Appuntì critici, non un «j'accuse» nelle carte del giudice assassinato di Guido Rampoldi

Appuntì crìtici, non un «i'accuse» nelle carte del giudice assassinato Palermo, si attende la trascrizione per interpretare i documenti di Chinnici Appuntì crìtici, non un «i'accuse» nelle carte del giudice assassinato Molte parti sono incomprensibili per la scrittura illeggibile - Conterrebbero «giudizi personali e riferimenti a fatti precisi» - Le reazioni dei colleghi - A Palazzo di giustizia si minimizza, ma resta Fondata di sospetti DAL NOSTRO INVIATO PALERMO — Chi li ha scorsi 11 definisce 'appunti critici dove accanto ai nomi di moltissimi magistrati e avvocati, assai più di quelli estrapolati da un settimanale, appaiono giudizi personali e riferimenti a fatti precisi». Ma per capire se le carte trovate in casa del giudice Chinnici, dopo la sua morte, contengano accuse e sospetti specifici, o piuttosto valutazioni per nulla sconcertanti, bisognerà attendere che siano trascritte a macchina, come ha disposto 11 procuratore Patanè. La grafia di Chinnici appare infatti quasi inintelligibile. Da quel poco che s'è riusciti ad Interpretare, 1 magistrati hanno ricavato l'Impressione che non si tratti di un «j'accuse» lasciato volutamente In previsione della morte. Il tenore del testo lo escludereb be: non mancherebbero infatti «considerazioni banali» ancorate alla quotidianità. Tra i giudizi scritti da Chinnici alcuni sarebbero molto critici, come lascia pensare un'astiosa dichiarazione del procuratore generale Ugo Viola. Premesso di Ignorare 11 contenuto degli appunti, Vio la afferma che se vi fossero considerazioni per lui negative 'Si tratterebbe di inesatte e malevole interpretazioni da parte del dottor Chinnici, interpretazioni dettate con tutta probabilità dal convincimento del dottor Chinnici, oltremodo infondato, di essere stato contrastato nel concorso al posto di consigliere istruttore». Antipatie e vecchi rancori normali nell'esistenza di ognuno, oppure certi contra stl non avevano nulla di per sonale, e nascevano piuttosto da intralci di origine sospetta? 'Chinnici non mi parlò mal di particolari contrasti con altri colleghU, afferma Aldo Rizzo, deputato della sinistra indipendente, amico fraterno del giudice ucciso. Altri magistrati della procura e dell'ufficio istruzione di Palermo assicurano che divergenze ce ne sono state, come In tutte le sedi, ma sempre all'interno della normale dialettica giudiziaria. Eppure in Sicilia tutto assume connotazioni atipiche: per esempio si possono definire «normali» gli screzi insorti di recente tra. Chinnici e suoi colleghi più prudenti a proposito dei provvedimenti da adottare per 1 cugini Salvo, potentissimi ex gestori? •Si sta facendo un gran polverone, a vantaggio della mafia», sbotta 11 procuratore Vincenzo Paino, uno dei nomi che secondo VEspresso compaiono in quegli appunti. E promette: 'Chiederò l'intervento del Consiglio superiore della magistratura perché sia fatta chiarezza». Ma è reale questo quadro Idilliaco che la magistratura di Palermo oppone compatta all'onda nera del sospetto? Davvero sono tutti in trincea, e nessuno si tira Indietro, o peggio? Nel giugno 11 presidente della Commissione Antimafia, on. Lapenta, divise i magistrati siciliani in tre categorie: quel pochissimi che s'impegnano contro la mafia, gli altri che fanno il loro dovere e nulla di più, e alcuni «pusillanimi». A parlare con i diretti interessati, nel Palazzo di Giustizia di Palermo, emerge una realtà molto più complessa. Non ci sono buoni o cattivi, sporchi e onesti. Le distinzioni passano attraverso un altro confine. C'è un gruppo di magistrati, in genere 1 più anziani, che tende ad applicare la legge al la lettera, nella forma più strettamente tecnica. Può essere una scelta dettata dalla venerazione per 11 diritto, oppure da pavidità, o, chissà?, da pressioni. VI è poi un secondo gruppo, assai più numeroso di quanto non sembri all'esterno, di cui Chinnici forse era 11 personaggio più rappresentativo. Comprende quei magistrati convinti che combattere la mafia rispettando alla virgola il diritto sia completamente vano. Per questo, usano tutti gli strumenti, anche nel consapevole rischio di forzare la legge. Un esemplo. Oerlando Alberti, boss mafioso, viene catturato In una raffineria grazie alla collaborazione del gestore di un hotel. Poco dopo l'albergatore viene ucciso. E' chiarissimo che a decidere il delitto è stato Alberti. Ma prove, neanche una. Cosi il p.m. Sclacchitano chiede che 11 mafioso sia assolto per Insufficienza di prove, il giudice Istruttore Barrile Invece lo rinvia a giudizio per omicidio. La corte d'assise condanna Alberti a 24 anni «7n nessun'altra corte d'assise d'Italia — afferma un giudice — si sarebbe arrivati a una sentenza del genere». Se a giudicare fosse stato Luigi Urso, magistrato di Palermo radiato dal Csm, Alberti forse se la sarebbe cavata. •Il problema—dice—è trovare le prove per tranquillizzare, la propria coscienza». La sua, giura, è a posto. «Fui radiato solo perché avevo segnalato il caso umano di un povero morto di fame, cui però trovarono in tasca uno degli innumerevoli assegni emessi da un uomo in odore di mafia». Guido Rampoldi

Luoghi citati: Italia, Palermo, Sicilia