Nebbia sul sogno di Luther King

Nebbia sul sogno di Luther King Oggi a Washington la marcia per i diritti civili, a venf anni da quella, storica, guidata dalP«apostolo nero» Nebbia sul sogno di Luther King Dopo tante speranze e alcuni successi, la situazione dei negri americani torna a essere diffìcile • Un deputato bianco: «Dobbiamo farci l'esame di coscienza e chiederci se non torneremo al razzismo del dopoguerra» - L'atmosfera nel profondo Sud è cambiata, ma la razza torna a contare nella ricerca dell'impiego, le tensioni riesplodono - E nei ghetti, spesso, si è sull'orlo della guerra DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — Nella storia dell'emancipazione negra, l'assolato 2B agosto del 1963 è la data più emotiva. Quel giorno, dalla Casa Bianca al Campidoglio, 250 mila «blacks» marciarono attraverso Washington. In maggioranza provenivano dal profondo 8ud, e 11 guidava un pastore protestante sconosciuto, dal nome di Martin Luther King. Anche il giovane cattolico irlandese che due anni e mezzo prima era stato eletto presidente, sconfiggendo Nixon, ascoltò il loro grido di dolore. Egli capiva che 11 momento dei diritti civili era ormai giunto: e sapeva che quel giovani sarebbero stati i protagonisti del domani. In quasi due secoli, la capitale non aveva mai visto una dimostrazione simile. La gente piangeva ascoltando Martin Luther King. «Io sogno» diceva il prete negro. «Sogno che un giorno nelle rosse colline della Georgia i figli degli ex schiavi e i figli dei loro ex padroni possano sedere insieme al tavolo della fratellama... Sogno che un giorno persino lo Stato del Mississippi, uno Stato che trasuda nel bollore dell'oppressione, si trasformi in un'oasi di libertà e di giustizia... Sogno che un giorno i miei quattro bambini vivano in una nazione che non li giudichi dal colore della pelle ma dal contenuto del loro carattere... Oggi io sogno». La marcia dei 250 mila influì drammaticamente sulla vicenda americana. Meno di due mesi dopo, il giovane pre sidente, John Kennedy, moriva assassinato a Dallas, la roccaforte della reazione nel profondo Sud. Neppure cinque anni più tardi, seguivano la stessa sorte il fratello di John e Martin Luther King. Ma nell'Intervallo, uno degli uomini più maltrattati della storia americana, Johnson, realizzava in parte la visione del pastore protestante negro. Sulla scia di quel discorso trascinante, egli attuava le riforme più radicali della superpotenza. Una dopo l'altra caddero molte barriere della discriminazione. Senza colpo ferire, Johnson Incominciò a cambiare la faccia degli Stati Uniti: pochi allora si resero conto che «il presidente della guerra del Vietnam», come fu chiamato, evitò miracolosamente un'altra guerra, quella civile, fratricida, tra razze. In breve gli americani coprirono un'enorme strada: dal miraggio, le nuove frontiere kennedyane divennero realtà. Per l'anniversario di quel fatidico giorno, il deputato democratico Peter Rodino, ha cosi riassunto gli effetti della più coraggiosa delle leggi di Johnson, il «voting rights acU, che sancì 11 suffragio universale. «Dal passaggio della legge — ha detto Rodino — il numero dei "blacks" elet ti a cariche pubbliche si è quadruplicato... Oggi sono negri i sindaci che governano le nostre più. grandi città, dove venti anni or sono si proibiva loro di votare... Ispirandosi a Martin Luther King, i leaders delle altre minorarne sono riusciti a ovviare ad alcune ingiustizie economiche e soclall». Al giovani, ha osservato Rodino, tutto ciò appare perfettamente logico: ma 1 loro padri ricordano le segregazioni sugli autobus e nei ristoranti, le mute dei cani con cui la polizia stroncava le proteste, i morti. ^Quella dell'emancipazione — dice il depu tato democratico — più die una strada fu un calvario». La nostalgia del 28 agosto del '63 ha riportato a Washin- gton gli eroi dei diritti civili, da Jessie Jackson, che sta per presentarsi candidato alla presidenza degli Stati Uniti, all'ex ambasciatore all'Onu e attuale sindaco di Atlanta Andrew Young, allievi entrambi di Martin Luther King; da Ted Kennedy, l'ultimo discendente della più martoriata dinastia politica americana, a Lane Kirkland, il segretario della confedera¬ zBfiFsdfdJtvm zione sindacale Afl-Cio; da Betty Friedan, la vestale del femminismo, a Tom Hayden, il marito dell'attrice Jane Fonda, ex leader della contestazione studentesca. Ma fin dalla vigilia la presenza più forte si preannunciava quella dei caduti: Medgar Evers e Jonathan Daniels, assassinati per aver incitato i negri a votare, Lee Jackson ucciso in municipio, e tutti gli altri che col loro sangue mobilitarono la massa anonima. Proprio il ricordo dei tormenti patiti e delle battaglie vinte colora però di rammarico il bilancio dei negri americani negli ultimi vent'anni. Il tempo non ha rafforzato ma ha indebolito il sogno di Martin Luther King. Sotto le mazzate di Nixon prima, e in seguito ai tagli del bilancio statale di Reagan poi, la «grande società» di Johnson rischia di sfaldarsi. La burocrazia e la disoccupazione, sempre più crudeli con i deboli e gli sfortunati, fanno il resto. Torna a essere un assioma della civiltà statunitense che chi nasce negro e povero ha molte più probabilità di finire in galera di chi nasce bianco e ricco. «Dobbiamo farci un esame di coscienza — afferma Peter Rodino — e chiederci se non finiremo per tornare al razzismo dell'immediato dopoguerra. E' triste temere che il sogno svanisca nel momento in cui vorremmo esaltarne la conquista ». L'amarezza del deputato democratico non è senza fon damento. L'atmosfera del profondo Sud è cambiata: il negro agiato frequenta lo stesso club del bianco, e il black-boy» può complimentare per strada la «white girl senza che il Ku Klux Klan organizzi una spedizione puni tiva. Ma la razza torna a con tare nella ricerca dell'impie go, e le tensioni riesplodono nelle campagne elettorali. Sullo rosse colline della Georgia 1 figli degli ex schiavi e i figli degli ex padroni dialogano ma non esiste fratellanza, come auspicava Martin Luther King. Nei ghetti, spesso si è sull'orlo della guerra: le esplosioni sono sporadiche, ma spaventose. Persino nell'illuminato Nord-Est, culla della tolleranza americana, lo slogan «negro è bello» ha ceduto 11 passo ad un atteggiamento ambiguo: 11 bianco, in qualche modo, si sente di nuovo minacciato. Cosi, in luogo delle obsolete pantere nere della fine degli Anni Sessanta e inizio Anni Settanta, sorgono gruppi terroristici di ispirazione comunista. La seconda grande marcia negra su Washington ha il senso di un richiamo ai partiti e alle istituzioni americane agli impegni di un ventennio fa. E' un potente messaggio contro Reagan: il presidente del riarmo e del confronto col comunismo in Centro Ameri¬ ca non può ignorare il problema che gli ribolle nuovamente In casa. La candidatura di Jessie Jackson alla Casa Bianca spacca in due la massa dei «blacks» e il partito democratico. La parte più timorosa e moderata la ritiene una inutile sfida, che alienerà a molti elettori i più seri antireganauti, Mondale e Glenn; la parte più aggressiva e progressista la considera una crociata capace di scuotere il Paese, che potrebbe culminare con Jackson alleato allo stesso Glenn o a Mondale, e nominato vicepresidente. La maggioranza silenziosa Usa, il cosiddetto voto fluttuante non si è ancora pronunciata: il suo silenzio è un segno di sorpresa. Sarà il tempo a dire se dalla celebrazione del 23 agosto dell'83 è emerso un altro Martin Luther King. Jessie Jackson non è certo il Gandhi americano, ma è anch'egli un capo carismatico. La folla si sente trascinata, e lo segue: lo slogan che più risuona di frequente oggi nella campagna pre-elettorale è «run Jessie run», che riecheggia quello assai più minaccioso dell'età della contestazione, « bum baby bum». Allora, quel grido suonava come un appello a bruciare tutto ciò che sapeva di establishment nella civiltà americana; oggi l'urlo negro suona come incitamento a una competizione equa e non sanguinosa. Ma dietro la figura di questo predicatore del profondo Sud, bello e alto, che infiamma di passione gli uomini della sua razza, è l'ombra di una spinta rivoluzionarla sempre più forte. Jessie Jackson potrà non presentarsi candidato alla Casa Bianca, o se si presenterà, verrà di certo sconfitto: ma non per questo il problema oggi da lui riassunto verrà risolto. E più l'America tarderà a realizzare il sogno di Martin Luther King, più sarà probabile che la rabbia negra alla fine esploda. Ennio Caretto Washington. Una foto slorica: vcnl'anni fa circa 200 mila persone sfilarono per la Constitulion Avenuc della capitale americana per chiedere l'abolizione di tutte le discriminazioni razziali; li guidava un giovane pastore protestante negro: Manin Luther King