Parigini i «chierici» disertano di Max Gallo

Parigini «chierici» disertano IN FRANCIA LA CULTURA DI SINISTRA VOLTA LE SPALLE A MITTERRAND Parigini «chierici» disertano Appello del sottosegretario Max Gallo: «Perché gli intellettuali tacciono mentre infuria il vento di destra?» - E' un mutismo che offende l'Eliseo - Jean Daniel del «Nouvel Observateur»: «Stavamo meglio all'opposizione, il contropotere gratifica più del potere» - Ora rimproverano a Mitterrand tatticismi, arcaismi ideologici e soprattutto l'alleanza con 1 comunisti DAL NOSTRO INVIATO PARIGI — Si è parlato molto degli intellettuali in questa incompiuta estate parigina. O perlomeno si è scritto tanto sul loro silenzio che offende i socialisti al potere più di una protesta chiassosa. Ha cominciato il romanziere Max Gallo sulle pagine di Le Monde. Callo è il portavoce del governo, designato a questo incarico per evitare che i ministri parlino troppo, si contraddicano, insomma confondano le idee ai cittadini della Quinta Repubblica. Gallo è il sottosegretario di Stato incaricato di illustrare e semplificare i problemi. In luglio ha impugnato la penna e ha esortato gli intellettuali di sinistra ad uscire dal loro mutismo c a reagire al vento conservatore, di destra, che soffierebbe sulla Francia governata dai socialisti e dal comunisti. Ha vibrato pennellate fo sclic: si strappano le targhe dalle strade dedicate a Salvador Allende; nelle citta amministrate dall'opposizio ne si sostituisce il nome di Jules Vallès, scrittore della Comune, con quello di Pierre Tliiers, repressore della Co mune; si rispolverano le tesi di Maurras sulla rivoluzione dell'89 («Delitto fondatore della nazione francese») un'apologia di Lavai, presi¬ dente del Consiglio durante l'occupazione tedesca fucilato alla liberazione, viene incensata dal critici; i sindaci di destra licenziano o condannano i responsabili dei centri culturali clic si dichiarano o sono socialisti e comunisti. Sarebbe accaduto a Nantes, a Brest, a SaintEtienne. Dopo questo grido d'allarme. Gallo è venuto al dunque, al nocciolo della questione: si è interrogato sul silenzio offensivo degli intellettuali di sinistra. Perché non reagiscono? Dove sono i Gidc, i Malraux, gli Alain clic nel '36 appoggiavano il fronte popolare di Leon Blum? Perché non analizzano, nel 1983, i loro rapporti con la politica? Insomma, perché non escono dal mutismo in cui si sono rinchiusi da due anni? Elemosina Si dice che Mitterrand, presidente Intellettuale, non abbia apprezzato la sortita di Max Gallo. Forse perché ha fatto troppo rumore su un silenzio imbarazzante che era sfuggito al grande pubblico e che era già noto agli addetti ai lavori. O forse, mi spiegano, più semplicemente perché Mitterrand non ama chiedere. E' di cattivo gusto. Il portavoce del governo, in fondo, ha chiesto l'elemosina ad un'etite che non ama questo tipo di appelli vecchio stile, troppo sentimentali. Si è comunque acceso un dibattito, che dura ancora, ma al quale si sono sottratti proprio 1 grandi nomi dell'intelliglienzia francese. Il filosofo Michel Foucault, Simone de Beauvoir, gii storici e i sociologi che contano non sono usciti dal loro silenzio. Designati come intellettuali di sinistra continuano a snobbare la sinistra al potere. Molti frequentano il palazzo dell'Eliseo per partecipare ai pranzi del presidente, il quale ama circondarsi di scrittori e di artisti. Ma appena usciti da quel tempio del potere si dileguano, non offrono l'invocato contributo al governo di sinistra, che per tradizione dovrebbe avere il «monopolio delle idee», come quello di destra, sempre secondo la tradizione, dovrebbe avere il «monopolio dell'economia». I grandi intellettuali non si mobilitano. Non s'impegnano. Il loro distacco ferisce. Nella Francia che due anni fa ha votato a sinistra e che ora svolta a destra, secondo i sondaggi, o che perlomeno brontola e che negli ultimi mesi ha espresso la sua collera contro il regime scendendo in piazza, corporazione per corporazione, i socialisti si sentono abbandonati proprio da quelli su cui pensavano di poter contare. Dice Jean Daniel: "La sorpresa non è efie gli intellettuali di sinistra tacciano, ma die il governo sia infelice a causa del loro silenzio,. Daniel dirige Le Nouvel Observateur, settimanale che conta tra i collaboratori molti scrittori che fanno il broncio. Lui, però, Daniel, non nega l'appoggio al presidente socialista, sia pur un appoggio critico. Gli chiedo: perché gli intellettuali di sinistra incrociano le braccia davanti alla sinistra al potere? «Quando in Francia si parla di ìntellettuli, sul piano politico, si pensa a due tipi di personaggi. Anzitutto a colo, ro che lianno preparalo grandi movimenti popolari. Ad esempio gli enciclopedisti, nel 700, o gli antifascisti, negli Anni Trenta. E poi a coloro che si servono della loro autorità, in campo scientifico, letterario e artistico, per intervenire in un dibattito. Voltaire nell'affare Calas, Zola nell'affare Dreyfus, Anatole France quando Zola era attaccato, Sartre quando si esprimeva puntualmente, Foucault quando si è occupato delle prigioni. I primi hanno preparato i grandi mutamenti della storia, rivoluzioni o cambi di regime, i secon di sono intervenuti nelle questioni morali». Nella Francia dell'8l gli intellettuali di sinistra non hanno preparato la vittoria della sinistra. Non solo non vi hanno contribuito, ma molti di loro l'hanno accolta con diffidenza. Come mai? «Il fatto è clic con De Gallile, con Pompidou, con Giscard, gli intellettuali erano felici. Perché la loro autorità veniva riconosciuta e perclié avevano perduto ogni orientamento politico. Sono tuttavia in pochi a riconoscerlo. Quando Sartre protestava in piazza e qualcuno al governo suggeriva di arrestarlo, durante la guerra d'Algeria, De Gaulle diceva: "Non si mette in prigione Voltaire". Ed andie Giscard era rispettoso. Sul terreno delle libertà, gli intellettuali di sinistra erano soddisfatti, felici, e come oppositori erano ascoltati e riveriti». Vuol dire che c'era una specie di complicità? «Ai tempi di Giscard c'era un equilibrio che si basava su due complicità obbiettive. A basso livello tra la destra e il partito comunista, e ad alto livello tra la destra e gli intellettuali di sinistrai: Spiegati. «Il partilo comunista perette l'Urss era d'accordo. Mosca preferiva Giscard a Mitterrand e non l'ha mai nascosto. E inoltre perché un successo del partito socialista avrebbe segnato il declino dei comunisti francesi. Gli intellettuali perché la loro riflessione li portava a non dare troppa importanza al potere nell'ambito dello Stato. Loro gestivano il contropotere. E il loro ruolo era riconosciuto. In una società diciamo neogramsciana, come sosteneva il sindacalista Edmond Maire, il contropotere è più importante del potere, del quale non si sa che cosa fare». Cosi gli intellettuali di sinistra non hanno sentito arrivare la vittoria di Mitterrand? • Se la maggioranza degli elettori ne aveva piene le scatole della destra, che governava da più di ventanni, la società intellettuale viveva in una situazione schizofrenica: aveva un atteggiamento formalmente ostile verso il regime ma al tempo stesso, essendo felice, come ti ho già detto, non faceva nulla per rimuoverlo». Insomma, quando la sinistra politica ha vinto gli intellettuali di sinistra hanno perduto? Tramortiti «Hanno perduto perché non c'era più una situazione che giustificava il loro contropotere. Il 10 maggio dell'81, giorno della vittoria di Mitterrand, gli intellettuali si sono sentiti colpevoli di due cose. Prima, di non aver previsto il successo della sinistra. Seconda di essere ai margini delle masse che avevano votato per Mitterrand. Si sono sentiti tramortiti, come anestetizzati. All'inizio il loro silenzio non è stato pudore. E' stato un sintomo del loro abbattimento. Non parlo dei professori, dei ricercatori, insomma dell'intellettuale di base. Ma dei grandi nomi. Alcune decine di persone. Quelli che contano e il cui mutismo stupisce o irrita il governo-. All'origine di tutto questo c'era e c'è però uno smarrimento ideologico, una revisione iniziata molto prima dell'avvento della sinistra. «C'è stata la fase marxista, e la conosci, poi una fase che io chiamo dei marxisti vergognosi, dei grandi intellettuali che non potendo più fare l'elogio del socialismo hanno scritto opere anticapitalistiche...-. Ad esempio Foucault che descriveva la vita carceraria nell'Europa Occidentale, nel momento in cui si denunciavano i campi e gli ospedali psichiatrici sovietici. Il gulag •Dopo la denuncia dei vizi del capitalismo, c'è stata la scoperta del totalitarismo. Ti ricordi: il Portogallo appena liberato è già minacciato da Cunhal e dai militari, Solzentcyn, il gulag, i nuovi filosofi. Jean-Frahgois Revel sull'Express e noi al Nouvel Observateur abbiamo radicaliezato la nostra critica al totalitarismo: Ed è allora che gli intellettuali di sinistra hanno deciso che Invece di partire dall'anticapitalismo bisognava partire dall'antitotalitarismo, Ed è sempre allora che è scattato o si è accentuato l'anticomunismo. Nel silenzio di oggi non c'è 11 vecchio rimprovero a Mitterrand di essersi alleato con il pel? «Il pcf era il rappresentante di quel mondo laggiù, totalitario. Dunque niente alleanze. Niente union de la gauche, e un certa diffidenza nei confronti di Mitterrand, lo stratega-,. Nessuno credeva alla tattiea di Mitterrand, che interi- I deva ridimensionare il pcf? «/I suo tatticismo non è ; piaciuto agli intellettuali, non piace. Ma secondo me ■ Mitterrand ha conseguito la vittoria alla quale gli intellettuali non credevano. Ha indebolito i comunisti e ha creato le condizioni perché gli intellettuali possano intervenire, impegnarsi. Ma questi ultimi dicono, e io sono in parte d'accordo, che Mitterrand Ita provocato un regresso. Non solo perché tiene i comunisti al governo. Ma soprattutto nel senso che dal disorientamento ideologico poteva nascere qualcosa di nuovo. C'era la volontà di superare l'antitotalitarismo e lo stesso concetto di destra e sinistra, di superare tanti arcaismi ideologici. Con la vittoria della sinistra si è ritornati invece ai vecchi temi, al fronte comune, al mito delle nazionalizzazioni, al dibattito sul Congresso di Tours, quando i comunisti divorziarono dai socialisti, nel 1920». Nel corso del dibattito provocato da Max Gallo su «Le Monde», un intellettuale ha scritto che travolto da un entusiasmo irrazionale, la sera della vittoria di Mitterrand ha cantato Y Internazionale sulla piazza della Bastiglia. E che poi s'è vergognato. E s'è vergognato ancor più nei primi diciotto mesi di governo della sinistra. Cosa poteva attirare quegli intellettuali durante il primo anno: le nazionalizzazioni? Il rilancio isolato e avventato dell'economia, in un Occidente che combatteva l'inflazione...? «Esageri. Nelle prime settimane c'è stata l'abolizione della pena di morte, ci sono state iniziative culturali... Certo, nulla di esaltante. Ma non è quel che tu dici che ha spinto al mutismo. Il fatto è che in quei giorni l'intellettuale, dall'alto del suo contropotere, ha sentito il ministro Lana esclamare: "Prima di noi c'era l'infelicità, il deserto culturale". Si è parlato perfino con enfasi di fine dell'ancien regime. E allora l'intellettuale, che era stato turbato nella sua felicità, si è chiesto: "Sono matti o ce l'hanno con me?"». Non ti sembra che l'intellettuale, cosi come se ne sta parlando in questi giorni, sia un personaggio superato? Non ti pare, inoltre, che la ribalta parigina sia un po' vuota? «Penso tu abbia ragione. L'idea dell'intellettuale universale, che si occupa di tutto, è in effetti vecchia e inadeguata. In quanto alla scena vuota, questo dipende anche dal fatto che gli intellettuali si sono sbagliati spesso negli ultimi anni. Ma, ricordati die in Francia sono state le occasioni, le cause a mettere in valore gli uomini. E le occasioni e le cause si presentano difficilmente in un mondo tanto condizionato». Bernardo Valli Simone De Beauvoir in una caricatura di lavine (Copyright N.V. Revlew oi Books. Opera Mundi e per l'Italia .La Stampa.)