Genova, tramonto d'un colosso

Genova, tramonto d'un colosso DAGLI ANNI DELLA POTENZA AGLI ERRORI E ALLA CRISI D'OGGI Genova, tramonto d'un colosso Cavour ne aveva fatto la maggiore concentra/ione industriale del regno - Si fondarono grandi banche; la Borsa valori fu la prima d'Italia - Alla siderurgia si aggiunse una costellazione di tessiture, concerie, zuccherifici - Poi vennero la speculazione edilizia, il ridimensionamento dei cantieri navali - La saga di una oligarchia che non ha saputo aggiornarsi DAL NOSTRO INVIATO CJKNOVA — Im mattina del lf, settembre 1962. alle 10,45. lo scafo imjtonentc della Mlchclnneit-lo scese in mate dallo scivolo del cantieri di Sestrl l'oliente. Fu quella l'ultima manifestazione, spettacolare e illusoria, della intenta industriale di Genova, l.u più grande nave passeggeri costruita in Italia dolio il Iti x. turato ù un li stessi cantieri nel 1932. rinverdì per il momento l'immagine della città clic fondava la sua ricchezza sul mare e sulle industrie legate ai mare, dai cantieri alle acciaierie. Ma il tramonto era già avviato. Si slava chimi,-i.i/o il ciclo storico allerto ecnt'unnl prima da Cavour, che aveva fallo di Gettai « la più grande concentrazione industriale del regno. Il lolosso genovese, favorito dal protezionismo e dalle commesse pubbliche, era cresciuto rapidamente attirando imprenditori e finanzieri anche dall'estero. Si gonfiò a dismisura negli anni della prima guerra mondiale ti' Ami/Ut,, produceva cannoni, carri armati, navi, aeroplani) e non riusci mai a attentine competitivo in tempi di pace. La crisi di oggi e l'epilogo di una lunga serie di fallimenti nel tentativo di darca Genova un'ossatura di aziende pubbliche capaci di reggersi senza sovvenzioni e di rinnovarsi tecnologicamente iter fronteggiare i mutamenti dell'economia mondiale. 1 grandi capitalisti genovesi non si sono mai sentiti affascinati dui sogno di un . rinascimento industriale*: superalo dai tempi il meccanismo inventalo da Caivur non ci furono un ;:;<n e per sostituirlo. Sono fuori scena da un pezzo i nomi legati alle fortune genoi>csi del primo Novcccnto. Ne cito alcuni tra i più noti: i Hmiilnun. i Pcrrone, gli Oderò, i Itaggio, gli Orlando. Il banchiere Carlo llontbrinl. con l'armatore Raffaele Rubatlino (quello del . Mille-1. il tecnico Giovanni Ansaldo e il finanziere Giuseppe Penco, avevano creato I'-Attuitelonel 1HS2 sotto la tutela dello Stato. Dopo pochi anni, la loro azienda era la più importante del regno: produceva locomotive }icr le nascenti ferrovie, caldaie, navi, macchinari insanii. In quella stagione dai raccolti generosi e garantiti sembrò formarsi una nuova classe imprenditoriale che aveva in comune parentele, interessi, educazione, tradizioni, e un potere fortissimo, tale da condizionare l'intera città. Si fondarono grandi banche, come il Credito Italiano. La llorsa valori fu la prima d'Italia per volti meda/fari. Genova aggiunse allu siderurgia, alla cantieristica e al- la meccanica pesante una costellazione di industrie privale clic ris}iondcvano alla domanda del nuoto mercato naztonalc: tessiture, concerie, saponifici, zuccherifici. La famiglia Costa legò il suo nome a cotonifici e oleifici. A Genova arrivavano il carbone come la lana e il grano, da Genova partivano gli emigranti, fonte di profitti eccezionali per gli armatori, i quali avrebbero poi tm>cstito i nuovi capitali nell'edilizia. • Questa è la mia seconda (lolla-, (lucra un (intuitine indicando file di palazzi nel centro urbano. Qualcuno aggiunse ai guadagni eccezionali un titolo nobiliare. Umberto I fece conte un importatore di carbone, che lo osptla va splendidamente con la regina Margherita. Mussolini volle il titolo di conte per Ga$Hni,l1ntUMtriale dell'olio divenuto mecenate (l'os/iedalc jwdiatrico famoso). A un alito ricchissimo genovese la borghesia misurata e elegante affibbiò il titolo di .bue d'oro-. Il rifiuto Si era formata una nuova oligarchia, non più esclusivamente legata ai traffici marittimi, ma immutata nei suoi limili culturali. La grande diversità da Torino e da Milano sta appunto nella mancanza di una cultura industriale genovese, indispensabilc alla formazione di classi dirigenti di tarpiti orizzonti. Mancarono cosi le visioni anticipatrici nel porto, nelle industrie, nell'uso del territorio genovese (grande eccezione nel dopoguerra quella dei Itaggio con la • Vesna-, prodotta però in Toscana). Cambiate le condizioni politiche e economiche che avevano alimentato il fenomeno della grande estensione industriale genoitesc. non ci fu altro ricambio che quello del capitale pubblico. Si cominciò con l'.Ansaldo-, dopo la prima guerra mondiale (dai Ferrane a un grupiio di banche, all'lri creato nel 1933). Seguirono cantieri, ferriere II''Uva- era di genovesi, e dall' IU::- si arrivò all'.Italsider-). industrie meccaniche. U' aziende che non passarono al capitale pubblico, ciclicamente in di/ficollà. vennero ;>lan incinti ridimenslonatc per essere in buona parte chiuse negli Anni Cinquanta e Sessanta, quando Òciiora si trovò con un settote privato ridotto a una raffineria, una conceria, qualche industria dolciaria c chimica, un gran numero di piccole aziende e una fortissima s/>cctilazlonc edilizia, l.u forma di investimento che più di ogni altra ha sempre affascinato i genovesi. Si chiudevano le fubbriche e si tiravano su nuovi quartieri residenziali. Di fronte alle gravi crisi, i prandi capitalisti genovesi si corniciarono da spettatori o fecero proposte di investimenti nell'edilizia. Raramente favorirono i progetti e le proposte di cambiamenti av;,-j.il;-tu i Valga l'esempio dei Ferrane, quando erano ancora padroni dell'-Ansaldo.: pcr convertire il gruppo di aziende dalla produzione bellica a quella di pace decisero di costruire automobili e aerei civili. Qualche amatore ricorderà le quattro cilindri ■ Ansuldo. degli Anni Venti. 1 Ferrane vennero stroncati iter altri motivi (guerra di banche), ma il loro progetto innovativo rimase senza seguito in una città che ha spesso confuso II culto delle tradizioni col rifiuto del nuovo offerto dalla scienza e dalla tecnica. I* navi a i>ela ifnnero utilizzate dagli armatori genovesi quando quelle a va]iore allevano ormai il predominio. Il in,,,n> porto realizzato grazie alla donazione del duca di Galllcra (20 milioni di lire nel 1S75. una somma enorme) risultò subito inadeguato alla rivoluzione dei trasporti marittimi: il progetto si basava sulla tecnica della vela. Gli Innovatori non ebbero mai fortuna nel porto di Genom Nel 1919 il sindaco socialista Carlo Canepa propose un progetto, approvato dallo Slato, per l'estensione del iiorto su tutta la costa di l'anelile, da Sampierdarenu a Vollri. con un programma coordinato di nuove strade e nuoie ferrovie Non se ne fece nulla. In annt più vicini ci fu un nutn-, tentativo rivoluzionario, questa i-vita scaturito da una impostazione urbanistica che finalmente considerai^ l'insieme del territorio genovese, dilaniato da insediamenti caotici e in conflitto tra loro (la Fiera del Mare. 300 mila metri quadrati. atiei>a bioccolo a Levante l'espansione del porto, chiuso a Ponente dall'ltalsider e dall'aeroporto) Il sindaco Pcrtusio (tieni affidato nel 1963 a un gruppo di urbanisti, guidati da Giovanni Astengo c dal francese A uzelle. il nuovo piano regolatore. Astengo presentò quattro ipolesi. Una prevcdeiHi la trasformazione dell'aeroporto (un terrapieno di 130 ettari) in porto commerciale, il suo collegamento con le industrie, la creazione di una nuora citta collinare, la costruzione di un nuovo aeroporto in mare. Era cambiato il sindaco e il gruppo di urbanisti venne cacciato con ignominia. A Trieste Intanto proseguivano a grandi passi la speculazione edilizia e la smobilitazione industriale, con la perdita di 25 mila posti di lavoro nei primi Anni Sessanta. L'episodio plU doloroso fu, nel 1966, la lotta fra Genova e Trieste per i cantieri navali II potere centrale creò l'.italcantirricon sede a Trieste; il nome Ansaldo scomparve dalle costruzioni navali dopo oltre un secolo. Il cantiere di Sestri l'unente venne ridotto a funzioni secondarie, dopo essere stato uno dei migliori del mondo. L'anno prima Genova aveva perduto l'ultimo pilastro della grande industria prillata con la chiusura delle Ferriere Bnueo, 1250operai. Tante perdite sembrarono allora compensate, seppure in parte, dalla crescita dei traffici portuali e dall'affermazione dell'.Italsider. come nuova industria trainante. I migliori tecnici andavano ali'.Italsider. che li sapeva wilorizzarc. Il direttore generale. Gian Lupo Osti, uomo dal carattere difficile ma di grandi aperture, chiamò a Genova artisti, scrittori, editori, creando attorno all'-ltalsidcr. un movimento culturale di avanguardia. La caduta Nel 1963 incaricò l'architetto Konrad Wachsmann. già associato a Gropius. di progettare la nuova sede dell'azienda: doveva essere l'emblema della modernità innestata nel cuore mercantile e conservatore di Genova. Dopo pochi anni la stella di Osti si offuscò, mentre la siderurgia cominciava a perdere colpi 11 progetto Wachsmann rimase nei cassetti, la politica culturale dell'azienda pubblica venne interrotta. In cambio Genova ebbe le grandi operazioni immobiliari di Piccapletra e di via Madre di Dio, con distruzione di due grosse fette del centro All'ormai disintegrato sistema industriale di origine ottocentesca il potere centrale (che non ha ma: a/ferrato '- l'importanza e le vocazioni di I Genova} e quello locale oppo! sero l'alternativa del petrolio. \ poi delle industrie nucleari 11 | petrolio ebbe la sua caduta e II suoi scandali presto insabI biati. Le industrie nucleari | (raggruppamento Ansaldo) vivono di speranze e di progetti. Intanto il porto e semivuoto e oppresso dai debiti, in attesa di un demiurgo che lo salvi Ma non potrà esserci ripresa finché non verrano chianti i rapporti fra Genova e lo Stato (i miliardi assegnati al porto e a nuove ferrovie con la Valle Padana non sarebbero regali ai genovesi, ma ni ics (line», ri indispensabili a/f'economia nazionale) e finché l'oligarchia che delega ai politici il suo potere non saprà esprimere persone, idee e melodi nuovi Mancano i Canepa, i Bombrini. gli Ansaldo a i Rubai tutu in edizione aggiornata al 2000 Mario Fazio ' J «• 1 'Mm ■ j • ! Genova, lai ci -c-onurdo da Vini-i» sullo sfondo di-I porto, muli anni che pri-ct-diitcro la crisi e i debiti (F-'oto la Stampa» l'iero De Marehis)