Francesi e Libici si rafforzano nel Ciad L'«ombrello» di Parigi sui Paesi vicini

 Francesi e Ubici si rafforzano nel Ciad u «ombrello» di Parigi sui Paesi vicini Mitterrand nomina il generale Poli, veterano d'Algeria, capo della spedizione Francesi e Ubici si rafforzano nel Ciad u «ombrello» di Parigi sui Paesi vicini La situazione resta calma lungo il quindicesimo parallelo, dove si fronteggiano governativi e ribelli - Le caratteristiche (ti-ir«operazione Manta», ben diversa dagli interventi compiuti da Giscard a sud del Sahara N'DJAMENA — I para francesi continuano a rafforzare i loro avamposti nel Ciad settentrionale, mentre i libici fanno affluire uomini e rifornimenti nell'oasi fortificata di Faya-Largeau. Lungo la zona del quindicesimo parallelo, dove sono attestati i governativi di Hissène Habrè, la situazione resta calma. Ieri il governo francese ha nominato il generale di brigata Jean Poli comandante della forza di pronto intervento nel Ciad. Veterano della guerra d'Algeria, Poli è considerato uno dei più brillanti ufficiali francesi. NOSTRO SERVIZIO N'DJAMENA — Qualunque cosa decida nelle prossime settimane il colonnello Gheddafi, i francesi sono tornati in Ciad per restarci. Vogliono provare la loro capacità di dar vita da soli a una operazione di grande portata, anche a costo di affrontare enormi problemi logistici. Questa, almeno, è l'impressione che dà l'<.operazlone Manta., cominciata da appena dieci giorni. . Non ha nulla in comune con certe «operazioni di polizia» compiute durante il settennato di Giscard a Sud del Sahara. A Kolwezi, nel maggio del 78, un battaglione della legione straniera era riuscito in un difficile assalto alla città mineraria di Shaba Zairos per liberare un gruppo di occidentali e cacciare i ribelli katanghesi che li tenevano prigionieri. Ma allora gli americani avevano assicurato una parte dei trasporti e truppe belghe avevano partecipato al seguito dell'operazione; i legionari erano rimasti sul posto appena tre settimane, e soprattutto gli uomini del colonnello Erulin erano arrivati senza materiale proprio. L'anno successivo nella Repubblica Centroafrlcana l'«operazione Barracuda», avviata per detronizzare un buffone sanguinarlo divenuto imbarazzante per Parigi, aveva impegnato un numero di soldati doppio, anche se l'operazione è poi sfociata nel dispiegamento a Bangui e a Bouar di un migliaio di soldati francesi. L'c operazione Manta» ha ben altra portata. Da parecchi giorni i grossi aerei da trasporto americani C 141 non scendono più a N'Djamena. Al contrario, i DC 8 della Cotam e i Transall dell'aviazione francese arrivano senza sosta. Questo aeroporto dalle installazioni rudimentali, alla periferia di una città mezzo distrutta dalla guerra, è una vera e propria strozzatura. Le armi, i soldati e il materiale vi arrivano troppo in fretta. I responsabili dell'«operazione Manta» sono affaticati: «.Riesco a dormire solo due o tre ore per notte-, dice uno di loro. Proprio per questa strozzatura, si sono dovuti utilizzare gli aeroporti di Bangui e di Bouar, e quelli di Garoua nel Camerun e di Niamey nel Niger. Le necessità di benzina all'aeroporto di N'Djamena sono aumentate trenta volte dall'inizio dell'operazione. Bisogna fare mille cose contemporaneamente: mettere insieme i pezzi degli elicotteri, organizzare la partenza degli istruttori francesi verso le basi avanzate, sistemare le batterie di missili, sistemare almeno sommariamente ac¬ campamenti in condizioni disastrose. L'«operazione Manta» si distingue anche per la sua natura. Patto nuovo, istruttori francesi partono in direzione di Salai, Biltine e D'Arada. vale a dire per la prima linea. Vanno a formare sul posto i «combattenti», cosi sono chiamati i fedeli di Hissène Habré. La loro protezione sarà assicurata da missili e, in caso di necessità, dai caccia Questo dispositivo viene organizzato in condizioni difficili e a prezzo di grandi investimenti. Il Ciad è di nuovo considerato una chiave della difesa dell'Africa francofona. Se confermata, questa scelta sarà durevole. L'«ombrello» deborda già sui Paesi vicini che potrebbero beneficiarne in caso di necessità. Si ha l'impressione, qui, che Parigi non voglia soltanto far capire al colonnello Gheddafi che i francesi non si ritireranno mai, ma anche indicare agli alleati africani che la Francia è in grado di contribuire efficacemente alla loro sicurezza. In breve, che l'ex madrepatria ha sempre i mezzi per fare una politica regionale. E' evidente che il regime di Hissène Habré è il primo beneficiario di questo «addestramento vigoroso». Il nucleo centrale del suo esercito, poche migliaia di uomini, sarà equipaggiato e addestrato. Questi ..combattenti» hanno fatto guerriglia o operazioni di commando per anni. Non portano né uniforme né gradi. La scommessa sembra dunque quella di dotare il regime di un esercito più forte, quali che siano le sue strutture; l'esercito francese svolgerà prima di tutto un ruolo di dissuasione nei confronti di ogni intervento straniero. Il colonnello Gheddafi ha senza dubbio capito il messaggio francese, ma le dichiarazioni che ha fatto giovedì in Tunisia sono interpretate qui come il tentativo di non rispondere, di guadagnar tempo senza mettere troppo alla prova Parigi e tentare di vedere se, a lunga scadenza, un eventuale deterioramento della situazione non giochi in suo favore. Il leader libico vuole senza dubbio capire fino a che punto si spingerà l'impegno francese per far marcia indietro o raccogliere la sfida. Mitterrand, almeno per quanto riguarda il Ciad, ha senza dubbio fretta di dimostrare clie la Francia è in grado di mettere un freno all'ambizione libica. Jean-Claude Pomonti Copyright (.1* Monde» V per l'Italia < 1.11 Stampa»