I novizi del tempio del potere di Vittorio Zucconi

I novizi del tempio del potere INCONTRI CON IL FUTURO: COSI' IL GIAPPONE SI PREPARA AL 2000 I novizi del tempio del potere A Tokyo l'industriale Konosuke Matsushita (20 mila miliardi di fatturato) ha fondato e finanzia l'alta scuola per i leaders di domani, vagliando personalmente gli aspiranti - «L'educazione di Stato non dà cervelli, ma automi» - Qui invece, in un rigore conventuale, si formano ì vescovi del sacro impero nipponico - «Renderemo il potere assolutamente morale e altruista» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE . TOKYO — II futuro del potere odora vagamente di muffa, come una vecchia sagrestia o un convento di collina. E di un convento questo edificio lw. anclve il campanile, un'incongrua citazione cistercense nel messo degli ultimi sobborghi di Tokyo, piatti al punto che neppure il cono imperioso del man te Fugi riesce a riscattarli. «Giuro — grida colui die entra sotto questi archi e capitelli e campanili che trasudano umidità e voglia di Europa, di "Trinity College" e dell'antica Heidelberg — giuro di seguire sempre il "Sunao", e dedicare tutto me slesso alla ricerca della sapienza, alla scoperta della realtà, intrinseca della natura attraverso lo studio indipendente e autonomo. Giuro di rinnovare ogni giorno la ricerca del sentiero che conduce alla crescita e alla prosperità del Giappone e del mondo... Scusate se è poco. Ma chi sono gli uomini e le donne che varcano questa soglia? Sacerdoti o guerrieri? Visionari o cospiratori? E perclié mai un viaggio nel futuro deve condurre a un luo go che odora, nelle formule e nei muri, tanto di antico? «Glielo spiego con le parole del fondatore — risponde l"'ubaie"in gessato blu scuro e si capisce benissimo che pronuncia "Fondatore" con una "effe maiuscola"— la nostra scuola deve formare i leaders, in campo economico, sociale e politico, capaci di guidare il paese oltre il Duemila, nel XXI secolo^. Questo, se mi è concessa l'impudenza di parafrasare il «Fondatore», è insomma il luogo dove si cerca di coltivare la nuova «élite» giapponese. La fabbrica del potere, dove il futuro perde ogni luminescenza da Star Wars e acquista tonalità, grigie e orwelliane. Gabinetti ministeriali e consigli d'amministrazione, non più robot ammiccanti e video-terminale. Uomini (e qualclic donna, forse) non inocchine. E il tutto-garantito dal «Fondatore» die coi suoi soldi, il suo prestigio e il suo sorriso domina ogni istante della vita in -convento Noi lo chiamiamo "KM"-.,, dicono i direttori c gli studenti, ma non è un «kilomctro», in realtà e molto più corto. pisce che quando, alla fine degli Anni 70 decise di creare questa «scuola dei futuri leaders» non soltanto in Giappone, ma nelle università americane, e persino alla Casa Bianca, in molli drìzzarono le orecchie. Si dice die persino Henry Kissinger, e poi Zbigniew llrsesinski, abbiamo chiesto rapporti riservati» sull'inedita fabbrica del potere progettata da Matsushita. «Se Rli riesce come gli è riuscita l'industria — ha commentato . Kenneth Galbraith, die i>icnc qui spesso a tenere lezioni — fra venti o trent'anni il Giappone sarà diretto da tanti piccoli Matsushita». Ma no, ma no — sorride il direttore-abate, il dottor Yutaka Hlsakado — qui non c'è niente di sinistro, di misterioso. Tutto è ben chiaro, visibile: i bilanci, i programmi, le intenzioni. Visitatori, giornalisti sono i benvenuti... £ allora — mentre dal muro KM» ci guarda a colori e mi sembra un Ho Chi Minh che sorride, dopo essere andato da un sarto della Quinta Strada — 7/a spieghi, per cortesia, chi paga e come funziona la fabbrica del potere futuro. «Il fondatore paga e tutto di lasca sua. Ha messo a disposizione della scuola, prima 7 e poi 8 miliardi di yen (fanno insieme quasi 100 miliardi di lire) per provvedere al terreno, alla costruzione e alle spese correnti. Ripeto, sono soldi suoi privati («Pocket money», dice in inglese, spiccioli) non della Corporation... Quindi detraibili dalle lasse? .81». Anche la munificenza ha le sue ricompense. Si chiama, ufficialmente «Scuola Matsushita di governo e amministrazione». Non scherza, nel dichiarare le in tensioni. Ha aperto i corsi nel 1980 e dunque nonostante gli antichi odori ed echi è nuovissima. Accoglie laureati, dai 21 ai 28 anni, uomini e donne. Ce ne sono adesso 150. Li alloggia, li nutre, li fa viaggiare nel mondo, e paga loro mio stipendio niente affatto spregevole: quasi un milione di lire al mese. In cambio non domanda che questo: essere i migliori e prepararsi per conquistare, dopo quattr'anni di corso, il regno della Terra: Avrete un'enormità di richieste d'ammissione? ..No, non tantissime. Dopo le 400 del primo anno siamo scesi adesso a 150-200. La nostra non è una proposta facile, nè dal punto di vista pratico, nè da quello psicologico. I giovani che escono dalle Università migliori, in Giappone, hanno un posto e una carriera assicurata a vita nelle grandi società ma se vengono da noi perdono il "turno" e rischiano. E poi devono buttare alle ortiche tutto quello che la scuola tradizionale gli ha insegnato, perché noi gli chiediamo di svilupparsi e emergere come individui, non come ingranaggi... Paradossi del successo: proprio il fondatore e padrone di una delle più gigantesche «corporation- giapponesi vuole, da vecchio, insegnare a sfuggire alla logica tradizionale che ha fatto lui, e la sua società, grandissimi. Che sia la nota sindrome dell'anziano libertino ette arrivato negli anni del crepuscolo lascia in eredità la sua fortuna alle orfancllc? O una fiaba per figlio di rivoluzionari, centrata sul grande capitalista «pentito»? Niente di tutto questo, mi rassicura Ilobate». Il proposito non è né caritatevole né espiatorio. Ma muove da un'analisi feroce di come la società post-bellica giapponese è evoluta e. soprattutto, dì come dovrebbe ora evolversi. Scuole di pecore, e non di pastori. Ma fermiamoci un momento: anche quell'imbianchino austriaco, tale Adolf Hitler, era un «creativo», un leader nato. Anche il figlio del calzolaio georgiano, Josìp Bessarionovic Djugashvili, in arte Stalin, era un bel capopopolo, come lo era quel primo ministro Tojo, impiccato dagli americani per crimini dì guerra nel '48 «Leadership» non è necessariamente una qualità positiva: die ne pensa il Fondatore? «La pensa come lei. tant'è vero che personalmente dirige tutti gli esami di ammissione». Intervista i candidati, corregge gli scritti, li discute con loro. Cerca di separare la gramigna dal grano e non sempre ci riesce. E' davvero possibile produrre capitani di industria, primi 7iilnistri, «maitres-à-penser, coinè si fabbricano lavatrici? «Certo che no» ridono lutti insieme gli abati ed i novizi, tre giovani die partecipano all'incontro, con l'occhio vivo e la cravatta dritta dei primi della classe, e una ragazza. «La scuola Matsushita non vuol produrre, ma mettere in grado di essere, capisce?.., illustra un giovanotto che è stato due anni a Oxford e parla l'inglese così bene da essere un poco macchietta. Non potrebbe essere un po' più concreto? «Certo — ribalte pronto (imparano anclie a ribattere, i novizi) — pensi ai limiti inevitabili della crescita industriale, nei prossimi decenni: chi, fra i politici, soprattutto fra gli uomini di governo, cerca di preparare moralmente il pubblico al fatto che il boom sta finendo, e la stagnazione è il dato permanente del fu¬ turo? Nessuno: Tutti cavalcano le promesse, le illusioni». Anche perché se ci provano, a predicare il rigore vengono trombati, mio caro amico. Lei Ita mai sentito nominare un certo De Mita? «No, non mi pare». Insomma, che senso ha essere leaders e perdere le elezioni: o voi, magari sotto sotto, vorreste un futuro senza elezioni? Si scandalizzano: «Al contrario: noi, come leaders del futuro (parlano proprio cosi, di se stessi, «leaders del futuro») vogliamo attraversare tutto il percorso delle istituzioni democratiche e affermare, attraverso il processo elettorale, verità nuove e difficili per il Giappone». Come ad esemplo? «Come le nostre responsabilità politiche ed economiche nel mondo. Rispetto a tutti i paesi, quelli più poveri e quelli più potenti. Come la necessita di sfruttare al massimo le risorse esistenti, senza correre dietro alle cifre, senza gonfiare percentuali che non servono più ad arricchire davvero, cioè dentro, la gente... Vogliono (a proposito di visioni messianiche) letteralmente spostare le montagne e usare terra e roccia per accrescere, colmando il mare, le inagre pianure giapponesi. Vogliono (ci ha provato andie Poi Pot, mi pare) sfoltire le città, ripopolare le campagne, decentrare. Vogliono (questo mi pare il progetto più bissarro) rendere «assolutamente morale e altruistico» il potere. E sono tutte idee care a «KM», pertanto è meglio non sorriderne. Hanno l'aria un po' tenera e un po' arrogante, sorridono di leninismo e fascismo, fanno paura, questi leaders del futuro, e per ora non fanno niente di peggio die studiare. Ma per chi suona quella campana messa in cima alla torre? Forse, come insinuano gli avversari, questa «fabbrica dei leaders del 2000» è solo la fantasia senile di un uomo troppo ricco, troppo potente e senza più ambizioni terrene., O forse — coi giapponesi è sempre bene andar cauti — questi novizi un po'petulanti diverranno sul serio i vescovi-conti del sacro impero nipponico del duemila. Ma dietro l'assurdo architettonico del «convento», dietro lo scetticismo e la diffidenza istintivi che un «allevamento» di leaders suscita, nella creatura del Fondatore c'è un'intuizione seria: non solo in Giappone, ma in molte grandi nazioni democratiche, il processo di «evoluzione naturale» della iHta politica sembra produrre gente mediocre in temili che mediocri non sono e questo può generare spazi per nuovi, tremendi, «uomini del destino». Vittorio Zucconi (Fine. I precedenti articoli sono stati pubblicati il 27 e 29 luglio e il 2 e 7 agosto).

Persone citate: Adolf Hitler, De Mita, Djugashvili, Fine, Heidelberg, Henry Kissinger, Kenneth Galbraith, Stalin, Tojo, Yutaka Hlsakado