Tra le leggendarie vele di Newport

Tra le leggendarie vele di Newport LA BANDIERA DI AZZURRA NEL GRAN PAVESE DELLA COPPA D'AMERICA Tra le leggendarie vele di Newport L'Italia è entrata con onore nel club velico più esclusivo del mondo - Il promontorio del Rhode Island, con cinquemila yachts in rada e le fastose ville di antiche famiglie, appare come la capitale dell'aristocrazia del mare - La regata è ormai un grande torneo fra nazioni, nel quale barche estremamente sofisticate gareggiano come simboli del livello industriale raggiunto DAL NOSTRO INVIATO | NEWPORT — Gid si annunciano nuovi sfidanti per la prossima edizione della Coppa d'America, fra tre o quattro anni: Germania, Giappone, Spagna, forse anche il Messico. Per alcune nazioni l'ingresso in scena a Newport assume l'importanza che la promozione sociale ha per l'individuo. La Coppa d'America non è una serie di regate ma propriamente un torneo, in cui una barca eletta a simbolo cerca di affermare il prestigio di unanazione e di assicurarsi una parte di leggenda, alimentata anche dalla imbattibilità dello sfidato. Tutto fa parte di una leggenda, a Newport. Il luogo, anzitutto. Una ragnatela di isole, insenature, acque interne, un tripudio di verde con quei boschi secolari e quei prati che scendono fino al mare. Le basse case di legno con la data di nascita in bella mostra, dipinte di giallo, crema, rosa, blu o verde chiaro, le colonne bianche. Case allineate sui moli e lungo viali silenziosi. I resti di antiche fortificazioni, di depositi militari e mercantili. L'odore di pesce. Il segnale da nebbia che ripete ogni pochi secondi il suo lamento un po'lugubre. Una Saint-Tropez atlantica, moltiplicata dieci volte, con cinquemila barche d'ogni tipo in rada e in ogni.angolo la memoria dell'antico paese di marinai e di balenieri, fondato nel 1639 da un piccolo gruppo di pellegrini venuti dall'Europa passando per Nantucket, la vicina isola dalla faina sinistra. E' curioso annotare che lo spirito religioso delle origini fu ben presto sopraffatto da quello commerciale: Newport divenne un centro del traffico di schiavi, scambiati con la melassa delle Indie occidentali da cui ricavare il rhum. La città marinara fece fortuna. A questa storia infame si sovrappose alla fine del secolo scorso la leggenda dei grandissimi ricchi, ben presto legata alla tradizione marinara della regione e alla Coppa d'America (anche se fino al 1930 le regate avvenivano a Neil' York). L'aristocrazia del denaro divenne l'aristocrazia della vela. Qui costruirono i loro palazzi e le loro ville, con fasto e ingenuità incredibili, famiglie come quella dei Vanderbilt (c'è anche la Hammersmith Farm in cui John e Jacqueline Kennedy passavano le vacanze). Harold Vanderbilt, nipote dell'uomo più ricco d'America, difese la Coppa al timone di barelle indimenticabili, entrate nella storia dello yachting, come il Rainbow vincitore nel 1934 contro lo sfidante inglese Endeavour. Oggi la villa Vanderbilt, costruita a Newport nel 1895 su modello rinascimentale, vie- ne visitata a pagamento dai turisti. Nel vicino palazzo Rosecliff, imitazione di Versailles, si è celebrata sabato scorso la festa dell'America's Cup, con migliaia di invitati che hanno pagato a caro prezzo il biglietto. Sullo stesso promontorio, avvolta alle spalle da querce secolari e affacciata su un Immenso prato di tenerissimo verde, è un'altra villa affittata dal gruppo di sponsors italiani (hanno versato in tutto più di sei miliardi per questa spedizione) e battezzata Villa Italia. Quasi ogni giorno sotto gli alberi e i grandi tendoni a strisce biancoverdi di gusto inglese (siamo nel New England, anche se Newport appartiene al piccolo Stato di Rhode Island) passa una catena continua di ctbì prelibati e di bevande, di vini e spumanti italiani. Verso sera il barbecue. Se Azzurra è entrata con autorità nella leggenda di questo straordinario torneo velico, i suoi sponsors sono entrati senza risparmio nell'opulenza di Newport, aprendo una campagna di pubbliche relazioni die si sta rivelando molto fruttuosa. E' indicativo il fatto che oggi le sfide europee non vengano più lanciate da singoli ma da gruppi di finanzieri, di banche, di aziende industriali o commerciali. Non tentano l'assimilazione nell'aristocrazia americana della vela ma contano di fare buoni affari. Il barone Bic, pur non riuscendo a brillare a Newport, ha invaso gli Stati Uniti con i suoi rasoi da gettare dopo l'uso. Tutti ricordano che uno dei più accaniti e sfortunati sfidanti del passato fu l'irlandese Sir Thomas Lipton. Spese fortune colossali per rinnovare la sfida dal 1899 al 1930 e fu sempre sconfitto. I suoi «Shamrock» erano barche stupende, oggi impensabili: al confronto i dodici metri sembrano fuscelli. Quaranta metri di lunghezza, 1500 metri quadrati di vele, quaranta uomini di equipaggio. Pare che Sir Thomas Lipton ripetesse dopo ogni sconfitta: «Non importa vin¬ cere ma vendere bene». Pensava al suo tè divenuto famoso. A quei tempi il duello era veramente tale: due sole barche si affrontavano per pochi giorni. La leggenda della Coppa d'America venne te-' nuta viva da soli sfidanti di oltre Manica fino al 1962 quando comparvero a Newport gli australiani col dodici metri Gretel (la guerra mondiale aveva segnato la fine dei grandi«J. Boats,. dei tempi di Vanderbilt, già nel 1938 Olin Stephens aveva progettato un portentoso dodici metri, il Vira). La superiorità americana cominciò a vacillare. Gli australiani ritornarono all'assalto nel 1967con Dame Pattie, nel 1970 con Gretel II, nel 1974 con Southern Cross, nel 1977 con Australia e furono sempre fortissimi. La Coppa rimase negli Stati Uniti grazie a un dodici metri che ancora oggi è uno dei migliori «defender», il Courageous (sempre di Olin Stephens). A sua volta sta diventando mito. Nell'edizione di quest'anno gli australiani fanno veramente paura agli americani, col loro dodici metri munito di alette efficacissime e però studiate in Olanda. Il livellamento progressivo dei valori è in parte dovuto alla caduta dei vecchi regolamenti per cui lo sfidante doveva presentarsi con una barca inte¬ ramente fatta in casa con materiali nazionali e con vele nazionali. E' risaputo che i tessuti più sofisticati sono prodotti con fibre del colosso chimico Du Pont. Oggi gli sfidanti possono comprare l'albero e i tessuti negli Stati Uniti. Il dodici metri, lungo in realtà 19,90, pesante da 24 a 28 tonnellate, è una macchina da competizione (Azzurra è costata più di un miliardo di lire) che ha qualcosa di simile a un aereo (gli studi sulla forma della parte immersa) e che è costruita interamente in alluminio. Diventa in sé un oggetto che esprime la qualità di un Paese industriale, perlomeno di una sua parte. Però ha bisogno di uomini esperti, atleticamente validi, per dare il meglio. Cino Ricci è riuscito a metterli insieme. Altri velisti italiani non sono meno bravi di lui o del biondissimo timoniere Pellaschier. Ma qui ha contato la capacità di tenuta. Questo è forse il punto più importante all'attivo della spedizione di Azzurra: nel corso di interminabili regate eliminatorie il nostro equipaggio ha tenacemente imparato non solo a condurre con maestria il dodici metri, sconosciuto in Italia, ma a reggere la tensione del duello ravvicinato, con la malizia e i trucchi tìpici della regata in Coppa d'America. Un esempio: il «circling» alla partenza, una serie continua di cerchi, con virate e strambate e finte, per mettere sotto l'avversario e guadagnare la posizione migliore allo scatto iniziale. Lo spettacolo è affascinante. Visti da un elicottero o da un aereo, i due dodici metri die si incrociano e si inseguono a breve distanza sembrano due sottili siluri, sbandati sotto le vele immense, seguiti a rispettosa distanza da migliaia di barche a vela e a motore. Quando la nebbia scen-' de sul campo di regata i duellanti emergono come figure immaginate o estratte da antiche illustrazioni. Regate di altri tipi di barche, qui o in Mediterraneo, non sono però meno spettacolari, forse sono anche più valide sul piano tecnico e sportivo. Ma non diventano un torneo di Paesi e non sconfinano nella leggenda. Ogni epoca ha bisogno dei suoi grandi giochi. Dopotutto questi costano molto meno di una gara automobilistica o motociclistica, di un incontro di boxe: non mettono a repentaglio vite umane, fanno conoscere lo sport della vela. In Italia ogyi molti parlano di bolina e di spinnaker, ieri ignorati. Un risultato raggiunto, anche se il 13 settembre non sarà Azzurra a sfida-' re il dodici metri americano. Mario Fazio li' ^^^^^^^^^^^^^ Npdf Newport. I «dodici metri» americani in gara. A sinistra il «Courageous», che difenderà la Coppa d'America contro Io sfidante-