Monique, regina degli atleti

Monique, regina degli atleti CHI SONO I QUATTRO «PADRONI» DELLO SPORT MONDIALE Monique, regina degli atleti Ex nuotatrice, dirige il Comitato Olimpico - Lo stesso presidente Juan Antonio Samaranch, barcellonese, sottostà al suo scettro - Anzi, in questa gerarchia ufficiosa merita solo il terzo posto - E' preceduto dal pontefice del calcio, il brasiliano Havelange - Al quarto posto il torinese Primo Nebiolo ROMA — Nello sport, die è praticato in maggioranza da uomini e dove comunque le donne corrono saltano lanciano nuotano volteggiano sciano giocano secondo regole impartite dagli uomini, quasi sempre con uomini a giudicarle, ad arbitrarle, il massimo potere è detenuto da una donna, una francese trapiantata da sedici anni a Losanna: la direttrice ami il direttore del Ciò (Comitato internazionale olimpico). Monique Berlioux, ex nuotatrice. Dal 1967 al 1969 il suo potere era ufficioso: dipendeva da lei il «dicastero» delle informazioni e della stampa, la sua autorità era grande ma, come dire?, carsica, affiorante solo in certe occasioni. Poi due anni di responsabilità dell'amministrazione. Dal 1971 la signora, sposata sema figli ad un giornalista francese ette divenne celebre per le idee e le azioni di destra negli anni della questione algerina, ha la direzione generale ufficiale dell'ente padrone materiale delle Olimpiadi e padrone morale di un po' tutto lo sport. Ha visto passare tre presidenti del do: lo statunitense Avery Brundage, che proprio prima di lasciare la carica ha portato la signora alla direzione, l'irlandese Michael Morris terzo barone di Killanin, sotto il cui regno la signora è assai cresciuta, lo spagnolo Juan Antonio Samaranch, che magari non ama la signora ma che ormai sembra non poter fare nulla contro di lei, diventata troppo importante. La graduatoria ufficiosa del potere, nel mondo dello sport, è questa: prima la Berlioux, secondo il brasiliano Joao Havelange, presidente della Fifa, l'internazionale del calcio, terzo nonostante tutto (cioè nonostante la Berlioux) Samaranch, quarto l'italiano Primo Nebiolo, presidente della Federazione mondiale di atletica leggera (e di quella italiana, si capisce), nonclìé della federazione mondiale universitaria. Le azioni di Nebiolo stanno peraltro salendo grazie all'ideazione, al lancio e all'organizzazione dei primi campionati mondiali di atletica leggera a Helsinki. Sapere chi conta, chi decide, chi è padrone nello sport mondiale, è interessante anche e specialmente in questi tempi di confusione nello sport italiano. Si è visto di recente come il calcio, che pure comanda in Italia ai sentimenti, alle passioni, alle masse, non comanda a se stesso. Il veto della federazione ai calciatori stranieri è stato rovesciato da un tribunale, la giunta del Coni, inventato da una legge — di Stato—emessa nel 1981, l'ormai famosa legge 91. che pochissimi avevano letto sino al paragrafo in cui essa istituiva questo tribunale speciale per esaminare le decisioni federali. E a decidere per il -si» ai brasiliani Zico e Cerezo, finiti rispettivamente all'Udinese e alla Roma, sono stati, insieme con Franco Carrara presidente del Coni, il presidente dell'importantissima atletica leggera, ma anche quello del canottaggio, quello dell'hockey a rotelle... A loro volta sottomessi alle precise indicazioni di forze politiche teoricamente nemiche fra di loro, nella pratica dei fatti o delle pressioni unite perché il Friuli e la capitale avessero i loro idoli dellapedata. Boicottaggio Nel mondo le cose sono abbastanza chiare, le graduatorie sono abbastanza precise, molto rispettate. Per andare contro al Ciò e imporre a un po' di nazioni assai amiche il boicottaggio ai Giochi olimpici di Mosca 1980, si è dovuto muovere di persona il presi¬ dente statunitense Carter: e' ora il suo successore Reagan rischia di «pagare* a Los Angeles 1984, se è vero che, sema nessun motivo preciso, Samaranch ha di recente auspicato che la parola .boicottaggio-» non entri nel lessico sportivo sovietico. La signora (e padrona) Berlioux è stipendiata dal Ciò e ogni tanto uno degli ottantanove membri del sacro consesso proprietario e affittuario dei Giochi olimpici le ricorda questa situazione. Ma lei tira avanti, fa e disfa con la forza dei direttori generali di ministero, i quali vedono passare i ministri. E' una donna ancora assai appariscente, è una bella signora anziana (classe 1925, nascita a Metz, in Lorena) non zavorrata né dal glorioso e faticoso passato sportivo come migliore dorsista del nuoto francese a cavallo fra gli Anni Quaranta e Cinquanta, né da una lunga attività come giornalista, produttrice di pellicole sportive, segretaria particolare del ministro francese allo Sport Herzog, il famoso alpinista. Ancora adesso, nelle acque del Lemano, la Berlioux fa nuoto e canottaggio e pedala intorno al lago con una bicicletta da corsa regalatale da Jacques Anquetil. Ha viaggiato tutto il mondo, ha scritto sacri testi olimpici e memorie di soggiorni in Cina, è stata ricevuta dai potenti della Terra. Guadagna meno di quando era giornalista, dice, e fa lavorare follemente i suoi sottoposti. Ha senso dello humour, sa anche scherzare sulla solennità del do, sulla vecchiaia dei suoi dirigenti (di recente è morto il decano, il sudafricano Honey, novantasette anni, ultimo legame ufficiale fra Sud Africa e mondo dello sport). Pare che sia lei a decidere chi ha diritto e chi no di diventare membro del Ciò: e dunque dovrebbero essere grate a lei le prime due donne ammesse al sacro consesso, una finlandese e una messicana, elette due anni fa. Juan Antonio Samaranch è un barcellonese di sessantatré anni, con un modesto passato di hockeista a rotelle. Esperto commerciale, politico accorto, è diventato ambasciatore della Spagna a Mosca, la città dove nel 1980 è salito alla massima carica sportiva mondiale. Due figli, gusti semplici, straordinaria versatilità per le lingue, apparente mitezza: e il desiderio di fare assegnare alla sua Barcellona l'organizzazione dei Giochi olimpici 1992, anno in cui si celebreranno i cinquecento anni dalla scoperta dell America ad opera di un suo concittadino, Cristobdl Colon, al massimo oriundo genovese. Samaranch è un dirigente del tipo mediatore-tessitore. Non prende di petto i problemi ma neppure li subisce. Tocca a lui gestire il passaggio storico dei Giochi olimpici dalla formula decoubertiniana, dilettantistica, a quella moderna di professionalismo se non anche di professionismo sportivo. Va avanti e indietro da una sponda all'altra del fiume olimpico, da quella «vecchia' a quella «nuova', fermandosi sempre di più su quella dove c'è l'oro moderno (di recente, comunque, è riuscito a fare esprimere al direttivo del Ciò un voto di mezza condanna sulla partecipazione ai Giochi di calciatori troppo arricchiti dal loro sport). Deve anche regolare, dosare la questione delicata dei Giochi di Los Angeles affidati dal suo predecessore a un comitato organizzatore privato e non a una città, prima volta nella storia delle Olimpiadi: comunque un vantaggio c'è già ed è l'alta cifra che finirà nelle casse del Ciò. attraverso la riscossione di « tasse* varie, prima fra tutte quella televisiva, alle quali i suoi predecessori manco avevano osato pensare. Samaranch è una sorta di pontefice di uno sport moderno dove fioriscono sette speciali, ai limiti dello scisma. Una di queste è la potentissima setta calcistica, officiata nei suoi riti supremi (su tutti il campionato mondiale ogni quattro anni) da Joao Marie Faustin Godefroid Havelange. brasiliano di Rio, origine belga, sessantasette anni, figli e nipoti, ex nuotatore e pallanuotista. impresario edile e consigliere di banche e compagnie d'assicurazione. Sta a capo della Fifa dal 1974. nel 1978 dichiarò che lottava perché gli succedesse l'italiano Artemio Franchi, presidente dell'Uefa, la federazione europea. Ma Havelange è sempre rimasto là, e semmai dovrà pensare a un altro successore perché il povero Franchi è morto quest'estate in un incidente d'auto. Portato alla carica massima dai voti del Terso Mondo, che ha cosi infranto la dominazione burocratica anglosassone, Havelange adesso è molto contestato proprio nel suo Brasile, al quale ha praticamente tolto l'organizzazione del campionato mondiale 1986, lasciata «libera* dalla povera Colombia, per non fare un favore a Coutinho, presidente della Federazione' brasiliana e suo nemico personale. Un'altra setta è quella dell'atletica leggera, forte anche del bagno di dollari che questo sport sta facendo, fra sponsorizzazioni e interessamenti televisivi. Da due anni è presidente dell'atletica mondiale Primo Nebiolo, italiano di Torino, sessant'anni, laurea in giurisprudema, un passato sportivo di saltatore in lungo, una praticacela utilissima nello sport universitario, che Nebiolo ha inventato come fenomeno mondiale. Superato in Italia da Franco Carraro (agli inizi della scalata internazionale) nella corsa alla presidema del Coni per succedere a Giulio Onesti, superato anche nella corsa, per la verità non troppo combattuta, per prendere il posto di Onesti come membro del Ciò, Nebiolo rfuori casa- si è ampiamente rifatto. Amico di re Viaggia con il passaporto diplomatico, può farsi ricevere oggi al Cremlino domani alla Casa Bianca, è amico di Fidel Castro e del re di Spagna. Nella vita privata si occupa, sempre più blandamente, di costruzione di strade. Sposato, senza figli, è un viaggiatore favoloso, capace di spostarsi dalla Cina al Messico sema mai denunciare un abito spiegazzato, una camicia non immacolata. Ha il senso altissimo e valido dello sport come spettacolo, l'atletica deve a lui forse più di quanto lui debba all'atletica. Sono questi gli uomini degli Alti Comandi. Poi ci sono i ras settoriali, su tutti Brian Ecclestone. l'inglese della Formula 1. del «circus* di piloti e macchine. C'è l'industriale tedesco che condiziona tanto sport con la sua immensa produzione di scarpe tute maglie borse, c'è lo statunitense che ha in mano il contratto pubblicitario dei più popolari campioni, Paolo Rossi compreso. C'era anche Federico Sordillo, di Dentecane (Avellino), avvocato a Milano, presidente della Federcalcio dell'Italia «mundial', sconfessato da un tribunale in cui stava il suo omologo dell 'hockey a rotelle. Gian Paolo Orme zzano