Il Nucleo della Tributaria nelle banche controlla i conti «in odore» di mafia di Giuliano Dolfini

Il Nucleo della Tributaria nelle banche controlla i conti «in odore» di mafia Indagini a tappeto, e nel massimo riserbo, in tutti gli istituti di credito Il Nucleo della Tributaria nelle banche controlla i conti «in odore» di mafia Sono già più di mille gli accertamenti richiesti dalla magistratura torinese e dal prefetto di Palermo ed eseguiti dalla Guardia di Finanza - I legami sommersi tra Sicilia e Piemonte passano attraverso investimenti di miliardi Oltre mille ordinanze di controlli nelle banche torinesi da parte della magistratura palermitana, dell'Alto commissario dott. De Francesco, giudici e questure di tutta Italia, per indagare sul denaro sporco proveniente dalle atti- vita mafiose siciliane. Un fiume di denaro che dalla Sicilia sarebbe arrivato a Torino e in Piemonte, per essere poi reinvestito in attività pulite. Da gennaio scorso gli uomini del Nucleo tributano della Finanza hanno trasmesso agli istituti di credito le richieste di verifica sui conti correnti, depositi e movimento di denaro appartenente a persone in odore di mafia. Un arcipelago che comprende manovali, capibastone. pezzi da 90. prestanomi. parenti, amici degli amici, società fittizie o con una facciata di legalità. Tutto questo secondo la nuova legge antimafia 646. nota come legge La Torre, la quale prevede gli accertamenti bancari sulle consistenze patrimoniali di coloro che hanno accumulato guadagni ingenti con attività di stampo mafioso. E tramite il controllo dei versamenti, assegni, passaggi, bonifici, saldi, si possono conoscere gli intrecci delle cosche ed i loro adepti. Sui primi risultati delle indagini bancarie nella nostra città c'è il più stretto segreto. Se dalle banche siciliane in pochi mesi sono stati ritirati 8000 miliardi di depositi per evitarne il sequestro, anche nelle banche torinesi probabilmente c'è chi si è affrettato a prosciugare il proprio conto. Una cosa è certa ed anche provata dalle indagini: tra la Sicilia ed il Piemonte, specialmente Palermo e Torino, c'è un canale preferenziale di denaro sporco. Nella giungla delle attività mafiose emerge il traffico della droga: eroina, cocaina e marijuana. Da un chilo di oppio si ricavano 120 grammi di eroina di base. Con l'aggiunta di zucchero, mannite, bicarbonato si ricavano 700 fiale o 2400 dosi da un grammo. Queste ultime sono vendute a 100-120 mila ognuna, con un guadagno di circa 300 milioni. Sono proprio questi e altri traffici che negli ultimi anni hanno fatto aumentare i delitti di stampo mafioso a Torino. Esecuzioni in piena regola: da Gaetano Catalano sgozzato a Trana. a Paolo Di Gennaro morto di lupara in lungo Dora Firenze, fino a Giorgio Gozzi ucciso a Vino- vo. a Paolo Guttuso che viaggiava in auto blindata. Un esempio della ramificazione mafiosa nella nostra città. Un magistrato che indaga sui traffici della droga ordina la cattura di Gaetano Fidanzati, boss in ascesa, erede di Germano Alberti, il «mammasantissima». E' arrestato a Milano, e con lui altri 8 personaggi. Tra questi. Antonio Mura, che a Torino risulta titolare di una piccola azienda che produce isolanti. Chi è la segretaria di Mura? Rosa Coppola, nipote del più celebre «Frank tredita Coppola», boss italo-americano. Arrestato Mura, due settimane dopo viene ucciso in piazza Vittorio Antonino Bulla, detto «il passo». Più tardi Mariano Cavallaro, benzinaio davanti alle Nuove, cognato di Salvatore Buscetta, noto personaggio delle cronache mafiose, è eliminato a rivoltellate in corso Inghilterra. In casa aveva mille sacchetti vuoti di plastica. Come quelli usati per la droga. Mura era solito telefonare in Sicilia a Francesco Cinardo, «don Ciccio-. Incensurato, don Ciccio era amico di Giuseppe Di Cristina, boss di Riesi. ucciso a Palermo nel '78. Ed il cerchio si chiude in fretta. Il giorno dopo l'uccisione di Cavallaro, il Cinardo esce di casa. Ma non farà più ritorno. In contrada Cimina il suo cadavere sarà trovato sfigurato. La lupara aveva preceduto 11 mandato di cattura della Procura torinese. Ora le banche stanno rispondendo alle richieste dei magistrati e del prefetto De Francesco. Ed emerge un flusso di denaro notevole (sono miliardi) che a Torino e in Piemonte viene investito in immobili, negozi, attività industriali e finanziarie. Si sta dunque lavorando per identificare la mappa sommersa della filiale torinese della mafia siciliana. Che sarebbe molto più consistente di quanto si creda. Giuliano Dolfini