Una ragnatela di nomi nell'indagine su Gelli

Una ragnatela di nomi nell'indagine su Gelli Le ricerche dalla Costa Azzurra alla Riviera Ligure Una ragnatela di nomi nell'indagine su Gelli DAL NOSTRO INVIATO NIZZA — Dovè LicioGelli? Al commissariato centrale della «Pollce Nationale», in boulevard Marécha! Foch a Nizza, il commissario George Borelli. l'uomo che martedì mattina ha fermato come testimone Martha Fanarelli. la nuora dell'ex capo della P2 rilasciandola dopo quasi dieci ore di interrogatorio, allarga impotente le braccia. «Da 14 giorni siamo impegnati a risolvere questo "giallo": stiamo seguendo diverse piste interessanti— dice—; dove però possa essersi nascosto l'evaso di Champ Dollon proprie non lo so». Un altro funzionario della Gendarmeria poco dopo aggiunge: «Certamente in tutta questa paradossale faccenda non possiamo escludere complicità italiane». Di che si tratta? E' impossibile saperne di più. Sembra comunque che i nostri servizi di sicurezza stiano cercando queste «complicità» già da alcuni giorni anche nella Riviera dei Fiori, nell'arco che da Pietra Ligure va ad Imperia. Sanremo. Ven- timlglia. Gli investigatori stanno analizzando anche uno strano annuncio economico fatto pubblicare da Alain Deverini a metà marzo sulle pagine liguri del nostro quotidiano. Il testo dice: «Barboncìno grigio perso a Montecarlo il 13 marzo. Ricompensa a chi lo riporterà. Telefonare al 500678». Il numero corrisponde all'atelier del decoratore amico dei Gelli. finito in carcere tre giorni fa. Il cagnolino è stato veramente perduto? o si tratta di un messaggio in codice? Anche questo interrogativo potrà scioglierlo solo Deverini, uno dei tanti punti di riferimento che il «clan» del «maestro venerabile» pare avesse tra Montecarlo e Cannes. La polizia francese — dai commissario Borelli al responsabile della polizia dell'aria e della frontiera delle Alpi Marittime, Roger Gianola — starebbero indagando anche su altri «prestanome» di Licio Gelli e del figlio Raffaello, l'artefice dell'evasione dal carcere di Ginevra. L'inchie- sta è «top-secret». A Palazzo di Giustizia sono rimbalzati due nomi: Luciani e Leclerq. L'ex capo della P2 nel passato, si dice, avrebbe operato in Francia servendosi dell'identità fasulla di Luciani. Il figlio con quella di Leclerq. Chi sono però i veri Luciani e Leclerq? A Nizza abbiamo rintracciato un Luciani. E' l'avvocato George Luciani. Ed è il legale della famiglia Gelli. «Ho saputo — ha ammesso nel corso di una breve intervista telefonica — che nel passato Licio Gelli si sarebbe servito del mio nome. Ma io sono all'oscurodi tutto». — E' vero che Raffaello Gelli due giorni fa si sarebbe messo in contatto con lei per studiare l'eventualità di presentarsi alla polizia? •Anche se fosse, non lo direi certamente». — Mercoledì ha assistito all'interrogatorio della signora Martha, la nuora dell'ex capo della P2? «No, non ce n'era bisogno. La signora è stata ascoltata come testimone. E non poteva essere diversamente». E Leclerq? Su lui c'è ancora confusione. Pare tra l'altro sia stato coinvolto nello scandalo del Casinò di Nizza. Amico di Raffaello, si dice, il suo nome spesso figurerebbe nei «dossier» della polizia accanto a quelli di camorristi e mafiosi Italiani e a malavita internazionale, sospettati di voler mettere le mani nell'edilizia e in altre attività economiche ad alto reddito della Costa Azzurra. Di certo per il momento gli investigatori hanno solo l'arresto di Deverini. Il suo difensore, l'avv. Yves Bonello, è a Parigi. Rientrerà lunedi. Prima di partire dall'aeroporto di Nizza ha risposto ad alcune domande. — Ha saputo di Gelli-Luciani? «Si. La famiglia del "maestro venerabile" ha sempre avuto un debole per i nomi degli altri. Li usa spesso. Questo però dimostra che il mio cliente Ita detto il vero; che non sapeva che i Gelli si servissero del suo nome per loschi affari quando gli hanno detto di affittare l'automobile o quando gli hanno parlato dell'elicottero». — Il giudice istruttore Boisseau ha negato alla moglie dei suo cliente, signora Josette, il permesso di vederlo in carcere. •Si, perché listruttoria non permette ancora contatti con l'esterno». Roberto Basso