La caccia al miliardo di Mario Pirani

Là caccia al miliardo QUALI LE PRIME MOSSE DI CRAXI? Là caccia al miliardo e Edorasonfiorili igelsomini l nella mia iena d'Africa I lontano...» recita forse in cuor suo, sulla scia dei nostalgici versi di Ungaretti. Bettino Craxi. «retour» dai dolci lidi di Hammamet. tanto cari ad André Gide e ai poeti crepuscolari. La vacanza tunisina quest'anno è stala più breve del solito e deve apparirgli, ormai, assai più lontana di quanto i giorni intercorsi segnino sul calendario. Ma i pubblici affanni premono e il neopresidente sa di doversi apprestare a una serrata partita che fin dalle prime mosse lo obbliga a dare un segno al suo stile di governo, anche per giustificare la determinatezza con cui ha perseguito la mèta di Palazzo Chigi. Crisi economica. P2, missili, criminalità, secernono velenose misture che impongono rapidi e coraggiosi tamponamenti per evitare almeno gli esiti più catastrofici. La scommessa è ardua e la previsione difficile. Come gli Auguri ricavavano presagi dal volo degli uccelli così le nostre arti divinatorie, almeno in economia, si basano sui numeri della statistica. Ma non è certo che i responsi siano più attendibili e che i sacerdoti pagani valessero meno dcll'Istat. Che dire, ad esempio, dei contrastanti giudizi sul rallentamento del carovita registrato nelle grandi città? Mentre Francesco Forte, capofila degli ottimisti, sottolinea con pertinenza che si può sperare a questo punto su un annuo tasso d'inflazione sotto il 14*0 — tanto più che negli ultimi otto mesi la tendenza si snoda sull'I 1,7% — altri ne traggono assai minori motivi di sollievo. Per costoro il roseo dato di agosto non segna l'aurora dell'economia, ma è solo l'illusorio risvolto della caduta della domanda, della flessione della produzione industriale, scesa del 4f in sei mesi, della disoccupazione che ha toccato il record storico di 2 milioni 263 mila persone. Ad un minimo sintomo di ripresa l'inflazione esploderebbe di nuovo poiché non si è ancora riusciti né a riprendere il governo della spesa pubblica- né ad assicurare stabili condizioni di concorrenzialità ai nostri prodotti. Il programma che Craxi ha presentato alle Camere denota come il dilemma sia ben percepito, il che, peraltro, non significa essere in grado di risolverlo. Nel 1983 il governo vorrebbe, infatti, recuperare 13 mila miliardi per rientrare nel limile, già di per sé spaventoso, degli 80 mila miliardi di deficit, mentre per il 1984. quando si prevede uno sfondamento fino a 120 mila miliardi, lo sforzo di riequilibrio dovrebbe assumere caratteristiche mollo più drastiche. Il presidente socialista non sfuggirà, quindi, alla sorte dei suoi predecessori e sarà costretto a ricorrere a decretoni. tagli, ticket*», ^gravamenti fiscali a pioggia, nella affannosa caccia ai miliardi per tappare i mille buchi del pubblico bilancio. Questo percorso obbligato sarà. però, riscattato se egli davvero riuscirà contemporaneamente, come ha annunciato di prefiggersi, a introdurre da subito modifiche sostanziali di decelerazione e di controllo nei meccanismi della spesa previdenziale e sanitaria. Sarebbe inizio di quella indispensabile riforma delle riforme che. bruciando finalmente i feticci innalzati negli anni della finanza allegra e irresponsabile, ridisegni i limiti del Welfare State. L'altro pilastro della manovra di Craxi è l'introduzione di una politica dei redditi incentrata sul blocco (anche se viene usato il termine più edulcoralo di «invarianza») dei salari reali per un triennio e che presenterebbe, come contropartita, una qualche forma di controllo dei prezzi e, soprattutto, delle indicizzazioni tariffarie, assieme a una più incisiva ed equa tassazione del lavoro autonomo. Una strategia d'assieme. dunque, che potrebbe approdare a quel riaggiustamento dell'economia italiana che costò ai suoi propugnatori più recenti, da De Mita ai repubblicani, l'etichetta di partigiani della «nuova destra», «selvaggi» reaganiani e succubi della Confindustria. E' pur vero che nt\\'entourage di Craxi si parla di "soluzioni impopolari ma non ingiusto, da prendersi sia attraverso l'accordo delle parli sociali, sia. ove questo mancasse, mediante l'autonoma iniziativa del governo: ma basterà questo onesto proponimento per neutralizzare sia la demagogia endemica dei gruppi parlamentari e gli scavalcamenti interni delle correnti in lotta fra loro (vedi gli emergenti attacchi a De Mita perché, appunto, avrebbe disaiieso le tradizioni «popolari» — alias populistiche — delle clientele de) sia le reticenze di un movimento sindacale, frantumato al suo interno e. per tanta parte, condizionato alle spalle da un partito comunista che sembra, almeno nel gruppo berlingueriano. tenacemente impegnato nel fare fallire la scommessa di Craxi? Tutto questo il leader socialista lo sa benissimo. La sfida di Berlinguer può, peraltro, sollecitare la sua vocazione personale per le scelte, anche azzardale, più che per le defatiganti mediazioni. E in questa situazione può essere un vantaggio. Mario Pirani

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