La sfida di dicembre di Frane Barbieri

La sfida di dicembre PERCHE' I «NIET» DI ANDROPOV La sfida di dicembre Regolare ed inesorabile t arrivato un ai un mei di Andropov. Questa volta però il capo dei Cremlino ha pronunciato molto più di un monotono ititi. La tua dichiarazione televisiva è quasi una dichiarazione di guerra: guerra politica, guerra ideologica, guerra morale, guerra strategica, con qualche velata minaccia addirittura di conflitti armati. La crociata alla rovescia intrapresa dal capo sovietico, andando molto al di li del contenzioso sugli euromissili, punta tu due obiettivi: il primo £ isolare Reagan, il secondo e provocare la riscosse degli europei. Contro il presidente ameri cano Andropov ritorce l'accusa di essere il ^focolaio del male», lo squalifica come possibile partner di un accordo globale in quanto avrebbe spinto Washington «o/ire / limili di fronte ai quali dovrebbe fermarsi qualsiasi uomo pensante». In America, sostiene Andropov, non esiste ormai nessun ttlpo di freni» M'tawenlurismo» reaeaniano. Da qui parte l'appello all'Europa: sono gli europei quelli che devono assumer' si la funziona di freno nei confronti degli Usa. Lo faranno sollevandosi contro la posizione di tostoggi* in cui sono tenuli dagli americani. Da decenni la tensione non aveva raggiunto un grado cosi alto e il mondo, giudicando dalle prime reazioni, ne risente pesantemente il colpo. Anche perché, non si sa per quale malinteso o euforia, l'uscita di Andropov ha colto quasi lutti " solil stnqtrltrsdsmccsuealla sprovvista. Di solito i nlet arrivavano meccanici e immediali, il tempo necessario per incrociare le trasmissioni radiofoniche tra Washington e Mosca. Questa volta il tempo di meditazione preso da Andropov dopo il discorso di Reagan fatto sperare che il Cremlino slesse cambiando di posizione. Altri speculavano durante i tre giorni di attesa su una presunta incapacità del Politburo e dello stesso Andropov di varare decisioni lungi' mirami. Il famoso sovietologo della Columbia University Bialcr, che fino a ieri criticava Reagan per non andare ineoo irò alle intenzioni distensive di Andropov, si ricredeva proprio in questi giorni, attribuendo la poca propensione sovietica verso i compromessi al tbasso grado di potere» del nuovo capo. Michel Tatù, il cremlinologo di Le Monde, spiegava l'inspiegabile rifiuto del dialogo1 da parte di Andropov (che egli si aspettava più «sottile» di Breznev) con la preponderanza del gruppo militare: quasi si dovesse correre in aiuto del malcapitato segretario del petit. Di fronte allo sfidante niet diventa ozioso dissertare su chi concepisca oggi la politica del l'Urss. Fatto sta che la strategia della superpotenza consiste in questo momento cruciale nella scelta di un duro confronta La posizione di Andropov non appare poi per nulla improvvisa ti. senza appiglio né convin rione, da chi e. costretto a sostenere posizioni impostegli da altri. Quella presa da Andropov sembra invece una linea conseguente, meditata e tutu sua. La sua durezza non sembra affatto, come da alcuni stato detto, una scelta di < rabbiosa solitudine»: anzi, con la sua sfida il capo sovietico conta di isolare nella solitudine e nella rabbia Reagan. A caldo troviamo almeno quattro valide ragioni che potevano ispirare la risposta ferrea di Mosca. La prima e che l'Urss, avendo colto l'Occidente alla sprovvista e una volta raggiunto il vantaggio missilistico, tende logicamente a non distruggere il potenziale costruito o a ridimensionarlo il meno possibile (anzitutto perche conseguito sacrificando l'economia). La seconda ragione sia nel calcolo secondo cui solo un vantaggio numerico a favore dell'Urss garantisce un vero equilibrio strategico, per ragioni ideologiche (una potenza socialista non incomincia .nai la guerra) e per ragioni tecnologiche (i missili sovietici sono meno perfetti, funzionano 3 su 5 contro i 9 su 10 americani). La terza ragione viene dall'Europa: a Mosca sono con vinti erte gli europei temono di più l'installazione dei Pershing americani di quanto abbiano Kura degli SS-20 già installati rciò la crisi dei Pershing esploderà nei Paesi che devono ospitarli poco prima della loro installazione. Il rigetto dei Pershing infine, ed £ la quarta ragione di Mosca, fari lievitare in Europa un partilo filo-sovietico. Andropov pretende addirittura che gli euromissili appaiano «contro la volontà della maggioranza delle popolazioni*. Sulla scia di un antiamericanismo strisciante, fatto soltanto decollare dai Pershing, si prospetta anche il recupero degli eurocomunisti e delle frange di sinistra che, vagando alla ricerca della «terza via», si erano allontanati dall'Urss. Si pensava che Mosca temesse la famosa sfida di dicembre e che sarebbe slata indotta al compromesso dall'avvicinarsi della scadenza fissata dalla Nato. Andropov invece constata che a temere la scadenza di dicembre deve essere piuttosto Reagan. Esasperando il confronto conta di esasperare le incertezze e quindi l'ani moti la degli «ostaggi» europei verso l'alleato troppo invaden te. Per certi versi le sorti del duello Andropov-Rcagan vengono assegnale dal capo sovietico a) prospettarle dissidio tra americani ed europei. La sfida di Andropov, tuttavia, non fa naufragare ogni possibilità di accordo planetario. Semplicemente lo rinvia. A questo punto un accordo diventa fattibile in due momenti : o quando la posizione americana si sari logorala come conseguenza delle resistenze europee, o quando Mosca si sarà convinta che il desiderio Usa di restare in Europa é corrisposto dal desiderio degli europei di appoggiarsi alla potenza americana. Frane Barbieri