Il vino della vita

n vino della vita MEMORIE DI LIBRI E DI GUERRA n vino della vita dOgni vicenda che abbiamo vissuto è legata ad altri fatti o vicende che, consciamente o inconsciamente, nel trascorrere del tempo si concatenano e si riallacciano a persone c a luoghi. Per i racconti che ho scritto molte volte e impensatamente ricompaiono, o si fanno vive per la prima volta dopo tanto tempo, persone che il caso discopre; e cosi nella memoria rivivi momenti e sensazioni filtrati dagli anni, come se la fame, la fatica, il dolore, il pericolo si fossero depositati sul fondo della bottiglia della vita e il vissuto decantato resta limpido e malinconico, con tcnuissimi colori e profumi. Nell'estate di molti anni fa eravamo accampati in una valle de! Trentino, in un grande bosco di larici, e la mia incorri ben za di graduato di truppa consisteva nel costruire con la mia squadra le latrine per la compagnia una volta alla settimana e di andare con tre muli nei boschi a raccogliere la legna per le cucine. Erano lavori tutt'altro che guerre schi, anzi pacifici, e dopo la campagna sul Fronte Occidentale i giorni trascorrevano tra il reale e l'irreale anche per che ero innamorato e molto giovane, e da quelle montagne vedevo le mie montagne. Ogni sera libera dal servizio di capoposto o di caporale d giornata scendevo al paese che distava una mezz'ora dall'accampamento. Lì c'erano molti villeggianti che andavano spensierati dai campi di tennis agli alberghi, o che ritornavano dalle passeggiate o dalle escursioni; i nostri ufficiali con le divise tirate in fino, corteggiavano le signore nei caffè all'aperto dove suonava no le orchestrine e non sapevi se era bene salutarli o male, Qualche volta entravo nell chiesa che era rutta in pietra viva, di stile gotico-alpino tutt'intorno, tenuto come un giardino, aveva il vecchio ci mitero con lapidi bellissime, Dentro la chiesa un cieco suo nava l'organo. sl-.y-iMa la maggior parte delle ore della mia libertà le passavo .; nella libreria del centro, che era bella e ben fornita, dove dopo essermi fatto coraggio 1 prima volta, ero sempre ben accolto dal libraio. 11 signor Mario mi lasciava girare liberamente tra gli scaffali da dove ogni tanto coglievo un libro con tanto riguar do e timidamente mi azzarda vo a sfogliare: poesie, roman zi, racconti e storia mi affasci navano come mi affascinavano certi paesaggi e i boschi. O forse più. Mi immergevo quelle pagine e non mi rende vo conto del tempo che passa va, e quasi sempre era i' gnor Mario che diceva: — Ubi, caporale, è ora di chiudere. — Ma era anche così buono che provava compassione o ri spetto e aspettava che la mo glie lo chiamasse da sopra: La cena è pronta in tavola! Quando il maresciallo furie re ci faceva la paga, la deca che le più volte diventava quindicina, potevo permettermi di comperare un libro. Ma ora il problema si presentava nella scelta e passavo da uno scaffale all'altro tenendo i soldi in mano. 11 libro doveva costare poco, non essere molto voluminoso perché trovasse posto nello zaino e tale da .' non gravare la schiena troppo oltre i trentaduc chili regolamentari che assommavano il corredo, i viveri di riserva, le munizioni, la corda, la lanterna, il telo e la coperta, eccete' ra. Insomma dopo tante incertezze e calcoli mi trovai con La divina commedia, L'Orlando furioso e // bel paese di Stoppane Tutti nelle edizioni economiche Rarion. Due di questi libri sono rimasti nello zaino che dovetti abbandonare sulle montagne della Grecia nel novembresnpdpdvcfgcfmvCalltpv"q di o O — . successivo; la Commedia la tenevo nella borsa della mascheantigas che, buttati maschcc filtro, serviva da borsa personale. Libro e fotografia della ragazza che tenevo tra le pagine sono finiti nelle steppe dell'ansa del Don dove mi trovavo nell'estate del 1942, perché un colpo di mortaio che aveva anche leggermente ferito tagliò di netto la cinghia di tela che teneva la borsa tracolla e nella baraonda del combattimento Commedia e fotografia rimasero poi nelle mani dei soldati russi. (Tante volte mi veniva da chiedere: Che ne avranno fatto? Cosa avranno pensato?). Questa la fine dei mici tre libri di guerra comperati con la paga del soldato in un paese tra le Dolomiti. Passarono molti anni, piU trenta, e un giorno con li posta mi vidi recapitare un lieo raccomandato che veniva proprio da quel paese del "Ventino e che come mittente portava a stampa il nome di quella libreria, dove trascorrevo le mie serate povere di soldi ma ricche di curiosità letterarie. Il plico che mi suscitò un enorme accavallarsi di ricordi che svolsi con emozione conteneva per me un libro prezioso e tanto ricercato, che sapevo esistere ma che mai ero riuscito a trovare. Era stato stampato dall'Istituto Italiano d'Arti Grafiche di Bergamo nel 1908 e descriveva e riportava fotografie e costumi della gente e delle case della mia terra com'erano prima che la Grande guerra tutto distruggesse. E proprio per questo il ibro era diventato raro. L'accompagnava una breve lettera dove il più che ottuagenario libraio scriveva ciie era un mio affezionato lettore e che, pri ma di cedere l'azienda, nel fare 'inventario aveva trovato nel l'angolo più nascosto il libro che mi univa, pensando l'avessi caro. Era stato un acquisto fatto ancora da suo padre, ai tempi di Francesco Giuseppe. Non poteva sapere, il signor Mario, che l'autore di quei racconti che leggeva con piacere era quel giovanissimo caporale degli alpini che pazientemente tollerava nella sua bella libreria; con tanta grata memoria glielo scrissi ringraziandolo di tutto, più per allora che per il prezioso e raro libro. Mi rispose ricordando que estate e di quando lasciam in qrncccimsdrancccmo quella valle per andare Grecia in un mattino buio piovoso; ma i suoi ricordi erano più vivi e limpidi là dove mi raccontava della Grande guerra che aveva vissuto sulle mie montagne combattendo dalla parte dell'Austria. Era addetto alle stazioni delle teleferiche che trasportavano in quota i materiali e a valle i feriti; mi scriveva delle bufere di neve, delle artiglierie italiane che sparavano sugli impianti e che uccidevano tanti suoi compagni. Era stato per un inverno sul culmine di quella montagna dove ancora ci sono resti della sua baracca, gli scavi dei ricoveri, gli zoccoli di cemento con le barre di ferro per i cavi. Lassù per tanti anni andavo nel tardo autunno a cacciare le pernici bian che (state tranquilli, da tempo ci siamo imposti di non cacciare su quel monte tanto bel lo e diffìcile). Ma ieri l'altro ci sono risali to per portare un pensiero al mio amico libraio. Il vento soffiava dai canaloni portando fiocchi di nebbia e una coppia di aquile volteggiava in caccia; i boschi, in basso, si perdevano fin dove arrivava lo sguardo, dalla foschia estiva emergeva la cima da dove Robert Musil guardava la mia terra -a baracca dove i soldati au striaci avevano passato un inverno era crollata, le travi del tetto e le tavole stavano diventando humus e tra queste crescevano cuscini di campanule e di sassifraghe; vi affioravano resti di scarpe, coperchi di gavette, cucchiai, chiodi. Tra questo c'era il ricordo del signor Mario, libraio trentino, che quando infuriava la tormenta e dondolava la lanterna leggeva Dante; come io lo leggevo su altre lontane montagne. Mario Rigoni Stein

Persone citate: Mario Rigoni, Robert Musil

Luoghi citati: Austria, Bergamo, Grecia, Trentino