Metà dei marines impegnati all'estero Washington conta su Israele e Giappone

Metà dei marines impegnati all'estero Washington conta su Israele e Giappone Metà dei marines impegnati all'estero Washington conta su Israele e Giappone Le spese di guerra ammontano per gli Usa a 180 mila miliardi di dollari l'anno - L'Urss può contare su un numero doppio di soldati • Il ruolo di Tokyo e Tel Aviv nei piani del Pentagono NEW YORK — Solo nella Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno compiuto uno sforzo militare maggiore di quello attualmente in corso. Le cifre parlano chiaro. Il 45 per cento dell'esercito è dispiegato all'estero, dalla Corea del Sud all'Honduras, per le manovre militari -Big Pine 2» (Il grande pino 2), e dal Sinai all'Egitto, per le esercitazioni -Bright Star» (Stella lucente): la maggior parte dei soldati sono stazionati in Europa, in Germania e nei dintorni. La Marina militare incrocia su ogni oceano e, delle 12 portaerei della sua flotta, cinque si trovano stabilmente in acque straniere, in Estremo Oriente, nell'Oceano Indiano, nel Mediterraneo, nel Golfo del Messico. Meno facile è identificare gli spostamenti dell'aviazione: ma su 30 Awacs, o radar volanti, solo 16 sono in territorio Usa, gli altri passano dall'Arabia Saudita, al Sudan, alle varie nazioni della Nato e del Centro America. Le forze armate di Washington sono le prime forze armate itineranti della storia. Esaminate nel particolari, le statistiche fanno ancora più impressione. Gli Stati Uniti hanno 450 istruttori in 15 Paesi diversi. I marines simulano da 6 a 8 sbarchi in nazioni alleate all'anno. Per ogni Awacs ci sono un equipaggio e mezzo. Le manovre annuali in Europa implicano uno spostamento dall'America di 17 mila uomini. I membri dei vari corpi di pace ruotano ogni sei mesi. La superpotenza non ha la leva militare obbligatoria, conta su meno di due milioni di volontari, di cui un sesto donne. L'Urss vanta il doppio di soldati, costretti a restare al loro posto per periodi più lunghi. E' facile capire dove i costi sono più alti. Si spiega cosi perché il bilancio del Pentagono sia di 180 miliardi di dollari all'anno, 280 mila miliardi di lire circa. Oltre tutto, al suo interno le specializzazioni sono assai più numerose, e le sue tecnologie più raffinate, di quetle dell'Armata Rossa. L'impegno imposto da Reagan ai militari americani è tale che il capo di Stato Maggio-re dell'esercito, il generale Wickham, ha chiesto di «non tirare troppo l'elastico». «Le nostre linee sono sottili», ha protestato in una testimonianza al Congresso. «Non possiamo essere onnipresenti. Negli ultimi tre anni siamo stati obbligati ad accorrere nei punti del globofiiù remoti. O l'impegno si riduce, o si aumentano le spese belliche». Il senatore Nunn, il massimo esperto militare del Congresso, lo ha appoggiato: «La nostra strategia ha un carattere globale», ha detto. Ma. le nostre risorse non sono cresciute. Non si possono tenere i piedi In due staffe». Interpellato dai giornalisti nella sua ultima conferenza stampa, il presidente Reagan ha negato che le forze armate americane siano vicine al punto di rottura. «Reggono bene», ha asserito. «Non c'è bisogno di altro, almeno per adesso». La rassicurazione del presidente era di dovere. Il problema esiste, e il Pentagono si batte perché sia risolto a modo suo. Ha proclamato il sottosegretario Lehman: «Non possiamo ripetere l'errore di dieci anni fa. Da noi dipende la stabilità del mondo. Noi abbiamo interessi irrinunciabili, come la libertà di navigazione lungo le rotte del petrolio. I nostri interessi nazionali ci condizionano dovunque: importiamo un terzo del greggio, e i punti chiave sono il Golfo del Persico e le Antille». Le ragioni del bilancio dello Stato, in deficit per 180 miliardi di dollari, suggeriscono tagli alle spese militari. «Sarebbe un suicidio», ha protestato il sottosegretario. «Si può chiedere un maggiore contributo agli alleati, specialmente nella Nato, ma il nostro compito non cambia». E' il motivo vero per cui Reagan rilutta dal risanare il disavanzo pubblico: il presidente sa che lo scontro col Congresso sarebbe inevitabile e con troproducen te. Sospinto dal suo consigliere Brzezinski, che è di orgine polacca, Carter aveva immaginato una collaborazione militare con la Cina, {"unico altro colosso capace di contrapporsi in prosieguo di tempo all'avanzata russa. Ma l'ideologia — egli è legato a Taiwan e ai nazionalisti — impedisce a Reagan di andare avanti su questa strada. I pilastri su cui conta, per aiutarlo nella funzione di gendarme del mondo, sono altri: Israele in Medio Oriente, che è oggi forse la terza potenza militare al mondo, e sicuramente la quinta dopo l'Inghilterra e la Francia; il Brasile e l'Argentina in America Latina, nonostante i contrasti con quest'ultima causati dalla guerra delle Falkland; il Giappone in Estremo Oriente (Nakasone ha compiuto quest'anno il grande salto, chiudendo le ferite della Seconda guerra mondiale e dei bombardamenti atomici Negli Stati Uniti, l'anno venturo, ci saranno le elezioni. E' probabile che Reagan, che allora avrà quasi 74 anni, venga riconfermato alla presidenza. Ma che accadrebbe se vincesse un democratico, il vicepresidente di Carter Fritz Mondale, ad esempio, o l'ex astronauta John Glenn? Se vincesse Glenn, cambierebbe poco o nulla. Il senatore è un militare di estrazione, lo chiamano l'Eisenhower dei democratici: egli conosce bene l'Urss, ed è persuaso che il Cremlino stia cercando di schiacciare gli Usa non solo nel riarmo, ma anche nello spezio, ragione per cui non si oppone in realtà al programma di guerre stellari reaganiano. Se vincesse Mondale, Invece, molte cose cambierebbero. Mondale non è soltanto un carteriano, appartiene anche al gruppo formatosi durante la guerra del Vietnam, lo scandalo Watergate, gli anni della contestazione e del pacifismo. Potrebbe essere l'uomo della seconda ritirata degli Stati Uniti, del neo isolazionismo.