Begin, Nobel di pace e di guerra di Alfredo Venturi

Begin, Nobel di pace e di guerra La tormentata parabola politica dell'ex fondatore deU«Irgun», divenuto primo ministro di Israele Begin, Nobel di pace e di guerra A settantanni, dopo sei alla guida del governo, lascia al successore una tremenda eredità: la guerra nel Libano - Nato in Polonia, sbarca in Palestina nel '42 e sceglie il terrorismo quale strumento di lotta per la resurrezione dello Stato ebraico - Radicale di destra, fonda un piccolo partito confinato all'opposizione sino al 1977 - Dalla clamorosa vittoria elettorale alla pace di Camp David con Sada Sadat lo appartengo al popolo palestinese, sono un ebreo palestinese: Come dimenticare la voce cantilenante di Menadi em Begin che enuncia il paradosso? Il primo ministro d'Israele è seduto accanto a un impassibile Sadat: è il 26 dicembre del '77. Begin in qualche modo ha risposto alla spettacolare iniziativa del Raiss egiziano, che ha deciso di applicare all'Incancrenito conflitto la tecnica alessandrina del nodo gordiano, e fra lo stupore del mondo ha personalmente portato un ramoscello d'ulivo nel cuore della fortezza israeliana. E' vero: i due nemici hanno concordato sul fatto che la sola alternativa praticabile a una guerra ormai trentennale è la pace. Ma quale pace? In quel dicembre del '77 Begin e Sadat sì sono Incontrati ancora, questa volta a Ismailia, in territorio egiziano, lungo quel Canale di Suez che quattro anni prima, un giorno di ottobre, le truppe di Sadat hanno attraversato a sorpresa, travolgendo 1 soldati ebrei immersi nei devoti ozi del Kippur. E' proprio a Ismailia che Begin definisce se stesso un ebreo palestinese. E dietro l'Impassibilità, di Sadat s'Iti' tulsce una ferita che comincia a bruciare: perché è ormai chiaro che questa pace che 1 due stanno faticosamente mettendo insieme, l'amara pace di Camp David, regolerà si lo stato delle relazioni fra 1 due Paesi, ma lascerà, Insolu to 11 nodo trentennale che è alla base di tutto, 11 tragico nodo palestinese. Del resto, ebreo palestinese Menachem Begin non è, almeno nel senso comunemente attribuito all'espressione, di ebreo nato in Palestina, o addirittura in Israele, di Sabra insomma. E' nato, invece, in Polonia, a Brest Litovsk, e ben prima che lo Stato d'Israele sorgesse sulle ceneri del colonialismo britannico. E' nato, il futuro primo ministro, nel 1913: nel cuore di quell'ebraismo yiddish che ha conosciuto 1 pogrom e conosceràia persecuzione nazista. Begin si rivela subito quello che sarà sempre, un radicale di destra. Il giovane Menachem aderisce infatti al gruppo sionista Beitar. Niente a che vedere con il sionismo ormai tradizionale, illuminato e «viennese», sinistregglante, liberal-socialista, tendenzialmente laico e modernista. Quando Begin sbarca in Palestina, nel 1942, il mondo sta regolando 1 conti con Hitler, che persegue accanito 1 suol due miti, lo spazio vitale e la soluzione finale del problema ebraico. Il devoto ebreo yiddish ormai ventlnovenne, sfuggito all'incubo nazista e finalmente approdato alla terra promessa, si tuffa nel problema politico del momento e del luogo: che è la creazione dello Stato israeliano. Come Ben Gurlon, e tanti altri: ma a differenza da Ben Gurion, Begin non guarda tanto per il sottile quando si tratta di scegliere gli strumenti. Fonda l'Irgun Zwai Leumi, che vuol dire letteralmente Organizzazione per la sicurezza dello Stato, ma dietro questa irreprensi- bile denominazione si nasconde un gruppo paramilitare clandestino, che non esita a inseguire attraverso il terrorismo il sogno della resurrezione d'Israele. Contro gli arabi che contestano l'ebraicltà di quelle tragiche terre, contro gli inglesi che pretendono di mettere tutti d'accordo conservando un arcaico dominio imperlale. Sono i tempi del massacro di Der Yassin, del sanguinoso attentato al King David di Gerusalemme. L'Irgun di Begin, non è forse in qualche modo associata con i terroristi del gruppo Stern, che hanno abbattuto l'aereo del conte Bernadette, il mediatore delle Nazioni Unite? Quando lo Stato ebraico raggiunge la sospirata indipendenza, Begin fonda un piccolo partito, l'Herut. Un partito di destra, intransigente, confessionale, duro. Un partito destinato, nell'era laborlsta, all'opposizione. Tranne una breve parentesi nel '67. Per fronteggiare l'emergenza bellica, si forma infatti un governo di unione nazionale, lo stesso Begin è ministro senza portafoglio. Ma l'emergenza dura poco: infatti la controffensiva di Dayan conduce a una rapida vittoria militare. Gravida, tuttavia, di pesi politici. Ormai una costante si è delineata: finché mancherà uno sforzo di innovazione politica, comunque vadano le cose sul campo di battaglia, Israele sarà chiamato a pagare il prezzo dell'isolamento internazionale. Gradualmente sfuma, nel mondo, 11 capitale di sim¬ patia che la saggezza dei padri fondatori aveva saputo conquistare a Israele. E' 11 tempo incipiente delle frustrazioni: e proprio su queste frustrazioni l'antico militante dei Beitar saprà giocare per costruire la propria immagine politica. Un'immagine che troverà credito particolare presso la componente sefardlta della nazione israeliana: ebrei di provenienza mediorientale, spesso socialmente mortificati, ben lontani dalle suggestioni culturali dell'ebraismo europeo. Il momento di Begin scocca nel '77, proprio 11 fatale '77 che 10 vedrà alle prese con la clamorosa Iniziativa di Sadat. Si vota nel maggio per il rinnovo della Keneseth, e il Likud di Begin ha stretto un accorcio segreto di coalizione con alcune altre formazioni di destra, 11 Mafdal, l'Agudat. L'accordo prevede una graduale correzione dello Stato laico voluto dai laboristi finora al potere: per esempio si rivedrà la legislazione sull'aborto, si restituirà l'antico potere ai tribunali rabbinici... Gli elettori queste cose non le sanno, ma si fa sentire il malessere del Paese che '■vince la guerra e perde la pace-. La coalizione di Begin vince: lui per prima cosa offre ai laboristi sconfitti di fare un governo di coalizione. La sinistra rifiuta: non resta a Begin che un transfuga dal grande nome e dal prestigio intatto, Moshe Dayan. E' infatti col generale-archeologo al ministero degli Esteri che il primo gabinetto Begin si presenta allo storico appuntamento voluto da Sadat. Si è molto discusso, in Israele e fuori, sul ruolo di Begin negli avvenimenti del '77. L'impressione prevalente è che il primo ministro d'Israele non abbia saputo o voluto dare alla mossa del presidente d'Egitto una risposta adeguata. Bisogna però ricordare che Begin fu prontissimo, quando Sadat si disse pronto a volare in Israele, a formulare il necessario invito. Cosi 11 Nobel per la pace, nel '78, doveva toccare a entrambi: al generale egiziano che aveva guidato le truppe in battaglia prima di parlare di pace, al terrorista ebreo che aveva sparato nel mucchio prima di fare politica. A Oslo, nel dicembre '78, tre mesi dopo la pace di Camp David, i due tuttavia non si ritrovano alla consegna del premio. Sadat si è fatto rappresentare. C'è soltanto Begin che parla di Garibaldi, «lottatore per la pace che odiaim la guerra-, e del ruolo irrinunciabile di Gerusalem- me «capitale di Israele*.. Invecchiato, sofferente di cuore, Begin sembra più volte sul punto di cedere alla riscossa laborista. Alle ultime elezioni è dato per spacciato, cosi come nei giorni dell'inchiesta su Sabra e Chatyla. Ma lui vince, e resta in sella: sarò io a decidere, ha l'aria di dire, quando è il momento di mollare, di lasciare al mio sventurato successore quella tremenda eredità politica che ha nome Libano. Alfredo Venturi Gerusalemme. Il premier israeliano Begin saluta alcuni sostenitori mentre arriva alla sua residenza privata dopo l'annuncio delle dimissioni, poi rimandate, da capo del governo (Tclcfoto)