti un momento particolarmente aureo. Per esemplo, a documentare l'Espressionismo Astratto ci sono soltanto due quadri: un De Koonlng e un Pollock. E per la Pop Art, altra fase di egemonia statunitense, nessun Rauschenberg, Jasper John e Oldenbyrg ma solo un Lindner, peraltro,-fino al quarant'annl, vissuto nella natia Germania e In Francia. Dunque una storia, per cosi dire, amputata della parte più significativa, visto che anche 11 dadaista e surrealista Man Ray e Arsitile Oorki, Rothko, Kllne e tanti altri «maestri» del nostro tempo mancano in questa collezione. La quale, al contrarlo, è molto ricca di. opere della «Hudson Ri ver School», fiorita nella prima metà dell'eoo. Vale a dire quel gruppo di plt- tori che, dipingendo albe e tramonti, più o meno sublimi, in pratica si affiancarono a quel letterati che dettero vita al «trascendentalismo» di cui fu pontefice massimo Emerson. A tale proposito, vale forse la pena sottolineare come sarebbe improprio riferirsi troppo al nostro Romanticismo. Influenze ce ne furono a iosai E l'amore sviscerato per la natura dei «trascendentalisti» derivò, certamente, dai «laghisti» inglesi, Wordsworth e Coleridge. Ma va tenuto presente che. per quanto collegata a quella europea, la cultura americana, dopo la Dichiarazione d'Indipendenza, per una serie di ragioni, ha seguito vie alquanto diverse. Come 1 testi di Emerson e Thoreau, 1 paesaggi vaporosi e traboccanti misticismo di Cole, Church, Durand e Blerstadt ne sono la prova. I loro quadri, oltre al modelli del Vecchio Continente, ricordano, infatti, specialmente l'invito di Bryant: erra fra quelle immense foreste, dove scorre l'Oregon. Ed è proprio questa sensazione di spazi immensi che li rende, in un certo senso,' autoctoni. Sia pure, sempre, con notevoli limiti qualitativi. Una/ diversa spazialità, rispetto al pittori europei, che persiste durante 11 susseguente, più lucido «Luminismo», che ebbe corno capiscuola Lane e Heade, entrambi qui ben rappresentati. Mentre sembra affievolirsi negli artisti che, quasi nello stesso periodo, si volsero a temi indiani. E, ancor più, in quel vari pittori, spesso «di genere», che Imperversarono nel corso della seconda metà del secolo. Unica eccezione, Homer. Il quale rimane comunque — malgrado gli entusiasmi di al-! cuni critici d'oltre Oceano — un pittore piuttosto modesto. Sia—se è lecito il paragone— rispetto alla coeva letteratura del suo Paese, specie ai triunvlri dell'inquietudine, Poe, Melville e Hawthorne. Sia a confronto degli Impressionisti francesi ed aree vicine. Una modestia che non risparmia neppure 1 contemporanei, tanto decantati tròmpel'oell di Harnett, né 1 celebri «ritratti muliebri» di Sargent e tanto meno gli Innumerevoli «paesaggi» e «figure» che riempivano le rassegne americane, a cavallo tra 800 e 900 e che sono in gran numero pure nella collezione svizzera. ] Per trovare migliori qualità, occorrerà, attendere le degnazioni cubo-futuriste o astratte di Weber, Marin e Dove, tutti e tre presenti nella .mostra. Esperienze pero, quasi subito, travolte dal generale ritorno all'ordine che, a partire dagli Anni Venti, investi anche e sopratutto l'America. Una «lunga notte» rischiarata soltanto dall'iper-oggettivo Hopper, dall'Impegno di Ben Shahn e dalla visionarietà di Burchfleld, un pittore da noi poco noto e che, a mio parere, costituì una interessante premonizione di quell'avventura che fu l'Espressionismo Astratto, esplòsa subito dopo il secondo conflitto mondiale. Ma, come si diceva all'inizio, a questo punto la Collezione Thyssen-Bornemlsza non offre più testimonianze adeguate. E chi vorrà conoscere questa vicenda e le successive che resero famosa l'arte ame rleana, dovrà rivolgersi al' trove. Francesco Vincitori©