La diva metropoli

La diva metropoli IL CINEMA E LA CIVILTÀ URBANA La diva metropoli Può sembrare fin troppo facile stabilire un rapporto fra il cinema e la metropoli: fra i moili e le forme della rappresentazione dinamica della realtà, propri del cinema, e il luogo tradizionale della sua fruizione pubblica, la città, intesa come l'emblema stesso del dinamismo contemporaneo. Arte metropolitana per eccellenza, il cinema riflesse fin dalle sue prime traballanti immagini semoventi la vita cittadina '■— l'arrivo del treno in stazione, l'uscita degli operai dalla fabbrica — mostrandocene non soltanto l'apparenza, ma in certo qual modo l'essenza. Ma i rapporti tra la nuova arte tecnologica del ventesimo secolo e il modo di vivere, an ch'esso «tecnologico», della metropoli contemporanea, con le sue strade affollate, le automobili e i tram, gli sterminati quartieri periferici e i grandi palazzi-alveari, non sono soltanto di contiguità c di rispecchiamento. Sono rap porti più stretti, intrinseci, che si fondano su un profon do mutamento caratteriale dell'uomo metropolitano, abituato ad avere con la realtà circostante una serie di legami quotidiani all'insegna del movimento. Nella città moderna gli uomini si muovono, dentro e fuori degli edifici pubblici e privati, non soltanto nelle forme d'un dinamismo scono sciuto all'uomo di campagna ma anche stabilendo moltcpli ci relazioni interpersonali e in teroggettive che ne modificano il comportamento. La loro vita sembra quasi un film ininterrotto, scandito da un montaggio che ne evidenzia momenti salienti lungo tracciato d'un flusso di imma gini e di azioni fortemente rit mate. Già nei primi Anni Vent Laszlo Moholy-Nagy, che al cinema si stava interessando attivamente sul piano teorico c su quello pratico e proprio allora aveva progettato un film dal titolo Dinamica dilla metropoli, scriveva: «Con l'enorme sviluppo della tecnica e delle metropoli, i nostri organi di percezione hanno aumentato la /or capacità di svolgere simultanea mente funzioni ottiche e aclisti che». Era nata una nuova di mcnsione dell'uomo, appunto metropolitana», che il cincdoveva c poteva rappresentare attraverso la sua prodigiosa tecnica «simultaneista». Iìd è presentando il suo rogetto di film che MoholyNagy individua i caratteri d'unuova visualità dinamica: //; questo film i vari elementi visivi non devono necessariamente essere legali fra loro da un nesso logico, tuttavia le loro connessioni fotografiche e visive li co/legano a un vitale contesto associativo di spazio-tempo e rendono lo spettatore attivamente partecipe della dinamica della città». In altre parole, se la pittura soprattutto la fotografia erano state nell'Ottocento i mezzi più efficaci per rappresentavisivamente la città negli aspetti più vari della sua vita quotidiana — una città ancora priva di automobili, di mezzi pubblici elettrificati, delle folle assiepate sui marciapiedi — sarà il cinema, e solo esso, i rappresentare la nuova metropoli del Novecento. Una rappresentazione continuamente mutevole, come mutevole e la ta stessa della città (e non soltanto dei suoi abitanti), ot tenuta per mezzo d'una tecni ca che è basata sulla possibili» di mutare improvvisamente punto di vista e di creare le più imprevedibili combinazioni di spazio e di tempo. Cogliere in tal modo complessità e la molteplicità dell'esistenza urbana significa mmergersi nella realtà con temporanea forniti degli stru menti più adatti per comprcn lerla. li' il superamento della staticità — di pensiero e ci' rappresentazione — verso I "bera associazione di idee e i continuo cambiamento delle prospettive di percezione del reale. La metropoli diventa uogo dell'elaborazione d'un nuovo pensiero, d'una nuova sensibilità. Il cinema non sol tanto documenta questa novi tà, ma fornisce i mezzi perché essa si manifesti. «li' stato giustamente osservalo scriveva Walter Benjamin nel 1932 nella sua Berliner (J)ronik — che nei confronti, ad aempio, di una fabbrica moderna, difficilmente la fotografia reca qualcosa di essenziale, tali fotografie si possono paragonare forse alle stazioni ferroviarie, le quali, in un'epoca come l'attuale in cui il treno comincia a invecchiare, non danno più, in linea di massima, neppure il segnale di "via libera", con cui là città si libera dal proprio territorio dalle proprie tangenziali, come accade nelle vie d'accesso degli automobilisti. La stazione dà, ber così dire, le istruzioni per una manovra a sorpresa; ma si tratta di una manovra invecchiata, che ci riporta a quel/a precedente. Non diversamente è per la fotografia, anche per le istantanee. Soltanto al film si aprono vie d'accesso ottiche all'essenza della dita, simili a quelle che portano l'automobilista nella nuova city». Il cinema degli Anni Venti dpdfificc dei decenni successivi ci ha dato non poche immagini deimetropoli, si è aperto non poche vie d'accesso ottiche alessenza della città. La Berlino dei film tedeschi, la Parigi dei film francesi, la New York dei film americani — per limitarci segnalare tre città emblemache non solo della civiltà contemporanea, ma anche del cinema come spettacolo — rimangono i luoghi per eccellenza della mutevole vita quodiana d'oggi (o di ieri). E poco importa se queste immaini dinamiche della città sono a volte costruite nei teatri li posa. Ciò che conta è il gra lo.di «nuovo realismo» (alla -eger) che posseggono: la lofunzionc conoscitiva d'una realtà ambientale che determina le scelte dei singoli e quelle Iella collettività. Naturalmente anche la me tropoli, proprio per la sua intrinseca instabilità, ha subito radicali cambiamenti in questi ultimi anni, e forse si avvia — come la stazione di Benjamin a un precoce inyccchiamcn to. Anche la vita metropolita na non potrà che subire una rivoluzione, i cui esiti potreb bcro essere apocalittici. Alle mmagini, al tempo stesso drammatiche e affascinanti che il cinema ci aveva dato di Berlino, Parigi o New York contrappongono oggi quel le soltanto angoscianti e tcrri bili di 1997: fuga da New York di Carpcntcr o di Biade Rotinet di Scott. Se queste sono le metropoli del futuro, è il cinema, ancora una volta, a fornircene la rappresentazione più autentica. Gianni Kondolino

Persone citate: Laszlo, Nagy, Walter Benjamin

Luoghi citati: Berlino, Carpcntcr, New York, Parigi