Porto di mare con approdo sicuro nella solitudine estiva della città

fin«lA *il ******** ****** **m*m%B***4** aMHM Porto di mare con approdo sicuro nella solitudine estiva della città fin«lA *il ******** ****** **m*m%B***4** aMHM Porto di mare con approdo sicuro nella solitudine estiva della città Nella sede del Gruppo Abele, in via Santa Teresa 23, un pronto intervento della disperazione: vi fanno appello tossicodipendenti, ex detenuti, sbandati senza soldi Ieri, ore 17,30, terzo piano di via S. Teresa 23. sede del Gruppo Abele. Siamo nel cuore della città, assolata e pigra. Gli zampilli e gli scrosci d'acqua della vicina fontana in piazza Solferino si percepiscono con nitidezza in mezzo al ridotto rombare del traffico automobilistico. E' riposante la visione dall'alto, che differenza rispetto al sabato di altri mesi. Poi, improvviso, il suono del campanello. Alla porta un giovane, 29 anni, gli occhi spenti. «Non so dove andare — sono le sue prime parole —. Fino a stamane ero in ospedale per disintossicarmi dalla droga. Mi hanno dimesso ma non ho casa, famiglia, un soldo. Potete aiutarmi?». Uno dei casi disperati di questa parentesi estiva. Se ne registrano una decina ogni giorno. «Sema contare — aggiungono Bruna e Sergio, i due volontari presenti in sede — le telefonate, l messaggi, gli Sos in arrivo». La sofferenza, l'emarginazione, come la solitudine, non vanno in ferie, e neppure il centro di via S. Teresa, che funge ora, come nel resto dell'anno, da termometro della febbre da eroina, da alcol, da disadattamento. La simbolica colonnina di mercurio registra, in questo inizio d'agosto, punte insospettabili. Approdano a questo porto di mare tossicodipendenti in crisi, ex detenuti in difficoltà, padri e madri in lacrime, poveri cristi senza meta né futuro. Considerano il Gruppo, per il tam tam diffuso da an- ni, una specie di pronto intervento della disperazione. Che cosa chiedono? 'Di tutto — spiega don Luigi Ciotti, fondatore e trascinatore del centro —: il posto in una comunità per uscire dal giro della droga, un letto per dormire, un lavoro, un medico, uno psicologo, soldi, aiuti d'ogni tipo. Per esaudire tutti dovremmo avere la bacchetta magica». Come vi comportate allora? «Si esamina caso per caso e dopo un colloquio ed eventua¬ li nostre informazioni, si stabiliscono delle priorità d'intervento, anche se è difficile. La sofferenza non si misura né si pesa». Per il giovane appena entrato che cosa avete deciso? «Sappiamo chi è. Gli abbiamo dato un po'di vestiario, un po' di soldi e l'abbiamo mandato in un campeggio per una quindicina di giorni. Là troverà degli amici in grado di aiutarlo». Quante persone lavorano a tempo pieno nel Gruppo Abe- le? «Una settantina. Prima di entrare ufficialmente devono accumulare un'esperienza di 3-4 anni. Poi il Gruppo gli assicura anche un contributo economico. Con noi lavorano inoltre decine di volontari, a tempo parziale, che mettono a disposizione la loro professionalità. Sono giudici, operatori sociali, giornalisti, medici, operai, artigiani, commercialisti. Siamo in costante contatto anche con operatori pubblici». Quali criteri adottate per accogliere nelle vostre comunità o nei nuclei di convivenza le persone che bussano alla vostra porta? «Per un tossicodipendente una prima condizione è che abbia la volontà di. smettere ma non sbattiamo la porta in faccia a nessuno. Fondamentale diventa il colloquio con i nostri operatori. Poi bisogna tener presente la disponibilità di posti. La domanda è sempre superiore all'offerta. I bisogni della gente sono complessi, non chiede soltanto risposte tecniche». Ma la vostra attività comporta anche dei costi. Qual è il vostro bilancio? «Ce n'è uno economico. Nel primo semestre '83 abbiamo registrato uscite per 437 milioni, entrate (contributi, proventi da lavori nei nostri laboratori, offerte ecc.) per 125. Complessivamente il passivo è di 312 milioni. L'altro bilancio, quello in termini sociali, non può essere misurato. Se tanta gente continua a bussare alla nostra porta significa che Qualcosa facciamo di utile colmando anche molte lacune dei pubblici servizi». Come decidete le vostre linee operative, 1 programmi? «Con formazione permanente e, una volta l'anno, con un campo scuola di una settimana. In quell'occasione mettiamo in discussione tutto, stabiliamo i campi e i tempi d'intervento. Per noi il confronto e il dubbio sono metodi di lavoro. Tra due settimane tutti gli amici del Gruppo Abele si ritroveranno a Gressoney per il campo scuola. Poi riprenderemo a lavorare con maggior impegno, pur coscienti dei nostri limiti». Guido J. Faglia

Persone citate: Bruna, Sema