Paura a N'Djamena

Paura a N'Djamena Paura a N'Djamena NOSTRO SERVIZIO N'DJAMENA — Il quadro che qui nel Ciad si fa della situazione militare è molto più fosco di quello che viene ancora dipinto in Occidente. Secondo fonti diplomatiche siamo di fronte, almeno da mercoledì scorso, ad un massiccio intervento terrestre dell'esercito libico, mentre continuano le incursioni aeree, riprese lunedì con i bombardamenti su Faya Largeau dopo 48 ore di tregua. Vengono segnalate colonne pesantemente armate, con cannoni a lunga portata e mezzi blindati, calate dal Grande Nord, dalla fascia di Aouzou, e che ora convergono verso l'oasi situata 800 chilometri a Nord di N'Djamena. Dopo gli scontri di venerdì scorso intorno a quest'oasi, si può quindi configurare questo scenarlo: bombardamenti a tappeto su Faya Largeau come preludio a un attacco terrestre. E inevitabilmente ci si domanda se le forze governative, che pure hanno un notevole armamento, potranno resistere ad un slmile diluvio di fuoco. Non è una domanda accademica: la guarnigione di Faya Largeau, martellata dalle bombe a intervalli regolari, e sempre più pesantemente negli ultimi dieci giorni, è duramente provata, anche se i collegamenti terrestri e aerei con la capitale sinora non sono stati interrotti. Se dovesse subire l'attacco congiunto dei bombardieri, dell'artiglierìa pesante e delle unità di terra, la battaglia sarebbe certo impari. Stando alle fonti diplomatiche occidentali, lo sgombero dell'oasi sarebbe estremamente difficile per la mancanza di difese attorno a Faya Largeau, e la sconfitta priverebbe il presidente Hissène Habré del nerbo delle sue forze. Speculazioni gratuite, disinformazione, allarmismo? Non sembra il caso. Da maggio le forze governative subiscono una guerra d'usura voluta da un nemico la cui macchina bellica dalla settimana scorsa è diventata un rullo compressore. E comunque, è perfettamente comprensibile che N'Djamena sposi questa tesi. Malgrado gli aiuti franco-americani a Hissène Habré, e malgrado i moniti rivolti da Washington a Gheddafi, il leader libico non ha preso alcuna Iniziativa per frenare il suo impegno militare. Anzi, ha fatto esattamente il contrarlo, dal momento che ogni settimana che passa sembra confermare il rafforzamento dell'intervento libico accanto ai ribelli. Un quadro, insomma, quello che viene dipinto qui da fonti ufficiali e diplomatiche, che non lascia dubbi. Non si vede che cosa si potrebbe negoziare mentre i migliori elementi delle Fant, le Forze armate nazionali del Ciad, sono a Faya Largeau sotto la diretta minaccia dì nemici che difficilmente potrebbero essere solo ì ribelli locali, il cui scarso valore in battaglia è qui ben noto. I ciadiani, certi di essere vittime di un'aperta aggressione, sono particolarmente irritati sentendo parlare di •guerra civile con implicazioni straniere», come si dice ancora in Occidente. Siamo dunque forse alla vigilia di una battaglia per Faya Largeau, la cui posta sembra questa volta ben più importante di quella precedente. Comunque, lo sapremo presto. Intanto il mondo guarda verso l'oasi. E c'è sempre la possibilità che gli sforzi di Washington per intimidire Gheddafi e l'aiuto francese a N'Djamena spingano i dirigenti libici a fare, anche solo all'ultimo momento, retromarcia. Il governo del Ciad sembra però scettico su questo punto. A suo parere, i fatti concreti contano più delle speculazioni; e la cosa più urgente è tentare di difendere il difendibile s nel Nord e nell'Est del Paese, con un armamento limitato. Qui non si parla dì controffensiva: quello che ora conta è tentare di resistere, e non ci sì fanno troppe illusioni sulla possibilità di riuscirci senza quell'appoggio dell'aviazione che N'Djamena, contrariamente ai suoi nemici, non ha. Jean-Claude Pomonti Copyright e1 a- Monde» e per l'I i alia <il,a Stampa»

Persone citate: Fant, Faya, Faya Largeau, Gheddafi

Luoghi citati: Ciad, N'djamena, Washington