Università bloccata di Luciano Gallino

Università bloccata LA GRANDE FABBRICA DI DILETTANTI Università bloccata Quando cerchiamo di spiegarci come mai altri Paesi posseggono, insieme, moneta forte, tecnologia avanzata, piani territoriali efficienti, servizi pubblici degni del nome, produttività elevata, e noi niente di simile, dovremmo ricordarci di includere, tra i mille fattori della nostra inferiorità, anche il fatto che questi Paesi si sono sempre adoperati pqr avere un sistema universitario ben funzionante. Per contro, il nostro sistema universitario, che avrebbe dovuto correre soltanto per restare all'altezza degli altri, dopo un quindicennio di interventi in cui interessi corporativi, buone intenzioni non sorrette da conoscenze adeguate e miopie ideologiche si sono intrecciati in modo inestricabile, sta avvicinandosi ad uno stadio di vera e propria paralisi culturale e scientifica. Di conseguenza essa non produrrà gli insegnanti, i tecnici, i dirigenti, i funzionari all'altezza dei problemi del 2000, ma, più probabilmente, schiere di dilettanti dalla preparazione approssimativa, forniti di nozioni malamente importate e incapaci di elaborare idee originali. E con questo tipo, di personale si chiude il cerchio dell'azienda Italia. ** In tale quadro, il recente decreto con cui il ministro dell'Istruzione assegna 3000 posti di professore alle università ed ai politecnici italiani è solamente l'ultimo, per ora, d'una serie di atti che pur mossi da buone intenzioni finiscono con alimentare i mec canismi perversi operanti a danno dell'intero sistema universitario. Nelle intenzioni, il decreto è un atto dovuto, e per di più in ritardo, poiché con esso si dà attuazione al piano biennale transitorio di sviluppo dell'università, previsto dal decreto presidenziale che nel 1980 ha provveduto al riordinamento della docenza universitaria. Iìsso introduce inoltre, nella distribuzione dei posti di professore, commendcvoli principi di programmazione, stabilendo per la prima volta che i posti vanno distribuiti in base a priorità generali d'ordine scientifico piuttosto che al numero degli studenti. Di fatto il decreto, redatto presumibilmente con l'ausilio d'una commissione, spira arroganza tecnocratica e una visione vetusta della cultura moderna. L'elenco delle discipline a sviluppo bloccato — alle quali sono cioè assegnati posti zero, con qualche eccezione per tenere conto dei carichi didattici ■— è infatti esat¬ tcse o o a — i ¬ tamente quello che un tecnico che fin dalle medie abbia smesso'di leggere qualsiasi cosa, al di fuori di trattati di idraulica o di resistenza dei materiali, considera il gruppo delle materie superflue in una società industriale. Non ne sfugge una: c'è il diritto e la storia, la letteratura e la linguistica, ci sono le scienze sociali c la psicologia, manco a dirlo la filosofia, e per soprammercato la geografia e l'architettura. D'altra parte la questione non è solo di orizzonti culturali più o meno ampi. Uno dei drammi dell'università italiana è che gli studenti non conoscono le lingue straniere? Bene, si blocchi lo sviluppo delle materie linguistiche. Il ministro della ricerca scientifica chiede si sviluppi la ricerca per migliorare i servizi sociali? Allora niente cattedre per sociologi e psicologi. Gli studenti universitari mostrano un'ignoranza disastrosa della storia, che si rifletterà poi, come si constata giorno per giorno, nella loro attività di dirigenti e di sindacalisti, di insegnanti e di funzionari? La conseguenza non può essereche il blocco dello sviluppo delle discipline storiche. Eppure, nonostante queste pecche, nonostante si segnali perché fa del numero delle cattedre una variabile indipendente rispetto al numero degli studenti (un po' come se i ministro dell'Industria prono nessc di aprire nuovi impianti siderurgici per accrescere il consumo di acciaio) i maggiori problemi che il decreto solleva non sono questi. Sono le cifre che contiene, dalle quali il rischio di paralisi culturale e scientifica dell'università appare più che mai evi dente. L'essenza dell'attività universitaria consiste nel compiere in tutti i settori disciplinari ricerche avanzate, ai limiti del possibile, e nel trasfonderle al più presto nell'insegnamento. . ■ Per realizzare nel modo più efficace tale doppia attività, è necessario che la mobilità sociale dei docenti sia elevata, e cioè che i giovani studiosi siano reclutati come docenti della fascia inferiore non appena diano prova di raggiunta maturità scientifica, ed abbiano la possibilità di passare rapidamente alle fasce superiori a mano a mano che producono ricerche originali. lì' precisamente tale meccanismo che appare ormai bloccato nell'università italiana, in forza di «lue cause malignamente convergenti. La prima è che il numero di professori associati — la seconda fascia di dsdCgmpulacd è e a a a o n è i docenza — è oramai vicino a saturare l'organico previsto, dal decreto legge del 1980. Con i 2000 posti testé assegnati, essi saranno infatti l'i .855 su 15.000. Questo limite verrà anzi superato nei prossimi anni, come prevede un dispositivo transitorio della legge, con il passaggio ad associato degli incaricati attualmente in attesa della se conda tornata dei giudizi di idoneità, e con altri 4000 posti ibcri, ma dovrà poi tornare ala cifra di 15.000 con la soppressione dei posti che si penderanno via via vacami. ** A fronte di questo bacino di arrivo o di passaggio verso a prima fascia, ormai saturo, sta una popolazione di 13-14.000 ricercatori, compresi quelli che stanno entrando in ruolo grazie alla prima tornata di concorsi liberi. Si tratta di studiosi cui la legge assegna qualifica di giovani, grazie ad un ruolo balordamente inde terminato e ad uno stipendio netto di circa 850.000 liremensili, ma che in gran parte sono più vicini ai quarant'an ni che ai trenta. Per la maggior parte si trat ta infatti — tolti i nuovi vin citori di concorso, che però non sono di molto più giova ni — di contrattisti assunt dalle università nel 1974, in base ai provvedimenti urgenti per l'università dell'anno pri ma, c che per ovvie ragioni erano, allora, già laureati da qualche anno. Di tutti questi forse 9 o 10.000 potranno competere tra un anno o due per 2000 posti scarsi di asso ciato (un piccolo numero posti verrà infatti comunque assegnato per esigenze didatti che anche a qualche arca bloc caia); per gli altri se ne ripar" tra quattro o cinque anni sempre che sia stato rimosso, nel frattempo, il blocco allo sviluppo delle discipline «su perfine». Qualche spiraglio in più sa as- ra aperto ovviamente dagl sociali che passeranno ordina ri, prossimi alla cinquantina sebbene il riassorbimento del loro numero complessivo en tro il limite di 15.000 contri buisca a tenerlo stretto. Ma lo scenario complessivo è questo: una popolazione di stu diosi troppo avanti negli ann per il posto che occupa, frustrata nelle sue aspettative più legittime, e un mancato rechi tamento di nuove leve che du ra da oltre dicci anni, e saiovviato in misura minima so lo tra qualche anno con i dot tomi di ricerca. Non c'è malecome bilancio d'un quindiccn niodi politica universitaria, Luciano Gallino

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