Reagan: Cuba vende i suoi giovani all'Urss come «carne da cannone» di Ennio Caretto

Reagan: Cuba vende i suoi giovani airUrss come «carne da cannone» Improvviso attacco, a una settimana dagli accenni distensivi Reagan: Cuba vende i suoi giovani airUrss come «carne da cannone» Il presidente americano ha parlato a Tampa, in Florida - A Washington si spera che l'asprezza del discorso non pregiudichi le tenui aperture diplomatiche per il Centro America - Un'ipotesi: tra Fidel Castro e gli Stati Uniti sondaggi bruscamente faiiiti DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — A una settimana dall'apertura di Castro sul Centro America, il presidente Reagan ha sferrato uno dei suoi più violenti attacchi contro Cuba. In un discorso a Tampa, in Florida, alla Camera di Commercio ispano-americana, ha sostenuto che il governo cubano «vende i suoi giovani come carne da cannone ai sovietici in cambio dei massicci finanziamenti senza cui non riuscirebbe a sopravvivere*. La veemenza di Reagan ha fatto pensare che vi siano stati tra Washington e L'Avana sondaggi bruscamente falliti: o che il ministro degli Esteri francese Cheysson sia tornato dalla sua visita a Castro con un messaggio negativo per il presidente. In ogni caso, il discorso getta di nuovo un'ombra sulla crisi centroamericana nel momento in cui si incominciava a prospettarne una soluzione negoziale. Reagan ha anche denunciato con asprezza l'Urss, ammonendo che «una potenza lontana, totalitaria, ha messo gli occhi sui nostri amici e vicini in Centro America e nei Caraibi*. e che gli Stati Uniti devono rispondere alla sua sfida. «Se non assolveremo alle nostre responsabilità — ha proclamato — pagheremo un prezzo molto caro*. Il presidente ha lamentato che i democratici prendano le distanze dal suo governo nella crisi: «Quando è in gioco la nostra sicurezza — ha detto — non dovrebbero contare le differenze tra i partiti*. Con uno scatto insolito ha accusato il suo predecessore, Carter, di aver praticato «la politica della resa* nei confronti della sovversione centroamericana. A cosi breve distanza dal suo incontro dell'altro ieri con la Commissione Kissinger, incaricata di elaborare un piano per la stabilizzazione e il progresso dell'America Latina, il discorso del capo di Stato Usa a Tampa ha colto tutti di sorpresa. Molti si sono chiesti se egli non volesse mettere sull'avviso il presidente messicano De la Madrid, che lo riceverà domani a La Pax, di non tentare d'indurlo a un compromesso con Cuba. Altri vi hanno visto una conferma che la superpotenza, nonostante le critiche ricevute, continuerà le sue manovre militari nel Golfo del Messico, e non abbandonerà la strategia del confronto col Nicaragua finché esso non cambierà strada. Comunque sia, il presidente non ha usato mezzi termini nei riguardi di Castro. Sotto di lui, ha detto, Cuba è diventata un «manicomio economico Il popolo cubano è stato tradito», ha affermato. «Non ha né libertà né benessere. Le sole cose di cui abbonda sono gli slogans, le armi e la repressione. Il cibo e gli altri prodotti primari scarseggiano*. «La repressione e il fallimento economico — ha continuato sono caratteristiche di tutti i Paesi comunisti... L'esempio da seguire non è quello di Cuba, ma quello della Giamaica, che dopo il suo flirt coi comunismo, che l'ha impoverita e divisa, è tornata a essere un Paese di pace, con un grande potenziale economico*. Il discorso di Tampa ha segnato un contrasto stridente con le dichiarazioni concilianti di Reagan alla conferenza stampa di giovedì alla Casa Bianca. In quella circostanza egli era stato molto moderato, evitando polemiche con Cuba e con il Nicaragua. Discutendo della Commissione Kissinger, aveva ammesso che gli Stati Uniti «hanno compiuto in passato gravi errori verso i loro vicini*. Il compito della Commissione, aveva aggiunto, sarà di trovare il modo di unificare le Americhe «in una società di partners eguali*. Le frontiere del continente americano, aveva sostenuto Reagan. dovranno essere non motivo di divisione, ma punti d'incontro. Washington si augura che il discorso di Tampa non preluda perciò a una brusca frenata della macchina negoziale sul Centro America, messa in moto il mese scorso, ma sia solo uno dei consueti sfoghi di Reagan. Ennio Caretto