Napoli, la peste e i trionfi

Napoli, la peste e i trionfi CAPOLAVORI DEL SEICENTO IN UNA GRANDE MOSTRA A TORINO Napoli, la peste e i trionfi Dopo Londra. Washington e Parigi, da ieri Palazzo Reale ospita il gran teatro della pittura da Caravaggio a Luca Giordano - Sacro o profano, tutto è spettacolo: apparizioni e martini, epidemie e storie bibliche. Maddalene e gentildonne • I fasti del collezionismo privato - Artemisia Gentileschi e gli spagnoli - Nature morte e sontuosità regali TORINO — A cura dell'assessorato per la Cultura e degli 'Amici torinesi dell'arte contemporanea; ti e aperto a Palaeeo Reale, con l'ottimo allestimento di Carlo Viano, il gran teatro della pittura napoletana da Caravaggio a Luca Giordano: il fastoso, corposo, nobile e plebeo '600 del Vicereame spagnolo, dove anche la peste del 1656 è occasione di brividi e fasti pittorici. A cura di Raffaello Causa e della sua Soprintendenza napoletana, è l'edlzione ridotta te proprio per questo di assoluta qualità nelle scelte) dopo le tappe di Londra, di Washington e di Parigi. Il visitatene vorrà e dovrà tener presente questi due termini, la teatralità e le precedenti tappe della rassegna, procedendo dall'impeditiva apertura di velario sulle enormi Opere di misericordia dei Caravaggio per il Pio Monte, dove tutto è già detto >»:'.'- fi successivo metto seco,o, fino agli splendori gustativi e tattili, agli umori di mare, di cucina, di giardino della più bella scuola italiana di natura morta. Non si tratta dt una scandita sequenta di tempi e di situazioni dopo decenni di studi, dal Longhi all'Ortolani, dal Bologna al Causa stesso — anche se non piccola precisione filologica è sottesa alle scelte e ai raggruppamenti, insieme con un'imponente opera di salvataggio e recupero del patrimonio napoletano e campano —, ma di una cofniwtoente sintesi, con prandi aperture di quinte e di scenari maggiori e di -sceneggiate- minori; uno stupendo carosello viaggiante per far conoscere a due continenti questo compatto e unico fenomeno di pittura. E piace constatare che più dima delie opere qui presenti già rappresentava più di sessantanni fa la grande stagione napoletana alla prima, colossale, rivelatrice presentazione del HÓOe '700 italiano a Palazzo Pitti, nel 1922. basata sugli studi pionieristici di Roberto Longhi e Matteo Marangoni. Per il momento di analisi e di approfondimento, ci dà appuntamento Causa fra un anno a Napoli. Tutto t spettacolo, sacro e profano, e tutto «nero-, di carni, di luci, df materia colorata: apparizioni e marffrff, mitologie e storie bibliche, cerimonie e pestilenze. Maddalene molto atteggiate, come quella di Artemisia Gentileschi, e gentildonne che giocano a fare la contadina di Portici, come quella dello Stanzione. e astute sprezzanti •guaglione- di Francesco Guarino che mimano la 8. Agata, coprendo con sensuale masochismo il petto straziato con un pannò fulgente di bianco e di sangue. Spettacolo in tre tappe. ciascuna ripercorrente il raggio cinquantennale dall'irruzione caravaggesca alle diverse svolte dopo la metà secolo impresse da Mattia Preti e Luca Giordano: la gran tee-, na sacra (con (Inserto della mitologia •volgarizzata- dal. Rlbera); la produzione a medio e piccolo formato per un trionfante collezionismo prillato, supporto infine per lo splendore della natura mortaTragico e singolare snodo fra questi aspetti, t la peste del 1656, 300 mila morti, Napoli dimezzata, stroncata la seconda generazione di pittori. Cavallino. Falcone. Francesco Fracanzano, Stanzione. Per il geniale cronista Micco Spadaro, che già aveva narrato di Masaniello, è formicolante spettacolo dt genere, intriso di giallastra afa; per Mattia Preti, da un decennio Cavaliere di Malta, è subiimozione dei tuoi lividi fotogrammi in controluce, formalUzanti per il futuro, fino al 700, la .irrita- del cinquantennio ali» tue spalle; con una Madonna superbamente indiffftnte alle invocazioni dei santi: per il giovane Luca Giordano, già tornato da Venezia e da Roma, diventa luminoso spettacolo barocco a maggior gloria di San Gennaro. Lo -snodo* iella peste collega la seconda con la tersa tappa. Alla finn della prima, allo stesto Luca Giordano è affidalo il compito, con un intelligente accostamento, di evidenziare la svolta a metà secolo: la Deposizione nel sepolcro dell'lnttitute of Arti di Detroit (una delle opere con cut i musei esteti iranno ricambiato lo spostamento dell'imponente complesso italiano. Caravaggio compre so), con il forte, succoso contrasto fra l'Impasto fn con troluce—alla Mattia Preti — del guerriero di spalle e il biancore dorato del corpo di Cristo, con la stupenda testa riversa divorata dal buio del fondo, è una sintesi, fra verità e accademia, della prima metà secolo, Caravaggio e Albera estensione. Subito di tegulto, t'Elemosina di 8. Tommaso per Sant'Agostino degli Scalzi a Napoli, pur con la sostanza carnale della poveraglia, squaderna tutte le pompe e gli ori e le morbide scioltezze di Venezia e della Roma di Pietro da Cortona. E' il primo finale, veramente da - Grand Opera-. dell'azione drammatica di ombre e luci aperta dai due capolavori caravaggeschi fra 1606 e 1607, le Opere di Misericordia e la Flagellazione depositala da San Domenico Maggiore al Museo di Capodimonte, nello stesso tempo classica e brutale, esattissima di ritmi strutturali e luministici e pregna di immediatezza esistenziale. Subito fletterolmenfe subito, nel 1607) si affianca, nel suo integrale oltranzista naturalismo, la prima fase di Batttstello Caracciolo, fino alla Liberazione di 8. Pietro dei 1615 per quello stesso Pio Monte dove il Caravaggio aveva eretto otto anni prima le Opere di Misericordia: te sua fin troppo pedissequa fedeltà (basterebbe guardare in alto le sue Madonne col Bambino e precipiti angeli) st traduce nell'intaglio di lancinanti fotogrammi sovraesposti su fondi carbonizzati. Mentre una variante stupendamente equivoca di caravagglsmo è importata da Artemisia Gentileschi, fra l'oltranza da .Grand Gufano!- che appare quasi risarcimento della donna pittrice piagata nell'intimo dalla violenta maschile e un gran frusciare di lete di maniera toscana ereditata dal padre, il valenciano Rtbera, sempre orgogliosamente ostentante accanto alla firma la patria spagnola, propone nell'ambiente ormai adatto ad accoglierla la sua diversa, materica, totalizzante realtà di natura. Siamo al verismo tattile, ulteriore e deviarne rispetto alla verità dt luce della rivelazione caravaggesca: che sia più spagnolo o più napoletano, e forse un falso problema, in quel contesto storico. Lo dimostra la fervida, densa, austera concretezza popolana di un suo fiancheggiatore, e grande pittore, il .Maestro dell'Annuncio al pastori., cut gli studi anche recenti non hanno ancora dato un nome (ma Causa propende oggi per un altro spagnolo al seguito dt Rlbera, Juan Do): dalla stupenda animalità fisionomica dei pastori nel capoluogo di Capodimonte, in cui l'eco dt Velazquez si affianca al liberismo, spira l'aura di Quevedo altrettanto quanto quella del Conio de 11 cunti overo Io trattenlmiento de 11 peccerilledei Basite. Ancora e Infine, alle spalle idi Preti e Gtordanc, si dt-piega il sontuoso compromesso del napoletano puro Massimo Stanzione fra concretezza di corpi, tenti e sentimenti e nobiltà clastica, carraccesca e Tentano, di lumi e colori: purtroppo tempo e restauri hanno fin troppo infierito sull'architettura notturna della Pietà del 163S della Certosa di San Martino. Accanto allo Stanzione, vibra e danza di azzurri, ori e argenti, con una sorta di freschezza -guagliona-, la Santa Cecilia di Bernardo Cavallino prestata da Palazzo Vecchio a Firenze, del 1645. La tua singolarissima rena barocchetto, che congiunge in modernità Genova e Venezia con Firenze e Napoli, ma conserva intatta l'acerbità popolana delle sue modelle, eccelle nei medi e piccoli formati •privati- del secondo percorso, accanto alla riparissima verità dei -generi., dall'immigrato bergamasco Viviano Codazzi al napoletanlssimo Aniello Falcone. E'la più coerente introduzione all'eccellenza napoletana della natura morta di frutta e di fiori, di cucina e di scoglio. L'acume della luce caravaggesca, che domina per via diretta la prima grande stagione romana del secondo, terzo decennio, et idearla f pia densi succhi cromatici dei primi capolavori napoletani di Luca Forte, dell'ancora oggi, e forse per sempre, mistero anagrafico del .Maestro di Palazzo San Oervaslo. (la cui oltranza materica e illusiva, come mi fa giustamente notare Causa, e oggi sminuita dall'aggiunta grettamente dipinta del bordo cadente della tovaglia), del giovanile prezioso Sottobosco di Paolo Porpora, già Wertheimer e oggi del Louvre. Poi. dopo la metà secolo, l'esplosione barocca dei Plori dello ttetso Porpora; il mai visto Incontro di sontuosità cromatica ed evidenza addirittura iperrealista in Giovan Battista Becco, f trionfi, regali e -poveri- a un tempo, dei pesci-pietre preziose del grande Giuseppe Becco. Marco Rosei Francesco Fraeanrano: «San tiri-curio Armeno» (particolare) iddS Artemisia Gentileschi: «Maddalena* (Firenze. Palazzo Pitti, particolare)