Sommossa fallita alle Nuove

Sommossa fallita alle Nuove Un'ora di tensione, tra le 11,30 e le 12,30, nel vecchio carcere di corso Vittorio Sommossa fallita alle Nuove Un detenuto del braccio di massima sicurezza minaccia una guardia e si fa consegnare le chiavi delle celle Mentre spalanca le pòrte e fa uscire i reclusi, gli agenti riescono a bloccare il cancello - Concitate trattative, poi tutti rientrano -1 «rivoltosi»: «Era solo un'azione dimostrativa per far sapere alla gente come si vive qui» Un'ora di tensione alle' Nuove ieri tra le 11,30 e mezzogiorno e mezzo: un detenuto del braccio di massima sicurezza ha portato via le chiavi a una guardia, ha aperto le celle di altri compagni, voleva, dice, richiamare l'attenzione «esterna» sulle condizioni di chi deve scontare una lunga pena nelle celle di isolamento. Non c'è stato panico, ma un'imponente mobilitazione di polizia e carabinieri davanti al vecchio, superato carcere di corso Vittorio: pattuglie all'ingresso, auto con agenti, mitra in pugno, agli angoli delle strade che attorniano l'edificio. All'interno la violenza è esplosa improvvisa quando un brigadiere e due egenti stavano portando nel cortile per l'ora d'aria il detenuto Antonino Faro, uno dei dodici reclusi del braccio «caldo». Faro pare sia un uomo della camorra, è accusato di essere uno dei sicari che ha fatto fuori a coltellate Francis Tu rateilo, ex braccio destro di Renato Vallanzasca, nell'agosto di due anni fa. Faro, appena uscito di cella, brandisce un coltello e intima alle guardie di consegnargli le chiavi. Cosa succede in quegli istanti è diffìcile saperlo perché dalla direzione delle «Nuove» filtrano scarsi particolari («Il direttore è in ferie»). Reagiscono le guardie e Faro non se l'aspetta: il sottufficiale (disarmato come vuole il regolamento) afferra una scopa e tiene a bada il detenuto. Dall'altra parte del cancello i colleghi intuiscono che la situazione può precipitare e aprono il chiavistello: le guardie che rischiano di diventare ostaggi s'infilano nel varco mettendosi in salvo. Faro intanto spalanca altre celle: esce Emanuele Attimonelli, 28 anni, ex nappista condannato per avere ucciso Ugo Benazzi nel supercarcere di Cuneo, tre anni fa, in luglio, e protagonista di alcune sommosse; lo segue Raffaele CnsccvpnaFrana Capatane uomo di Cutolo, noto come il «boia» con alle spalle quattro esecuzioni; nel corridoio c'è Santo Tucci, già compagno di Faro in una rN volta al carcere di Messina, e poi Egidio Giuliani, incerto neofascista accusato di avere accoltellato, un anno fa, Franco Freda nel supercarcere di Novara. I «rivoltosi» sono alle corde anche se uno di loro estrae da non si sa dove qualcosa che assomiglia a un candelotto di dinamote (si saprà dopo che è un astuccio con appena una cordicella). Dall'una e dall'altra parte dell'inferriata comincia un dialogo concitato mentre nel carcere giungono il questore Fariello e ufficiali dei carabinieri. Cosa vogliono Faro e i suoi compagni? «Migliori condizioni di vita», dicono. E aggiungono: «Questa è una dimostrazione per fare sapere all'esterno cosa succede qui. Non ce l'abbiamo con le guardie». essere di totale isolamento. Addirittura, fino a non poco tempo fa, non era permesso ai detenuti alcun contatto con il mondo esterno e con I compagni di prigione: vietati la radio, I giornali, scrivere, I colloqui con i parenti; solo quattro ore d'aria la settimana. Condizioni che hanno provocato dapprima le proteste dei familiari, quindi l'Interessamento dei magistrati. «Io e il mio predecessore, il dott. Franco — continua Pasi — abbiamo fatto presente al ministero che pur trattandosi di pericolosissimi delinquenti, il totale isolamento non favoriva certo la soluzione del problema. Anzi, forse, ne creava altri». Agli «ospiti» del repartino 6 allora stato concesso, in un primo momento, di tenere libri, carta e penna per scrivere. Recentemente, hanno ottenuto anche colloqui con i parenti in occasione di particolari circostanze. Che sia un modo per ammorbidire 1 contorni di una rivolta o di una evasione fallita? Vedrà il giudice che ha cominciatole indagini. Certo è che all'invito delle guardie e della direzione del carcere di tornare calmi in cella i detenuti chiedono la mediazione dell'avv. Perla: temono ritorsioni. Viene loro assicurato che non succederà nulla, Faro e gli altri allora consegnano chiavi e coltelli.

Luoghi citati: Cuneo, Messina, Novara